Corso Maestrepolo, rubrica PASQUALINA: I PERCHE’ DELL’ESISTENZA. “Perché i fratelli devono soffrire così tanto, prima di potersi incontrare?” Domanda di Annamaria, risposta di Elisa
Ho preso tempo, un tempo devoto, per poter rispondere a questo quesito della rubrica sull’esistenza. La prima cosa che mi è venuta in mente mentre leggevo la domanda è stata la scena di mio fratello Ermes (che ha 6 anni in meno di me e vive in Liguria) quando mi ha rovesciato addosso per la rabbia un secchio pieno d’acqua (ah ah ah! stava lavando la macchina e io avevo più o meno 16-17 anni!) o quando sono stata per un mese rinchiusa dentro casa e non mi ha mai rivolto la parola (era una punizione dei miei genitori, non mi ricordo esattamente cosa avevo combinato, ma avevo più o meno 20 anni e per 30 giorni andai solo a lavoro). Il secondo elemento che mi è tornato in mente sono stati dei detti/proverbi che sentivo a casa mia, “fradei coltei” ovvero “fratelli coltelli”, o anche “parenti serpenti”, di solito questo era riferito ai diversi rapporti conflittuali che entrambi i miei genitori avevano con le rispettive famiglie d’origine e in particolar modo proprio con fratelli e sorelle.
Mio fratello l’ho desiderato tanto, sinceramente un po’ speravo fosse una femmina e quando mi dissero che era un maschio ci rimasi male, una sensazione che comunque se ne andò subito quando lo vidi la prima volta nella sua tutina di marinaretto, cosi mignon. Lo amai subito e cominciai a fare la mammina: tenerlo in braccio, dandogli le pappe etc. Come se fosse una bambola. Le cose cambiarono quando Ermes iniziò a crescere e prendere il suo territorio. In concomitanza alla sua crescita, ci fu il trasloco che facemmo dopo che mio padre decise di separarsi con coraggio dalla sua famiglia d’origine: fino ad allora mi ero sentita un po’ la principessa di casa, poi tutta l’allegria, l’attenzione e l’amore svanì improvvisamente perché fu un periodo molto difficile per i miei (c’erano problemi economici, mio padre lavorava tantissimo e mia mamma iniziava a stare male per la depressione). La gelosia così iniziò a prendere il sopravvento, un elemento che insieme alla mancanza di attenzioni da parte dei miei genitori, creò un bomba. Cominciai a farei i dispetti, a nascondere le cose in modo che un po’ i miei genitori accusassero mio fratello (prima di lui infatti non erano mai successe cose simili!). Era una guerra tra poveri: avevo bisogno estremo di attenzioni e in qualche modo le prendevo creando un po’ di sconquasso in casa, così i miei genitori erano obbligati a parlare con noi, a dedicarci delle attenzioni. Mi sembra di ricordare anche che i giochi li decidevo per lo più io (forse anche questo non gli è piaciuto un gran che!) e quando litigavamo ci arrangiavamo sempre… non c’erano molte mediazioni o ascolti su questi aspetti. Quando entrai in fase dell’adolescenza mi sparì completamente la voglia di fare la mammina, tuttavia ero tenuta a continuare a farla, ad esempio dovevo aiutare Ermes a fare i compiti e mi ricordo che tutte le volte lo insultavo brutalmente (sei uno scemo! Sei stupido! Ma allora non ci arrivi??!) e in lui ovviamente è cresciuta una rabbia feroce nei miei confronti (vedi secchio d’acqua, per fare un esempio!). Ora da un po’ non mi sento più in colpa per questo perché so che entrambi non eravamo al posto giusto, a fare le cose giuste e non siamo stati aiutati a dipanare litigi, se non aggiungendo altra rabbia alla rabbia già presente. Purtroppo, ognuno dentro sta famiglia aveva buone ragioni per essere arrabbiato! Il problema è stato non avere qualcuno dall’esterno che ci aiutasse in modo distinto e amorevole. Sicuramente nessuno dell’ambiente con cui eravamo anche in contatto (scuola, chiesa, psichiatria, etc.) è riuscito a fare qualcosa di veramente buono per noi. E questo meccanismo di rabbia reciproca che io e mio fratello ci siamo sversati addosso, tenendo per lo più all’esterno i nostri genitori, non vedendo che quella rabbia non era per noi due, ci ha allontanati. Solo situazioni di emergenza (incidente con la moto, quando la ragazza lo ha lasciato, etc.) ci riavvicinavano, ma poi ritornava il vuoto. Quando ho iniziato il percorso sono stata brava, perché ho iniziato a dire anche delle verità a mio fratello rispetto sia ai dispetti che gli avevo fatto da piccola, liberandolo dalle sue colpe fasulle, ma anche rispetto ad alcuni scambi con il corpo che avevamo avuto e che avevano fatto ingigantire i sensi di colpa reciproci. Anche lui è stato bravo a restare in ascolto. In quel tempo la relazione era iniziata a migliorare ed ero contenta, anche se ero più attiva io un po’ aveva iniziato ad esserlo anche lui con qualche chiamata, lo vedevo più interessato, mi ascoltava, mi dava consigli. Adalberto in tutto questo non è mai stato un facilitatore, ogni volta che mi avvicinavo a mio fratello faceva il bambino capriccioso (c’era sia la parte di gelosia nei suoi confronti, ma Ermes gli faceva vedere anche delle sue parti che non tollerava, gli faceva da specchio) e su questo Ermes, ma anche Luana (sua moglie), sono stati molto pazienti. Luana l’ho sentita molte volte a mio fianco in questo riavvicinamento della relazione, e secondo me ha anche capito che se Ermes ha una relazione più serena con noi, probabilmente anche il loro rapporto migliora.
