Corso Maestrepolo, rubrica PASQUALINA: I PERCHE’ DELL’ESISTENZA. “Perché si ha paura delle cose diverse da noi?” Domanda di Eleonora, riscontro di Monica
Da tempo volevo scrivere nella rubrica Pasqualina, nata e dedicata a mia madre, la quale non trovando un senso nella sua esistenza, ha deciso di suicidarsi. Ringrazio Eleonora per questa domanda perché attiene a quello che ha ostacolato la crescita di Pasqualina. Fin da piccola sentivo che lei non mi accettava, né per quello che ero e tantomeno quando esprimevo parti diverse dalle sue, tipo fare la cantante di lingua inglese inventata, o bambina vogliosa di giocare con le amiche. Quando ascolto delle persone che mi parlano di lei, ho notato come fondo comune il racconto di una donna che mi voleva tenere dentro una campana di vetro e non voleva che io facessi pamoja con gli altri. Questo soprattutto quando ero piccola, quando forse le mie parti non avevano molti strati fukizzati. Mentre io volevo fare mitosi di scambi, giochi, relazioni, lei rispondeva con la meiosi, talmente meiotica che faceva abortire le mie intenzioni. Soltanto che da piccoli non si ha tutta questa teoria e si pensa di essere sbagliati, questo è il problema: invece quella che sbagliava era lei e quanto mi sono dovuta adattare senza raggiungere mai un riconoscimento? La domanda di Eleonora parla di cose diverse da noi, ma penso che piuttosto le cose, sono proprio le persone diverse da noi che ci mettono in crisi. E questo lo vedo nella scuola, nelle amicizie e perfino in mia figlia. Quando vediamo una diversità piuttosto che metterci nel confronto differenza, dovremmo dire: che bello, questa parte me la posso prendere perché è un arricchimento. È un gesto di umiltà e di riconoscimento verso l’altro, ma anche un gesto di amore verso noi stessi. Amore verso noi stessi significa anche uccidere il Buddha della nostra vecchia identità e aprirsi ad una nuova. Se mia madre avesse voluto accettare questo, sarebbe stata meno male. Perché poi la vecchia identità per proteggersi e non andare in crisi cosa fa, si chiude, si isola, fa monachesimo di se stessa. Mia madre stava riuscendo a farmi diventare monaca pure a me, nel senso che ormai ero talmente abituata a fare da me, che anche io mi stavo chiudendo. Ha senso avere paura della diversità quando, la diversità stessa, ci porta a difenderci fino a far morire altre parti nostre? Nel caso di mia madre, arrivare a voler morire da sola, tradendo tutti e dichiarando la sua vincita alla morte, non era meglio che si umiliava a riconoscere che altri, anche se diversi da lei, potevano darle qualcosa? Possibile che questa onnipotenza del “solo io” ha avuto questa forza così distruttiva? La mia diversità con la tua poteva formare una Gestalt, a sua volta diversa da altre Gestalt. Ma tu non hai voluto nemmeno che facessi Gestalt con mio padre, perché avremmo formato ancora un’altra diversità. Accettare una diversità è fare un salto precipiziale, che tu hai voluto rimandare, rimandare, fino a sceglierlo e quindi desiderarlo tanto da utilizzarlo per morire. Il salto precipiziale si deve fare nell’ordinario, è anche una scelta, difficile ma dovuta, per la vita.