Corso Maestrepolo, rubrica PASQUALINA: I PERCHE’ DELL’ESISTENZA. “Perché i fratelli devono soffrire così tanto, prima di potersi incontrare?” Domanda di Annamaria, riscontro di Debora

Era sempre sotto i miei occhi la domanda rispetto ai fratelli come un’onda tempestosa sì, ma anche limpida.
Forse mi dicevo, sai già tutto, ora che vuoi e stai scrivendo anche un libro su e con lui, Daniele, o forse non sai ancora davvero bene chi sia.
E lo so, sento che sto scrivendo in terza persona, ma lo faccio apposta perché sennò le lacrime di gioia e potente fragilità connesse a noi scenderebbero subito; ecco lo fanno e non si fermano, non le voglio fermare più, perché sono vere e ormai trasformate, tolte da quella sensazione di impotenza che conoscevo assai bene prima di conoscere te Mariano e poi il progetto.
Tu Daniele, che ho amato da subito per il tuo viso dolce e amabile e per il tuo fare di bimbo verace, ti sei fatto volere bene e come gioielli incastonati restano gli episodi luminosi di gioia serena in cui mi facesti vedere in un lampo “ciò che solo tu eri”. nel richiedermi un violino all’età di 6 anni eri curioso e desideroso di sentire il mondo ed io 17enne felice di poterti soddisfare, così come nel donare un mio anellino a una compagna di classe s’avvertiva la tua indole curiosa e lo spirito tuo d’amore.

Oltre a ciò, io già sapevo fin dai miei 14 anni che no, più in là proprio non avremmo saputo andare per esplorare parti inedite e in crescita. Troppi, smisurati i tagli di cui nemmeno i nostri genitori sono consapevoli e hanno trasmesso a noi; avrei tanto desiderato che sì, qualcuno potesse nel mare più tempestoso del tuo Graal adolescenziale urlante dolore vivo qualcuno o qualcosa potesse salvarci; e invece no, venne mamma Psichiatria al capezzale della nostra mammina vittima agonizzante cui nemmeno babbo poté porre rimedio soltanto perché tu aspettavi quel sincero contenimento di abbraccio morbido che io già sapevo non esserci. Non bastò nemmeno averti tracciato la via dell’andare verso i sogni miei studiando fuori casa perché al momento della mia laurea, il tuo percorso di vita si fece “anello diabolico” senza se e senza ma e ame non restava che abbandonarmi alla spes forte di un “forse ora i miei guarderanno a loro stessi”. E sì, sei stato maestro anche in quello, nel dirmi che coi fatti, con le tue azioni, col tuo sacrificarti che occorre aspettare e saperlo fare per scorgere i frutti del lavoro intriso di lacrime e sangue che già avevo svolto tempo prima.
Il tempo però, il chronos non aspettava noi che crescevamo distanti e distinti e sai avrei voluto viverti e non sapevo come,(tu confinato in quei posti lugubri e biancastri come le residenze psichiatriche)e fino a che la mia rabbia intensa e ancestrale non ha iniziato a rompere lapidi di negativo e croci della matrioska familiare che non sapevano terminare; poi da quando è nata Angelica tu eri rifiorito, segno che scorgevi la linfa di nuova vita scorrere in te. HO creduto allora con più veemenza ancora, che qualcosa di miracoloso fosse possibile e ho incontrato dal web prima e dal vivo poi, il progetto di cui ora anche tu sei parte integrante. Nell’avvicinarmi alla festa della Guk sento che tutta la parte di mamy Debora da pochi anni ha lasciato spazio a quella sorella entusiasta e desiderosa di danzare il ballo più intenso che esista, come un 8 sdraiato a terra, come l’Infinito che tutto conosce.

È per essere la relazione tra i genitori come coppia povera sui piani della piramide individuale che il rapporto tra fratelli non può completarsi e incarnarsi appieno allora.
Trovo che le rincorse uno verso l’altro non bastano se almeno uno dei due non si mette in viaggio cara Annamaria; io l’ho fatto con la ricerca e l’Albero della conoscenza, ciò che mi auguro ora è che anche Mattia segua per altre vie tutte sue di vedere il senso radicale che come eroe Nicola ci ha mostrato nell’essere Maestro e specchio di tanti di noi, anche mio.

Ti abbraccio, Deboradice

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