La volontà è stata buona, però se le cose non si risolvono in profondità riaffiorano meccanismi antichi e creano disastri, piovendo sul bagnato. Il meccanismo di sversare la rabbia su mio fratello, piuttosto che rivolgermi ai miei genitori, l’ho riportato in auge un’altra volta due anni fa: Ermes e la sua fidanzata avevano proposto ai miei genitori di andare a fare una crociera tutti insieme per Natale, ma a noi non hanno chiesto o detto nulla e quando mia madre me l’ha detto, ho sentito il suo senso di colpa e così, proprio per quel modo di fare che sembrava quasi una cosa che non si poteva dire, fare etc. mi sono vissuta una grande delusione/esclusione. Cosa ho fatto? Ho chiamato mio fratello incazzatissima e gli ho rivoltato la rabbia contro, invece avrei dovuto chiamare i miei genitori e farlo con loro, oppure semplicemente da adulta (cosa che non ero e che forse ora ci sto giungendo con tanta fatica) chiedere di essere ascoltata rispetto a sta cosa, cosi anche loro potevano spiegarmi tranquillamente perché preferivano fare sta vacanza solo con i genitori (cosa più che legittima!), magari trovando anche una prospettiva per noi, come fratelli. Alla fine tutto si traduce in questo: avere tanti desideri d’amore, di condivisione, di riavvicinamento che non si riescono ad avverare e sale la rabbia. Ma la rabbia è anche una soluzione per non arrivare mai ad essere felici, generando vita, preferendo invece restare rinchiusi nella gabbia dei meccanismi che conosciamo meglio e che ci hanno accompagnati fin dalla nascita. Se la rabbia è una cosa che conosciamo bene, ci fa comodo restare fermi lì, in quella palude melmosa, dove però sappiamo bene cosa succede, quali sono le reazioni e le conclusioni ad ogni nostra azione. Solo noi abbiamo la chiave in mano, per ritornare in modo diverso nelle situazioni e aprire la serratura.
Questo evento della crociera, ha rinchiuso Ermes nuovamente e da allora praticamente non mi ha più cercata (se non per questioni inerenti il suo matrimonio avvenuto un anno fa). Sento di chiedere scusa: mi spiace profondamente per quello che è successo, per quella telefonata rabbiosa del cazzo. Il meccanismo da sciogliere tra me e mio fratello è proprio questo: io non posso e non voglio più scaricare addosso a lui la rabbia che non è per lui (e su questo sto lavorando molto con Lucia e Vittorino, che in questi giorni li sento molto più aperti, in ascolto delle verità e interessati a me), e lui non può più vedermi come la mammina, cioè deve essere attivo anche lui. Ad esempio questa estate ho inviato sia Ermes che Luana a fare un week end qui da noi, ma le cose non si sono incastrate. Cosi gli ho proposto di fare un week end a metà strada io e lui, il 10 ottobre, mi sono spesa molto per tutto questo, ma lui in vicinanza del 10 ottobre non ha detto nulla, pertanto ho dedotto che i tempi non erano ancora maturi per incontrarsi. Ho il desiderio che anche lui senta l’importanza di riavvicinarsi e sia attivo per questa relazione (non posso più tenere insieme i pezzi da mammina, ma lo dobbiamo fare insieme). La scorsa settimana però è stato bello che Ermes mi ha chiamata per la prima volta dopo tanto tempo (forse sapendo della separazione tra me e Adalberto), non ho fatto in tempo a rispondergli. E non l’ho più richiamato perché in quei giorni la stanchezza mi aveva preso tutte l’energia e non sentivo di poter nemmeno alzare un dito, tutto mi sembrava molto difficile. Ora va meglio e intanto inizio da questa lettera che condividerò con i miei genitori, con lui e con Luana, sarebbe stato bello leggerla guardando gli occhi, sentendo la pelle delle mani strette forti, curiosando tra le emozioni. La situazione perfetta non c’è mai, è comunque un inizio per provare a dire le verità, senza incolpare nessuno, o giudicare, o distruggere, ma per provare a ricostruire sopra tante macerie. Penso che la vita, per chi vuole vedere, da sempre molte possibilità, quindi sono fiduciosa che darà anche a me un’altra possibilità per iniziare ad avere amore e non odio e rabbia attorno a me. Caro Ermes, ti voglio molto molto bene.
Elisa