Barletta, primo incontro Clinica Ontologica.

Lascio traccia del primo incontro a Barletta di Clinica Ontologica, grazie alla generosa e inaspettata visita di Giuseppina che, nonostante i chilometri, il lavoro, la stanchezza, ci ha tenuto ad essere presente all’incontro fortemente voluto da Giovanni C. e Rita. Oltre me e Giuseppina, c’erano Rita, Silvia, la compagna Sara e Saba. Inizialmente sembrava che si sarebbe fermata anche la madre di Paola, che ci ha fatto entrare ma, quando ha visto quante persone eravamo, ha preferito andar via.
La sorpresa è stata grande per Paola che, quando ha riconosciuto Giuseppina, l’ha abbracciata sciogliendosi in un pianto liberatorio che le ha subito attivato il suo meccanismo solito, quello di iniziare a parlare vomitando una serie di informazioni sul negativo che vive. Credo che Giuseppina sia stata brava a contenerla, in un certo senso, per darle il senso di un incontro con persone più o meno formate alla metodologia della Fondazione e che, pertanto, non poteva ridursi soltanto ad uno svuotamento che lascia tutto inalterato. Paola, infatti, è abituata a persone che la lasciano parlare, quasi come assistere ad uno spettacolo, non a persone che le dicono con fermezza e sincerità quello che vedono e osservano di lei e la spingono a cambiare perché il cancro non sia solo una malattia che lentamente la conduca alla morte, ma una opportunità per fermare la sua inesorabile corsa in cui macinava viaggi e relazioni per immergersi nella sua vita ed iniziare un viaggio di tipo diverso grazie al quale lei non sarà più la stessa di prima.
Durante l’incontro ci sono stati una serie di pensieri che l’hanno più o meno bombardata, a partire dal breve audio di Giovanni che la esortava a non fermarsi a pensare quanto tempo ha ancora di fronte, che poi è stata la stessa cosa che anche io le avevo detto l’altra sera dopo che lei mi aveva chiesto cosa provassi nell’avere di fronte a me una persona che sta per morire. Il messaggio l’ha intristita molto perché le fa pensare che la gente la dia già per spacciata ma Giuseppina, da grande patuta qual è, è stata brava a non farla fermare e a preannunciarle un po’ le cose che potrebbe sentirsi dire in questo periodo e che lei deve scegliere se ascoltare o lasciare fuori dalla sua vita.
Intervallati poi da pezzi di teoria che Giuseppina ci regalava attingendo dalla sua esperienza, ci sono stati altri due pensieri importanti. Silvia, che con Paola ha avuto un vero rapporto forte, anche con fasi di allontanamento, e da poco si sono riavvicinate, le ha donato un cuore di ceramica riparato con la tecnica giapponese del kintsugi o riparare con oro, accompagnato da una lettera che ricordava tutti i momenti belli che hanno vissuto. Rita, invece, le ha donato un bastone dell’acqua per ricordarle i momenti di immersione che questo oggetto riusciva a stimolare nelle settimane intensive che hanno condiviso.

Giuseppina le ha fatto capire con fermezza di non cercare soluzioni dalle persone, perché non ce ne sono, può solo affrontare il percorso disagico per poter intravvedere un nuovo spettacolo. E proprio a testimonianza di questo e per spiegare a Paola la bellezza del Villaggio che lei non conosce, ci ha letto ciò che lei scrisse per spiegare quanto significativo sia stato il Mosaichaos per le fasi cruciali della sua vita.
Sento che la presenza di Giuseppina è stata importante, non solo perché Paola si è sentita sicuramente compresa meglio in ciò che sta attraversando, ma anche e soprattutto per costruire una prospettiva con persone che non si pongono di fronte a lei con pietismo o con la paura della morte, anzi, come le ha specificato, ciò che fa paura di lei è la grande rabbia che ancora la tiene aggrovigliata nella sua Casiglia, a cui continua a dare senza ricevere nulla in cambio. Giuseppina l’ha spinta a non sentirsi una malata, identità nella quale sta progressivamente scivolando dal momento che lei, grande iperattiva, vede questo corpo che si sta fermando. Le ha fatto comprendere quanto sia importante per lei ritrovare un nuovo senso dell’esistenza ed è per questo che l’ha spinta molto a partecipare alla prossima Ci.Gi.Tro. insieme alla madre. Io ho solo aggiunto che, per far questo, deve affrontare le sue paure di ritornare alla Fondazione perché tutti abbiamo attraversato fasi di allontanamento ed in questo periodo l’ho vista molto combattuta tra il desiderio di ritornare e le paure, giustificate dai sintomi, che poi la fermano. Ma la nostra brava primaria ha saputo coinvolgere anche Rita e Silvia, facendo capire loro quanto sarebbe positiva pure la loro presenza, oltre che per loro stesse, pure per Paola. Devo dire che sono state subito pronte ad accettare, quasi stessero aspettando qualcuno che le spingesse. Oltretutto, come loro stesse hanno detto, vengono da un anno difficile di morti di loro familiari e di sintomi che pure Silvia sta attraversando, legati proprio al cuore. Solo Saba non si è fatta scalfire, sente che per lei non è ancora il momento, ma è stata molto contenta per Silvia e Rita.
L’altro passo ora è che Rita e Giovanni C., che ho già informato, lavoreranno per far comprendere alla madre di Paola che in questa fase la figlia ha bisogno di essere aiutata anche psicologicamente e che la sua presenza può fare molto per questo. Come Giuseppina giustamente ha detto, Paola ha DIRITTO di chiedere e di avere accanto i suoi familiari, non fosse altro per vedere in faccia che più di tanto non possono darle e senza più temere le delusioni, ma dobbiamo utilizzare strategie relazionali che non spingano lei ad essere sempre attiva.
Grazie, Giuseppina, perché ti ho sentita molto armonica ieri, con un nuovo maschile trasformato e determinato per spingere le gravidanze del negativo a procedere.
Gabriella

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