“Un vincitore è semplicemente un sognatore che non si è mai arreso” – 1987 (3) –

Alcuni, che mi hanno assicurato che compreranno il libro GRAVIDANZA GEMELLARE A CIELO APERTO, mi stanno chiedendo insistentemente di ricevere qualche brano in anticipo, considerando che non si sa quando sarà concluso e stampato. Accetto questa affettuosa richiesta e proverò a farlo liberamente.
Mariano Loiacono

Mi appostai al quarto piano
Pensai che questa volta però le cose potevano andare diversamente, perché l’Emmaus era bene o male una semplice affittuaria e, come in ogni contratto, poteva recedere da questo privilegio se veniva meno agli impegni contrattuali. E che ci poteva essere di maggiore inadempienza contrattuale della situazione di un fittavolo che pretende di mettere alla porta rappresentanti ufficiali di chi gli dà lavoro, arrogandosi il diritto di decidere in proprio cosa coltivare, come coltivare, come raccogliere e commerciare? Pensai che fosse giunto il tempo di presentare il problema ai miei diretti superiori e referenti, vale a dire al Comitato di Gestione della USL.
Feci urgentemente una lettera in cui presentai il problema, allegando il comunicato di cui sopra e chiedendo al più presto di essere sentito dall’intero Comitato di gestione per le decisioni del caso. Ma ben presto capii che parlare all’intero Comitato di gestione sarebbe stato troppo onore e che questa possibilità non era alla mia portata, perché bisognava iscriversi all’ordine del giorno, tra i tanti punti da deliberare, e poi aspettare una seduta in cui mancassero argomenti pregnanti e di comune pertinenza per poter infilare argomenti di poca rilevanza. Mi accontentai allora di rivolgermi al Presidente, o meglio ad un vice Presidente socialista facente funzioni di Presidente, perché le varie parrocchie “DC” non si erano ancora messe d’accordo su chi dovesse indicare il nominativo e aggiungere ulteriore peso alla propria corrente. Costui alle prime telefonate mi assicurò un incontro a breve e con seria possibilità di ascoltarmi attentamente e per un ragionevole tempo. Ma più volte dovetti attendere inutilmente dietro alla porta fino alla chiusura dell’esercizio presidenziale; oppure, fui obbligato a cedere il passo a qualche suo amico di cordata nel partito o a quei famosi fortunati che presentandosi, appunto, possono dire “mi manda Picone”.
Una mattina mi appostai al quarto piano, prima che arrivassero gli stessi impiegati, sicuro di beccare il nostro, perché me lo aveva assicurato uno della “CIA-uscieri” che, venuto a compassione di quei miei tanti inutili tentativi, se l’era cantata il giorno prima. E, infatti, quella mattina appena smontato dalla guardia di notte in divisione, mi precipitai all’ex INAM e mi piazzai strategicamente sul divano che guardava proprio la porta dell’ascensore e la scalinata riservata ai pedoni: le uniche entrate possibili al quarto piano, da dove poteva spuntare quel potente di turno. E finalmente spuntò l’occhialuto vice che ricambiò il mio “buon giorno Presidente”, e i convenevoli del caso che stavano per seguire, con un “dottor Loiacono, lei la deve smettere di presentarsi qui senza appuntamento” detto ad alta tensione e con gli occhi alla Caronte che aggiunsero, al suo già striminzito budget di efficienza, quella gratuita maleducazione spaventa-sudditi di cui si avvalgono certi potenti che si trovano a regnare per mancanza di uomini dabbene. Stanco com’ero della guardia di notte e di quella inutile ennesima anticamera, risposi tono su tono come un popolano inferocito, fino a quando costui s’ammansì e, confuso, volle portare ragioni del non avvenuto incontro e dei guasti politico-filosofici e forse teologici a cui quotidianamente doveva far fronte in quella benedetta USL che non funzionava. A me sembrò verosimile che, dietro questo cambio di atteggiamento nei miei confronti, ci fosse stata una soffiata di Pino, medico di riferimento del partito del garofano.
E così, dopo questa ulteriore sceneggiata, il problema Emmaus segnò ancora il passo e quel vice, professore di filosofia, segnò il mio nome tra i sudditi della lista nera perché, oltre a risultare ai suoi occhi protetto dai democristiani e a guerreggiare con operatori del C.M.A.S. appartenenti al suo partito, avevo avuto l’ardire di alzare irrispettosamente la voce. …E in seguito non mancarono a costui opportune occasioni di presentarmi il conto.

