DIARIO DEL V.I.R.U.S. ROMAGNOLO
È arrivata la stagione delle piogge, che i Nogard chiamano makuru.
È tempo di risalire il fiume e di trasferire il villaggio altrove.
Sono stati 4 giorni intensi di ascolti, bilanci, immersioni e prospettive. Una boccata d’aria alla calma piatta che regnava da tempo in Romagna. Dal sud sono arrivati Barbara, Marinella e Teo, nonché Annamaria, che ormai da 1 anno e mezzo non è più romagnola. È stato bello aprire il mio vecchio appartamento, rimesso in funzione dopo 2 anni dall’allagamento. Non lo sento più mio come prima, ma un punto di snodo importante per la rete e averlo messo a disposizione per 3 giorni su 4 ha ricaricato l’aria, i muri, i pavimenti di bella energia, che mi sta accompagnando a trascorrere la mia seconda settimana qui. Da quando sono rientrato dall’evviva, nonostante la grande ricarica fusionale che mi sono riportato a casa dal progetto, sono stato esiliato qui ed ogni volta che rientravo a casa per prendere i bambini o recuperare dei vestiti, è stato un forte bombardamento. Elisa infatti ha apportato tanti cambiamenti a casa e fino a che non ci siamo ascoltati, è stato difficile stare nei suoi cambiamenti in silenzio. Sentivo pezzi miei di carne in simbiosi con lei che si staccavano mentre lei lavorava per raggiungere la sua autoreferenzialità. L’ho odiata per questo, ma poi l’ho anche ringraziata, vedendo la spinta al cambiamento che ho avuto la possibilità di dare a me stesso, seguendo il flusso creato da lei.
Accolti gli ospiti il venerdì, sabato siamo entrati nel vivo con la festa a sorpresa per il compleanno dei 40 anni di Dario. È stato un momento bello, al quale hanno partecipato tante persone, fra cui anche il neo acquisto della rete romagnola: Annamaria, la madre di Facocero. Barbara aveva preparato un bel rito per Dario che è stato chiuso dal video che gli avevano preparato i suoi fratelli. Come desiderio Dario ha chiesto un bilancio con Barbara, subito accolto da tutti, che poi abbiamo fatto l’ultimo giorno.
Dopo il compleanno è iniziato il valzer delle CAB e domenica tutta la delegazione si è spostata a Forlì, a casa di Marino e Annamaria. Era da tanto tempo che Marino aveva chiesto un confronto con Annamaria, ma il momento giusto è sembrato proprio il 25 ottobre. Sono stati entrambi bravi a partire da sé, distinti dalla rabbia che era emersa nell’anno e mezzo di distinzione e a riconoscere quanto la separazione abbia messo in moto cambiamenti in entrambi. La forte dipendenza che ognuno dei due aveva dall’altro, sembra finalmente crepata e la prospettiva è quella che Marino, una volta venduta la casa, vada in pensione e si trasferisca a Troia, per riprendere un percorso a fianco di Annamaria, ma soprattutto per sperimentarsi entrambi nella coppiarrrete.
Lunedì è arrivato poi il turno mio e di Elisa. Io dal rientro dal progetto Evviva avevo passato una settimana difficile, tornato al mio vecchio appartamento nella casa dei miei, ma avevo comunque cercato di trasformare i vortici in opportunità, attraversando la rabbia che mi arrivava dai tanti cambiamenti che Elisa stava apportando nella casa in cui abitiamo ora e andando a vedere cosa si nascondeva sotto di essa. Ci ho trovato tanti miei limiti. L’eteroreferenzialità, quando sono stato male vedendo che Elisa aveva tolto il quadro che le avevo fatto e regalato io, ma poi accogliendo questo star male ho visto quanto ricerco ancora di essere visto attraverso un regalo, mentre invece se ora il quadro è suo, può farci ciò che vuole. La svalutazione dalla quale nasce il possesso quando mi è salita la paura che Elisa potesse scambiare, anche sessualmente, con altri maschi, terrorizzato dal fatto che se poi accorgesse che un altro fosse migliore di me, potesse poi scartarmi.
