Corso Maestrepolo, rubrica PASQUALINA: I PERCHE’ DELL’ESISTENZA. Perché si diventa timidi? Domanda di Mara, riscontro di Nicoletta
Perché si diventa timidi?
Nella mia pre-adolescenza e adolescenza pensavo di essere nata con la mia timidezza e che lei fosse nella mia pelle e nei miei geni, diventavo rossa paonazza ma non erano altro che le mie emozioni, così se mi spingevo in qualcosa che mi faceva emergere o qualcuno mi faceva un complimento, venivano fuori e allora preferivo stare dietro le quinte perché quando risalivano, erano un miscuglio di tanti bisogni e desideri che non riuscivo a governare e a sentire un positivo per me.
Pensavo di essere nata così e che non sarei mai uscita da quella condizione.
Timidezza racchiude in sé il desiderio e la paura, il temere di essere anche svelati rispetto ai desideri e Temere che l’esterno possa sanzionarti e ferirti.
La timidezza per me è stata la maschera dietro la quale ha rimbombato una grande svalutazione.
Nella mia infanzia apparentemente ero più libera ma la celavo con l’euforia infatti mi chiamavano pazzerella, ma parliamo di due facce della stessa medaglia.
Una timidezza così manifesta ti chiude anche rispetto proprio all’analogico e all’improvviso ti ritrovi ad ascoltare tutto, vedere e sentire ciò che hai attorno ma a non parlare perché non credi che le parole tue o il tuo sentire abbiano una risonanza rispetto all’esterno.
La timidezza per me copre una grande svalutazione e un non riconoscimento delle figure genitoriali nelle nostre parti più specifiche.
La timidezza è l’assenza di un holding rassicurante, un’accoglienza delle nostre parti più specifiche, un holding che te le faccia riconoscere ma può diventare anche una copertura per non voler lasciare parti infantili che non ci fanno esporre.
Attraverso il mio lavoro d’insegnante sono riuscita a risanare molti aspetti legati alla mia timidezza e a sciogliere FUK legati proprio alla mia infanzia muta a scuola.
Ho cercato di accompagnare tanti bambini a poter manifestarsi proprio perché so quanto dolore c’è sotto, al posto delle parole ho utilizzato altri codici: gli abbracci, le carezze, uno sguardo, un gesto, uno scossone fatto per gioco ma che era di risveglio.
Poi ti accorgi che all’improvviso intravedi una fessura nella quale puoi osare e fare un passaggio con le parole e anche accogliere ciò che a me non piaceva o non era conforme alle attività proposte ma per quel bambino che inizia a esprimersi lo è.
I bambini più timidi che sono riusciti ad emergere sono stati quelli che hanno scritto poesie meravigliose o testi personali ricchi e profondi.
Ad un certo punto, la timidezza va affrontata, attraversata ma c’è bisogno di un contesto di cui ti fidi altrimenti è una cosa simbolica oppure di qualcuno che ti vede e ci tiene a te e che crede a ciò che neanche tu conosci o vedi più, una persona che te la senti vicina.
La timidezza effettivamente è un comportamento, un atteggiamento che si assume anche con il corpo quando il proprio maschile è stato schiacciato.
Riconquistarsi un maschile e quindi esporsi fregandosene dell’esterno ma cominciando a volersi bene è un percorso non facile ma io non conosco un’altra strada perché la chiusura, il silenzio, la paura, il non esprimersi poi ti portano a stare male e a non scegliere, a non sentirti quella forza vitale che il calore di chi è vicino alle tue profondità ti dona e ti spinge oltre la fessura…
Nicoletta