Oltre la Croce… “Il battito negli occhi”

Nathan l’ho conosciuto, prima del suo dolore, nel dolore di mamma Noemi, di papà Didier e di nonna Pina… Noemi è stata schiacciata dal vortice dei gironi infernali a cui la vita l’ha costretta come figlia e alla fine come madre di un bambino che ha amato come solo una mamma sa amare: con tutta se stessa. Se l’amore è l’antidoto contro il disagio più estremo, nel caso di Noemi, l’amore è stato piegato sia dall’eredità di un padre assente (anche a se stesso) che dalle difficoltà di una madre (Pina) mai pronta a lasciare la parte figlia ed assumere quella di madre. Come dire: le condizioni non sono state favorevoli, nonostante in tanti ci siamo impegnati a cambiarne le sorti. Evidentemente lei ci ha provato, altroché se ci ha provato, ma l’amore ha bisogno di altro amore perché la vita dia vita a nuova vita. Didier, padre suo malgrado di Nathan, ha fatto difficoltà a riconoscere nel figlio quel ‘dono’ che cambia prospettive. È stato anche questo un motivo che l’ha visto arrendersi alla vita affidata al sollievo della morte già presente in vita. Pina è una donna caparbia che nel ruolo di figlia/madre/nonna ha sofferto, profondamente, ogni passaggio di figlia, di madre/padre confusi, di madre di una figlia che l’ha messa davanti ai suoi limiti a riconoscersi madre senza essersi mai vissuta sino in fondo l’essere stata figlia. È questa l’eredità in cui s’innesta la fragile esistenza di Nathan… È stato bello averlo potuto accompagnare in diversi ‘scorci’ di vita. Sono stati momenti indelebili che conservo quasi a voler trasferire ad ogni attimo dei nostri pochi incontri a Palermo a casa mia, ad Erice, quella spinta che porta a ripartire, a rinascere e nel suo caso a lasciare, seppur lentamente, quei gironi infernali che l’hanno ‘gettato nell’ esistenza’… Lentamente, ma con determinazione, oggi attorno a Nathan, si sta costruendo una ‘rrrete’ siciliana e troiana che vuole fare da utero devoto a cielo aperto nella convinzione di volere/potere risalire la china anche se con fatica, se controcorrente.
Vederlo e saperlo a Troia – in questi giorni – con i tanti che ‘ci stanno’ mi rincuora. L’amore, se si fa condivisione, si fa plurale, penso possa superare il ‘muro del suono’ (ereditato) ed avere un effetto risonanza pasquale nel bambino ed in chi gli sta vicino. La poesia nella sua veridicità arriva – a chi la legge – come un pugno allo stomaco per il tanto che gli adulti avrebbero potuto fare, per uscire dalla loro condizione, e non hanno saputo fare per motivi assolutamente plausibili, ma che di fatto hanno determinato le condizioni che sappiamo. Ma arriva anche, dalla poesia, una sveglia che ci scuote rispetto ad una società in balia di una sorta di regressione culturale prima che psichica. È nel battito degli occhi il battito della vita in Nathan che trattenendo a stento le lacrime si avvicina con fiducia alla ‘rrrete’ confidando che un’altra vita sia possibile dopo la crocifissione pasquale. Ognuno di noi faccia la propria parte perché la pietra tombale ereditata venga spostata per creare/costruire, anche attraverso la poiesis, un regno da abitare senza il peso delle catene che stridono con la vita dei tanti innocenti che abitano i nostri stessi spazi/luoghi di vita. Rendersi conto che il nostro modo di stare nell’esistenza ha conseguenze che vanno oltre il nostro sguardo, dovrebbe portarci a metterci in gioco per abbandonare l’idea che ci si salva da soli ed abbracciare quella più veritiera ed efficace che veda nella condivisione, nei gruppi e nella ‘communitas’ la strada per spezzare le catene dell’infantilismo – a volte sovrastante – ed assumere la relazione, lo scambio, il confronto-scontro, come criteri di crescita ed antidoti contro forme di disagio ereditate e/o vissute in prima persona.
Agrigento, 07/04/2023 Angelo Vita

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