TeoLab, teoria sul posto di lavoro, 28 aprile 2022: Il mito di Narciso.
Si può fare teoria profonda in un posto di lavoro? Al Villaggio Quadrimensionale, sì, grazie allo sguardo globale dell’Esistenziologo Mariano Loiacono.
Avevo già sentito un commento al mito di Narciso all’università ma, l’unica cosa che mi era rimasta, era che il narcisista è uno che pensa solo a sé, banalizzando e chiudendo in un giudizio, chi viene definito così.
Mariano è riuscito a riportare dignità al mito, cioè il discorso che si fa su una determinata cosa o avvenimento, la parola di qualcuno che ha voluto spiegare qualcosa e che lo ha voluto condividere. Mariano sostiene che, come nelle fiabe, il tempo, nel mito, è lontano e indefinito, per far capire che può valere per tutti e tutti si possono riconoscere in un pezzettino.
In questa analisi tutti siamo un po’ Narciso, ci chiudiamo in dinamiche adolescenziali in cui esistiamo solamente noi, noi che ci mettiamo alla prova, noi che ci dobbiamo riconoscere o che dobbiamo far vedere quanto siamo bravi. In tutto ciò le relazioni non esistono o diventano generiche, come il pubblico delle star, dei grandi artisti, abbiamo bisogno di essere il centro ed essere visti, perché, di fondo, non ci possiamo vedere da soli per via della profezia di Tiresia.
Chi veramente vuole stare con noi, spesso, non ha la forza o gli strumenti per scoprirci e rimane una Eco lontana… c’è molta tristezza e solitudine in questo mito, che purtroppo è fin troppo attuale, ma, grazie alla lettura quadricettoriale che ci offre Mariano, la divinità Nemesi, cambierà sicuramente idea sulla punizione del povero ragazzo e ridistribuirà in maniera più equa le responsabilità, a partire dalle figure materne.
Ora non voglio svelare tutto e invito caldamente a richiedere gli atti a Sabrina del Do.Fo.Ri.
NarciGio
Nella stoà del caos, riscaldati dal sole primaverile delle 11.45, Mariano, per onorare gli operai del LabOff, in particolare Nadia e Isaia venuti appositamente dal Veneto per portare avanti i lavori del BarNadia, ci delizia con una TeoLab (teorie sul posto di lavoro) partendo dal sapere mitopoietico de “Il mito di Narciso” nella versione di Ovidio.
Da questo mito nasce il termine “narcisista” utilizzato in modo inappropriato soprattutto dalla psichiatria per fare diagnosi di psicosi a chi ha una “struttura centrata su di sé” e fatica a stare in relazione con l’esterno.
Mariano, come è suo solito fare, parte invece dal vero significato della parola, da quelle che sono le origini e questo termine nasce appunto dal mito. Narciso, un ragazzo di cui si conosce poco o per niente l’infanzia, quindi ci si concentra sul passaggio dall’ adolescenza all’adultità.
Con il quadricettore Mariano ci spiega questo passaggio con profondità, ampliandolo e riportandolo alle storie di tanti giovani che fanno fatica a diventare adulti. Emerge la relazione madre-figlio in cui tanti maschi restano incastrati soprattutto quando tra i genitori non c’è una relazione positiva e il figlio diventa un sostituto del marito. La madre lo vuole per sempre bello e quindi statico, destinandolo a non avere bisogno di specchi riconoscenti e quindi di relazioni con l’esterno.
Mariano ci fa notare anche come una possibile storia d’amore positiva può essere condizionata da questi “incantesimi” quando introduce la figura di Eco, una ninfa della montagna che si innamora perdutamente di Narciso. Purtroppo lei, che a sua volta aveva subito una maledizione da Giunone, non poteva parlare ma solo ripetere le ultime sillabe di quello che sentiva. Desiderava entrare in relazione ma non riusciva ad utilizzare la voce. Due persone con FUK profondi che alla fine muoiono senza riuscire a sanarsi. Durante il commento al mito di Narciso mi sono riconosciuta quasi completamente nella ninfa Eco. Mi sono sentita lei, come se Mariano stesse parlando della mia storia, della “maledizione” che mi era stata messa addosso e della mia svalutazione.
Il mio codice simbolico è stato bloccato precocemente, forse a 5/6 anni. Le mie emozioni si bloccano in gola o comunque, infantilmente, si esprimono nel pianto. Nella risalita si fermano all’analogico e quando provo ad esprimerle esce altro rispetto alle cose che sento. Dico parole ma non escono le emozioni che sento per questo molte volte preferisco non parlare perché mi deludo nell’ ascoltarmi.
Come Eco mi sono sentita molto pezzente ad inseguire i narcisisti, in primis mio padre ma anche le relazioni di coppia.
A differenza di Eco io ci ho provato ad andare in profondità, ad immergermi nelle relazioni e nelle vite di chi mi sta accanto. Sempre diversamente da Eco sto evitando la sua fine. Io per fortuna ho la Rrrete in cui c’è anche Mariano che mi hanno accompagnata e mi stanno accompagnando nei miei passaggi all’adultità, fortuna che né Narciso né Eco hanno avuto.
Rischiavo di consumarmi come lei, fino a diventare trasparente, a non sentire più che valore avesse la mia vita ed essere scontata, noiosa e annoiata. L’errore o comunque ciò che oggi posso fare meglio è essere io un po’ più Narciso, andare nella mia profondità, seguire me.
Io/Eco voglio fare un crossing-over con Narciso perché sono due parti complementari e l’una senza l’altra non permette il viaggio. Serena