E se il PIENO fosse “SVUOTATO di vuoto”?
L’osservazione della bellezza che ci sta attorno, per acquisire valore, necessita di affidarsi al ‘NIENTE’, di fare ‘VUOTO’. Il ‘tutto pieno’ non permette novità. È pieno e basta, non vi entra più niente. Nel ‘niente’ fatto di ‘vuoto’ vi entra ciò che in quel momento stava fuori che prima non entrava, perché sold-out, esaurito, completo, pieno, stipato…
È grazie al ‘vuoto’ che possiamo dare valore a questa pietra sanleonina da ‘spiaggia’. Se la guardi e passi oltre non puoi apprezzarne il senso, ed il senso – come ho sempre sostenuto – ha senso solo se gli diamo senso. Ed oggi dò senso a quest’incontro tra me e la pietra.
La sua forma informe m’interroga sul suo passaggio nel mondo, sul suo vissuto ‘caseiforme’, sulla materia che tradisce la solidità del tempo che l’ha modellata con lo scalpello dell’acqua, del vento, delle stagioni, e dei tanti esseri viventi che l’hanno adottata/adattata al bisogno.
La PIETRA – nostra antenata – testimonia che veniamo da lontano e che le nostre radici terrestri sono solide anche se non disdegnano di incontrare la fluidità della vita che abitiamo come umani, animali, vegetali e soprattutto come cellule (atomi direbbe Democrito) dell’universo che nel suo procedere incerto ci porta ad INCONTRARCI per riconoscerci come parti di un mondo INTERDIPENDENTE ed IMPERMANENTE…
E se il niente permette tutto questo, a me basta per preferirlo di gran lunga al pieno ‘svuotato di vuoto’ e di prospettiva.
Evidentemente non tutto ciò che appare ai nostri sensi si lascia intrappolare in ‘verità’ univoche. La pietra nella sua pienezza, nel tempo e col tempo, s’è lasciata adattare/adottare.
Sappiamo con certezza che il vuoto rappresenta per i fisici più del 99% dello spazio/tempo, indispensabile al cambiamento, all’impermanenza… il movimento è possibile grazie a questa percentuale sovrastante quel poco meno dell’1% di pieno.
Riferiva Aristotele (in Fisica) che “I Pitagorici ammisero uno spazio vuoto, in cui si compirebbe la respirazione del cielo, e un altro spazio vuoto, che separerebbe le nature l’una dall’altra…”
Quando sentiamo d’esser pieni, proviamo a fare vuoto, lasciamoci attraversare dal tempo, dalle parole, dai vissuti, dalla voglia di ricominciare per ‘VUOTARCI’ senza (mai) SVUOTARCI. Penelope docet…
Angelo V.