L’esclusione che vivo quando io o Elisa stiamo male e lei si aggrappa ai bambini e diventano un tutt’uno, che però nasconde anche il mio pormi come figlio, che lo star male fa emergere ancora di più. Per questo conto i giorni e sono già 12 giorni (applauso per me!) che non ricorro più a questa mia grande soluzione di pormi come figlio, provando ad andare verso la prospettiva di nutrire la mia parte padre, da poter arrivare ad esprimere soprattutto verso me stesso. Provando a chiedere aiuto o male che vada a sapermi accogliere anche da solo, quando arrivano momenti difficili, o anche quando è ora di festeggiare cose importanti che sono riuscito a fare. Questo mi sta aiutando tanto nei confronti dei miei, con i quali sto scambiando molto avendoli qui di sotto e che sono riuscito anche a far partecipare al bilancio, con il globale di massimo di poter esprimere me stesso, i miei limiti, la vergogna di poter eventualmente fallire nel rapporto di coppia con Elisa, davanti a loro, che sono l’espressione massima del mio rapporto con l’esterno, della mia eteroreferenzialità. In generale ho visto in profondità la simbiosi con Elisa e mentre lei cerca di staccarsi, sento proprio i miei pezzi di carne che si strappano. Infatti il giorno seguente mi sono vissuto un forte vuoto e ho fatto festa
Pensando a tutto quello che potrà nascere da questo passaggio, stretto, angusto, difficile, straziante, ma dal quale non posso e non voglio tornare indietro. Al bilancio, aiutati dalla molteplicità, abbiamo deciso di abbandonare l’acquisto della nuova casa. Personalmente dovrò rinunciare al desiderio che avevo finalmente selezionato, di tagliare le mie radici territoriali, lasciando definitivamente casa e città d’origine, per vedere quali novità sarebbero nate. Però la prospettiva è quella di fare questo passaggio più in profondità, più giù del codice analogico, per poter interrare le mie radici nel mio ontologico. E la stagione è buona, con l’inverno alle porte. Sabato abbiamo appuntamento con l’agenzia immobiliare, per provare a non perdere la caparra (ma dovremo farcela anche con l’aiuto di Luca, che è stato continuattivo dal bilancio del TGCAB ad oggi) e questo mi spaventa molto. Un po’ perché devo deludere l’esterno, ma sento che qui c’è rimasto poco da rompere, ma soprattutto perché devo perdere questo analogico. E mentre provo a perderlo mi sale l’idea di poter tornare a vivere con la mia famiglia qui nel mio vecchio appartamento, a ca’ d Bustac (nome di casata di mio nonno e di suo nonno prima di lui, che io ho ereditato e che significa “busto alto”). Ma poi provo a lasciarmi andare e a vivere il qui ed ora, esprimendomi e riappropriandomi di questa casa e del territorio di mio padre, poi quel succederà voglio essere bravo ad accoglierlo come verrà.
Nell’ultimo giorno di VIRUS c’è stato poi l’ascolto di Dario e Barbara. La loro non è una vera e propria CAB, ma Barbara attraverso Dario è riuscita a ricontattare l’amore per sé. Poi chiaramente ci si mettono i FUK, che tutti abbiamo, e non è facile convivere con i desideri che si riattivano, senza avere dall’altra parte una persona che può e vuole scambiare le stesse emozioni. Conosco bene questa cosa e non smetterò mai di riconoscere che attraverso Benedetta, al Rainbow di 2 anni fa anch’io sono rinato e ho sentito i desideri tornare a circolarmi nelle vene. Barbara è stata bravissima a scendere nel suo dolore di non poter viversi queste emozioni, con uno scambio anche di semplice amicizia, per la chiusura di Dario, che da parte sua ha ricontattato chiusure antiche, alzate per difendersi dai buchi neri della propria famiglia d’origine. La prospettiva è stata che Dario tornasse a Troia insieme al VIRUS, visto che questa settimana è in ferie, per provare a lavorare su questa chiusura.
E insomma, in questo periodo in cui il Caronevirus prova a spingerci verso la verità, verso il tagliare relazioni che si impoveriscono anche solo all’arrivo di una mascherina, il Virus Troiano ha fatto lo stesso: ci ha spinti a fare aletheia, ognuno verso se stesso; ci ha spinti a tagliare pezzi nostri ingombranti che ci impediscono di procedere nel nostro viaggio.
Dall’esilio, che però sento sempre più esodo dentro di me, con amore
Adal Makuru