Corso Maestrepolo, rubrica PASQUALINA: I PERCHE’ DELL’ESISTENZA. “Se l’esistenza è un viaggio perché preferiamo attardarci nella staticità? Domanda di Grazia, riscontro di Elisa

Stasera ho voglia di profondità e la Rubrica Pasqualina per me è un ottimo veicolo per andarci dentro. Per fermarmi, staccarmi dall’albero della vita e fare teoria, a partire da me. Vado a letto più felice, perché sento che ho generato un granello in più per questa mia vita che sta galoppando nell’esistenza. E ogni volta ringrazio la mamma di Monica, perché il suo togliersi ha permesso a tutti noi di starci di più.
Secondo alcune mie riflessioni, sono arrivata a questo… quando nasciamo il senso dell’esistenza e del viaggio è radicato in noi, profondamente, in modo fusionale e questo si rispecchia nel nostro Graal. Il viaggio che abbiamo condotto durante la crescita nell’utero, fino all’abbraccio con la nostra mamma, è parte integrante di noi: ogni nostra cellula è stata in viaggio per farci nascere. Noi stessi siamo incarnazione diretta del viaggio. E siamo interi. Man mano però che entriamo in contatto con l’ambiente esterno (in primis con la nostra famiglia d’origine), questa fusionalità del viaggio diminuisce. Infatti, più riceviamo rimandi disconoscenti o non adatti alla nostra sensibilità, più il nostro Graal si deforma: i livelli dell’ontologico, il senso dell’esistenza, del biorganico, le emozioni e dell’analogico, il corpo, si riducono, lasciando spazio al simbolico. Ma la staticità non è proprio questo? Dare la nostra vita in pasto al simbolico? L’ampiamento smisurato del codice simbolico, dove il pensiero, la scansione analitica degli eventi, il giudizio, il controllo, la presunzione della conoscenza assoluta e la superbia portano a non avere più una visione fusionale della vita, ma alla staticità: io sono solo cosi, le cose sono vere se sono cosi, va bene solo i miei criteri. È la fine del viaggio. Queste modalità le ho vissute sulla mia pelle, il fatto che non ho avuto una famiglia che mi ha valorizzato e visto per le mie specificità, ma solo perché ero brava a scuola e non davo troppi problemi, oltre al forte negativo che entrambi i miei genitori riversavano su di me, ha fatto congelare le mie emozioni e così ho iniziato a fare tutte le scelte della mia vita prevalentemente con il criterio del simbolico e con tanti macchinamenti: per scegliere se andare all’università o fare la ragazza alla pari, facevo una lista degli aspetti positivi e di quelli negativi, poi chiedevo consiglio a tutte le persone che conoscevo (fuorché ai miei genitori!), poi facevo i conti anche economici (per il futuro lavoro, era meglio avere l’università o un’esperienza come baby sitter e sapere l’inglese?). Sceglievo, sicura del risultato efficiente, ma il prezzo era altissimo: non ho mai messo davanti i miei desideri profondi o cosa diceva la mia pancia, ma perché non la sentivo più! Quando avevo 20 anni anche nella scelta dei ragazzi, c’era una componente simbolica molto alta (mai legata ad aspetti di ricchezza economica o di fisicità, ma comunque a criteri miei che mi sembravano fondamentali): dovevano essere intelligenti, avere almeno la laurea, saper parlare almeno l’inglese, essere viaggiatori (ah ah ci andavo vicino come requisito! :)) e poi la spiritualità (non religiosa, ma di profondità, senso dell’esistenza). Ma la scelta di pancia? Una volta l’ho fatta ma dopo pochi mesi ho lasciato questo ragazzo, perché secondo me quello che mi tornava indietro a livello emotivo era troppo alto energeticamente e il mio biorganico invece era bello che statico. Non ho preferito la staticità, ma è stata una scelta di “tutela” (a breve termine) per non sentire più il dolore. In quel periodo andavo all’Università (bello!) e ho studiato la “statica”, la scienza che studia l’equilibrio dei corpi, ovvero le condizioni che si mettono in atto per mantenere i corpi in equilibrio, quando questi entrano in contatto con forze esterne. Una delle leggi della statica è quella della conservazione della quantità di moto: la quantità di moto totale (le emozioni) di un sistema isolato (ovvero di una persona chiusa) è costante nel tempo (cioè rimane nel suo stato di congelamento), quando la risultante delle forze esterne è uguale a zero (chi è chiuso annienta tutte le interazioni con l’esterno che possono alterare la staticità delle sue emozioni). Per mantenere in equilibrio questa precaria staticità simbolica, quindi, avevo lasciato questo ragazzo ma mi era costato tantissimo e per far tacere la pancia, bevevo ad esempio. Servivano molti sforzi, ed energie per mantenere il biorganico in prigione, senza poi contare che andavo a consumare inesorabilmente la mia linfa vitale. E da persone in viaggio si diventa sempre più statiche e dipendenti dalle briciole che l’esterno ti dà per la sopravvivenza, in sostituzione della linfa vitale che hai perso.
Ovviamente sto facendo teoria ora, ma al tempo ero in confusione totale, come se ci fosse un profondo disallineamento tra le mie profondità e quello che c’era a livello simbolico. E penso che proprio questa confusione, questo annebbiamento me lo sono vissuta fino a poco tempo fa, fino a che non ho visto e riconosciuto il mio biorganico e gli ho dato valore per quello che sentiva, mettendo sotto i suoi tacchi il simbolico. In questo rientra la scelta di non comprare la casa con Adalberto ad esempio. Sento che questo riappropriarmi del mio biorganico, mi ha rimesso in viaggio in un modo più sicuro per la mia esistenza, ridonandomi linfa vitale che parte da me, senza dover elemosinare all’esterno. Lo auguro davvero a tutti. Buon viaggio!

Elisir

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