Riflessioni di Nicoletta sulla ripartenza a scuola: “Le difficoltà ci sono ma il cuore che pulsa e la ricchezza dello scambio non ha uguali per me”

RIPARTIAMO A SCUOLA CON L’ASCOLTO

Ricomincerà la scuola in presenza per tanti bambini, ragazzi, giovani e insegnanti assieme a tutte le figure che ci lavorano con tanto impegno.

Abbiamo, o meglio stiamo completando le ultime cose nelle classi che a differenza degli altri anni non sono i cartelloni di benvenuto oppure gli addobbi con palloncini e festoni ma organizzare le aule con tutte le misure di sicurezza anti-Covid.

Dalle mascherine ai disinfettanti, alle frecce che indicano a terra le direzioni, ai cartelli sui muri che ripetono 100 volte come stare in sicurezza nelle aule, all’organizzazione per la scansione delle classi lunedì e poi chi, come, perché, cosa fare e chi ci deve stare??? Tanti interrogativi da risolvere in tempo record.

Già per questo ci potremmo fare un grande applauso e non per vantarci ma perché non è facile riuscire a mettere insieme una ripartenza così rigida con l’accoglienza di bambini che da mesi non vedono compagni, maestre e non vivono l’ambiente scolastico, per non parlare di chi si accinge ad entrare in un nuovo ordine di scuola per la prima volta.

Io credo fermamente che non ci dobbiamo far prendere dalla paura e dimenticarci che questi bambini hanno bisogno di cura e accoglienza, di sorrisi e speranza, di ascolto per ricominciare insieme e non solo di regole e rigidità.

Il mio percorso come insegnante-ricercatrice di nuove strade più vicine alla profondità delle relazioni tra i bambini e noi insegnanti mi pone davanti questa finestra dalla quale vorrei che guardassimo in tanti.

Ripartiamo dal non poterci toccare e stare vicini ma ponendo l’attenzione su quanto invece sia importante il contatto con il corpo e le emozioni che si trasmettono.

Su quanto una carezza che oggi non possiamo fare in classe ha potuto e potrebbe rinforzare l’autostima di un bambino e come un abbraccio possa essere consolatore.

Ho fatto sempre tanta difficoltà nelle scuole in cui ho lavorato a far comprendere quanto sia importante “PERDERE TEMPO” sull’ascolto e l’aspetto emotivo dei bambini, su quanto loro sono il metal-detector di ciò che non va bene in una classe e che ti spinge a trovare nuove strade e come un negativo può trasformarsi in opportunità di cambiamento soprattutto in una classe difficile.

Oggi in mancanza di tutto ciò mi piacerebbe che riflettessimo su quello che un’emozione alla quale si dà la possibilità di esprimersi, soprattutto in un ambiente scolastico, può trasmettere e trasformare ma anche sciogliere.

Noi adulti il più delle volte abbiamo paura delle emozioni, ci siamo dimenticati di come per un bambino l’espressione di un’emozione è qualcosa di semplice e di come un bambino riesce ad essere veloce nei passaggi, a trasformare, ad intuire anche se noi adulti ci teniamo, siamo veri e quanto ci crediamo alle loro potenzialità e specificità, anche se non è in linea con la nostra idea di bravo alunno.

Mentre comincio a scrivere proprio di fronte al mio balcone c’è una bambina bengalese che piange, spesso questa fanciulla la sento piangere forse perché è tanto il tempo che si è passato in casa con le tante paure e privazioni, tante sono state le volte in cui ci siamo salutate e fatto delle smorfie con il viso, per giocare un po’, tante sono le volte che ho scambiato sorrisi e sguardi con le donne bengalesi affacciate ai balconi nel quartiere archi di questa bella città di Ancona.

Questi sorrisi e sguardi possono sostituire anche il contatto in questo periodo e allora facciamoceli.

Credo che i bambini siano stati quelli che hanno sofferto di più la chiusura delle scuole perché quest’ultima per molti ragazzi rappresenta una seconda famiglia, un’altra possibilità per esprimersi e stringere legami che poi ce li portiamo dentro per la vita.

