“Un vincitore è semplicemente un sognatore che non si è mai arreso” – 1987 –

Alcuni, che mi hanno assicurato che compreranno il libro GRAVIDANZA GEMELLARE A CIELO APERTO, mi stanno chiedendo insistentemente di ricevere qualche brano in anticipo, considerando che non si sa quando sarà concluso e stampato. Accetto questa affettuosa richiesta e proverò a farlo liberamente.
Mariano Loiacono

ANNO 1987
Dalla “Patella” … alla brace
Anche dopo l’Epifania ’87 la Signora “Maria, moglie del duce”, non si fece viva e, alle successive mie telefonate, rispondeva con rimandi per la non disponibilità del notaio, con preoccupazione per le tasse che avrebbe dovuto pagare e che non aveva messo in conto, e altre scuse rinvianti. E così a metà febbraio si capì che lo scherzo di carnevale era finito e la Fondazione Patella si era rivelata una madornale presa in giro.
Ma come ogni cosa appetita e conclusa diversamente dalle previsioni ed aspettative, il crollo della fondazione generò diffidenza e sospettosità, soprattutto in don Nicola; fu così, come si dice che … caddi dalla “patella alla brace”. Senza che capissi bene il motivo di quella sua reazione, Nicola cambiò atteggiamento nei miei confronti e me lo ritrovai ostile più che al tempo del nostro primo conoscerci. In seguito, il giallo si chiarì e capii che, ai miei vecchi difetti, si era aggiunta ai suoi occhi la certezza che nell’affare fondazione avevo profondamente abusato di lui e del nome della Comunità, strumentalizzando ambedue per miei scopi sotterranei e un tantino loschi. La prova inconfutabile era quanto gli aveva confessato in segreto l’anziana “patella”: costei non aveva proceduto alla fondazione perché alla sua lucida preveggenza senile avrei manifestato intenzioni ostili verso la Comunità col progetto segreto di fare fuori don Nicola dal Consiglio di Amministrazione.
Non mi fece tanto male apprendere di questo fantasioso escamotage della nonnetta ottantaduenne, che aveva bisogno di una scusa bella e buona per tirarsi indietro e dare la colpa ad altri di questa sua ritirata. Del resto, è quanto capita spesso a un ricco che improvvisamente vuol dar via il proprio ben di dio e fare quel bene che non ha fatto in precedenza, ma che poi si spaventa e arretra pusillanimemente quando si tratta nel concreto di dover salire la strada stretta del donare e attraversare la cruna dell’ago. Non riuscivo però a spiegarmi, e tanto meno ad ingoiare, il fatto che una persona come Nicola, così intelligente e per molti mesi vicina a me e alle mie idee, potesse dubitare della mia onestà e delle mie serie intenzioni. Mi dispiacque pure il fatto che non seppe parlarmi apertamente e a tu per tu come fanno tanti semplici cristiani; infatti, questa interpretazione del nuovo atteggiamento la ricostruii un po’ alla volta mediante le varie soffiate che estorsi in giro, quando cercai di spiegarmi il motivo del forte raffreddamento intervenuto nei rapporti verso di me da parte della Comunità.
E pensare che proprio alcuni giorni prima eravamo arrivati ad iniziare una serie di incontri per approfondire l’Esodo; iniziativa proposta insistentemente proprio da me nella convinzione che fosse giunto ormai il tempo di passare da un piano di progetto per i tossicodipendenti, ad un piano di progetto che coinvolgesse tutti i disagi e soprattutto le persone comuni. Infatti le mie osservazioni sulle dismaturità psiché e sulle cosiddette sindromi psicotiche giovanili si confermavano ogni giorno di più e mi rendevo conto che queste nuove tipologie di disagio non si potevano banalizzare solo come devianze per le quali approntare nuovi Servizi e Comunità terapeutiche diverse. Se le mie osservazioni e previsioni erano vere, presto sarebbe emersa con prepotente evidenza una problematica forte, più tragica e più mozzafiato della Tossicodipendenza: sapevo bene, infatti, che difficoltà avevo incontrato allorché nella sezione di Psichiatria avevamo tentato di reintegrare e riautonomizzare ricoverati con la mente ormai a pezzi e un “Io” frantumato, con tempi interni fugaci e senza più progettualità interiore. D’altra parte, queste nuove tipologie di disagi mettevano in evidenza una crisi profonda emersa nel modo di fare conoscenza su questi fenomeni vivi, negli interventi ipotizzati per porvi rimedio e riavviare la crescita delle persone; addirittura, secondo me, intaccavano le caratteristiche base della specie uomo e spingevano verso prospettive evolutive inedite. È per questo che c’era proprio bisogno di un “esodo” per trasmigrare verso nuove terre. E lì all’Emmaus poteva iniziare la prima chiamata a raccolta per il “cammino” da avviare senza più indugi.
Ma quella insinuazione della Signora Patella aveva prodotto una bella frittata e ci aveva fermati ancor prima di iniziare ad annunciare le nostre intenzioni al Faraone e avviarci verso il mar Rosso. Dopo questa sterzata, Nicola, che fino allora era rimasto in Comunità perché allettato dall’idea di sperimentare un progetto comune, decise di andare via dalla Comunità della quale non condivideva una serie di problemi legati alle coppie e, soprattutto, non condivideva quella sottile diplomazia di don Michele D.P. che, gironzolando mane e sera attorno ai politici e ai loro uffici, aveva ottenuto un po’ tutti i finanziamenti possibili ed immaginabili, mettendo a K.O. l’idea iniziale di autofinanziarsi e di dare testimonianza di vita semplice e ispirata a sorella povertà. E così don Michele D.P. restò l’unico salesiano presente in Comunità assieme a don Giorgio: un salesiano che, a vederlo così alto, scucchia acromegalica, labbra mute, viso inespressivo e un tantino strabico ti veniva inizialmente un senso di costernazione e di timore riverenziale, che poi si scioglieva rapidamente alla constatazione che si trattava di uno di quei giganti buoni che pure le mosche rispettava e che i propri dissensi li anticipava con abbondanti “forse penserei, mi sembrerebbe, sarebbe mia impressione, non vorrei sbagliarmi, probabilmente si potrebbe, ecc.” …qualità un tantino distanti dallo standard medio dei figli di don Bosco.

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