Scaricato con fraterno zelo
Per l’Emmaus, comunque, era da rimandare tutto a dopo le ferie. Ma in agosto, mese di vacanza collettiva e di disinteresse generale, don Michele D.P. piazzò un’altra mossa scacco-matto approfittando che il re avversario si trovava in stallo estivo senza alfiere e cavallo. Infatti, per ribadire la piena autonomia decisionale riguardo agli operatori esterni, sostituì Ciro con un altro medico indicato dal C.M.A.S.; e davanti alle mie risentite dimostranze, minimizzò al solito l’accaduto, meravigliandosi alla stregua di una moglie che essendosi concessa alle voglie di un amante si meraviglia per le permalosità fuori luogo del marito. E resomi conto di rasentare ormai l’indecenza, volli recuperare un po’ di dignità almeno nel trapasso: chiamai Pino e concordammo che la Comunità passasse sotto la responsabilità diretta del C.M.A.S. in quanto accoglieva solo tossicodipendenti ed era quindi giusto che si accasassero tra pari. Al solito la mia lettera di passaggio-funzioni non ricevette mai né risposta, né ridefinizione o almeno un approfondimento qualsiasi: d’altra parte sono tante le cose che in una USL funzionano in dissonanza da norme contrattuali o di delibera, legalizzate dal fatto che la memoria normativa si sbiadisce nel tempo e rende ufficiali le funzioni e gli spostamenti, spesso illeciti, che durano da almeno sei settimane (?).
Comunque, dopo la impassibile cera che mantenni nel passaggio di proprietà, fui preso da nuova angoscia appena mi rimisi nel mio privato. In parte ero ormai abituato, per quanto è possibile, a queste solite conclusioni di chi, approdato alla “roba” che cercava, ti licenzia con un “benservito” e lasciandoti addosso finanche il dubbio delle tue grosse responsabilità e della tua ingombrante sete di potere e di strumentalizzazione. Accuse già note da qualche tempo, anche se a conti fatti a riempirsi le tasche e a salir di posizione e di potere erano proprio questi improvvisati Savonarola, grazie appunto alla strumentalizzazione fatta delle capacità e progetti altrui.
Questa volta però c’era una novità che giustificava quel ritorno di smarrimento e delusione. Infatti, nel caso del C.M.A.S. e degli altri Servizi, mi ero rassegnato anche perché non tutti gli operatori purtroppo intendono impegnarsi e sacrificarsi per progetti sperimentali e a campo libero sulle persone disagiate; il ruolo istituzionale gratifica di più e crea meno grattacapi o esigenza di revisioni personali profonde. Ma come accettare che si fermassero in quella maniera persone che mi avevano fatto credere di avere un progetto per l’uomo e di non essere legati alle comodità o alle ordinarie mire personali? Di chi aver fiducia e con chi accompagnarsi nel fronteggiare le nuove emergenze che mettevano a nudo problemi strutturali e che richiedevano proprio persone disposte all’esodo, alla sperimentazione, non legate alle comodità o alle ordinarie mire personali?
A far grazia di questi miei inutili dilemmi e a confermarmi che l’Emmaus fosse una delle tante iniziative di “comunità terapeutiche” che ormai affollavano l’intero stivale, fu il fatto che a distanza di un mese dal mio allontanamento all’Emmaus giunsero due gru per iniziare la costruzione di: una palazzina a più piani in muratura, con tutti i confort e servizi per allocare più decentemente i membri della Comunità che non potevano abitare a vita in quegli appartamentini che don Michele aveva messo su qualche anno prima; una cappella grande quanto una chiesa di paese; un teatro di pari grandezza; altri fabbricati in muratura che ormai potevano gareggiare con le più quotate istituzioni che i salesiani hanno un po’ dappertutto. Un particolare, però, non trascurabile, fu che l’intera somma era piovuta giù provvidenzialmente da uno di quegli avanzi di bilancio regionali che aveva individuato un Assessore fortemente pressato e circuito dal nostro don Michele D.P… Con tutti quei soldi pubblici la cattedrale giunse in fretta a ultimazione, e venne consacrata e legittimata dalla presenza del successore di don Bosco in persona, con firme e controfirme di alcuni politici di maggioranza.
Purtroppo, contro ogni mia aspettativa, la mia storia di rapporti con l’Emmaus non ebbe nessun altro sviluppo, né mi fu mai chiesto un incontro per rivederci e fare un bilancio a mente serena: dopo essere stato scaricato con fraterno zelo, non trovarono nemmeno il tempo di passare di sfuggita dal Centro per salutare e stringere una mano di cortesia, quasi ci fosse la paura che quella difficoltosa messa alla porta potesse essere annullata e ribaltata da uno sguardo o dalla vicinanza fisica della persona fatta fuori, … paure che spesso si addicono alle ombre del rimorso. (Ma io so che quando un gruppo non è più in cammino e sta accampato a pascolare, prima o dopo qualcosa disperderà il gregge).

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