Se ci si soffermasse solo per un po’ a riflettere su ciò che in un gruppo classe al di là dei ruoli e delle classi sociali, cultura, lingua, nasce, matura e talvolta muore per dar vita a nuove prospettive e alle tante dinamiche che avvengono tra gli alunni, tra noi insegnanti e ai legami che si stringono, credo proprio che si penserebbe meno a tanti aspetti superficiali.

La punta di un iceberg che si vede è solo l’otto per cento di una situazione, di una relazione o di un comportamento ma  non è la profondità di un alunno o di un collega, oppure di un genitore, non è ciò che muove al di sotto di una relazione, di una dinamica, di un comportamento proprio per questo è importante creare un contesto che si esprima per poter guadagnare tempo.

La scuola nella quale insegno come struttura non è nuova e bella all’apparenza, tutt’altro, ma ha la grande ricchezza di accogliere tanti bambini provenienti da diversi paesi e che hanno deciso di vivere in questa città che ai genitori ha dato l’opportunità del lavoro e quindi molti di questi bambini dalla pelle scura e dalle abitudini e tradizioni diverse dalle nostre ma altrettanto ricche sono nati qui in Italia e ci sono bambini di prima e seconda generazione.

Questo carattere multiculturale fa risuonare ancora di più l’importanza delle emozioni e di manifestarle.

Le difficoltà ci sono ma il cuore che pulsa e la ricchezza dello scambio non ha uguali per me.

A maggior ragione in queste scuole che rappresentano per i tanti bambini un’opportunità profonda di scambio e crescita sarà importante avere a cuore e condividere gli stati d’animo, supportarsi con autorevolezza amorevole, valorizzare le diversità perché è in queste ultime e nel valore di ciò che io non conosco e lo faccio mio e utilizzo anche per la mia vita  che mi arricchisco.

In questo nuovo inizio senza toccarci e toccare oggetti, senza condivisione del materiale io auguro a noi insegnanti di essere Maestrepoli, una parola nuova che mette insieme maestri e discepoli, di uscire anche dal ruolo e di trarre suggerimenti dagli sguardi dei nostri bambini, dalle difficoltà che hanno incontrato in questi mesi e dall’ascolto del loro raccontarsi in modo che le paure diventino soglie da poter attraversare insieme.

Non ci mettiamo da subito con la fretta di recuperare il programma ma cerchiamo di PERDERE TEMPO per ricominciare con la leggerezza e poi sarà tempo recuperato che velocizzerà anche l’apprendimento.

Prima dell’estate, finito il lock down, una famiglia del Sudan mi ha invitato a cena a casa loro.

Abitiamo nello stesso quartiere e la figlia J. viene nella mia classe.

Io ho accettato subito perché ho sentito che era importante per loro avermi a casa dopo i  mesi di chiusura.

Il padre mi ha detto che non mi dovevo sentire che mi aveva chiamato perché ero la maestra della figlia ma perché volevano conoscermi meglio.

Per loro è stato un gesto di gratitudine nei miei riguardi.

Comincio con questa storia perché per me nelle parole di questo padre sudanese c’è il senso di quello che dovrebbe essere il rientro a scuola a settembre per tutti noi.

Esserci grati per ciò che siamo riusciti a fare e scambiare fino ad oggi e avvicinarci, per conoscerci meglio, più da vicino si dice a casa mia e procedere con cura in questa fase difficile .

Nicoletta

AI MIEI ALUNNI

Finalmente ti rivedo, non mi posso avvicinare ma attraverso gli occhi e la mia voce potrò farti sentire il calore di un abbraccio che ti trasmetterò con le mie emozioni.

Finalmente tutti insieme ad ascoltarci e parlare, non potrò dire prendiamoci le mani e facciamo un grande cerchio ma avremo occhi e orecchie per entrare e uscire dalle nostre storie.

Finalmente riapriremo i quaderni per scrivere e sentirò le vostre voci mentre leggete e mi chiamate e io vi sorriderò felice di poter continuare a progettare e costruire insieme.

Tra non molto ci potremo riabbracciare e dare la mano, fare una carezza, giocare e saltellare, darsi un bacio e così anche quel bambino, ragazzo o adulto che era un po’ distante da tutto ciò, si ricrederà, perché cosa più preziosa non c’è quando ti dono il mio affetto stringendoti a me.

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