Corso Maestrepolo, rubrica PASQUALINA: I PERCHE’ DELL’ESISTENZA. Perché si diventa timidi? Domanda di Mara, riscontro di Maria Agnese
Perché si diventa timidi?
Bella domanda! Quante volte mi sono chiesta perché mi sentissi a disagio, perché arrossissi appena qualcuno si interessava a me, perché mi vergognassi di mostrarmi in pubblico, di esprimere la mia opinione, di farmi notare.
Quante occasioni perse per colpa della timidezza. Come lo sono diventata?
L’ambiente in cui sono cresciuta era molto chiuso, patriarcale, rigido, maschilista che non dava nessun valore alle figlie femmine. I miei genitori sono cresciuti in un piccolo paese del Molise e, nonostante fossero emigrati in una grande città, non si sono mai adattati alla mentalità e alle abitudini più moderne e si sono portati dietro la mentalità del villaggio mondo.
Mia madre, che era l’unica con la quale avevamo un po’ di dialogo, se così si può chiamare, ci diceva sempre, a me e alle mie sorelle, che le donne avevano la strada già segnata: sposarsi, partorire, crescere i figli e mandare avanti la casa. La prospettiva mi faceva paura e mi metteva tanta inquietudine sul futuro. Il fatto di non essere vista e non ricevere riconoscimenti è sicuramente alla base della mia timidezza. Oltretutto non avevamo contatti sociali e quindi non c’era nessuno con il quale poter scambiare e confrontare le idee. Un mondo di solitudine.
Quando ho cominciato ad andare a scuola, le cose anziché migliorare sono peggiorate: mi sentivo diversa dagli altri, mi vestivo in modo diverso, parlavo il dialetto molisano e la maestra mi correggeva e io sentivo che non andavo bene, mi sentivo inferiore agli altri, inadeguata in quell’ambiente. La stessa svalutazione che sentivo in famiglia la sentivo anche all’esterno della famiglia.
Quando ho cominciato le scuole superiori in un paese diverso da quello dove abitavo, sembrava che stesse cambiando qualcosa, mi sentivo più sicura di me nonostante mio padre mi bloccasse tutte le iniziative e i rapporti sociali, soprattutto quelli verso i ragazzi e questo è stato un grande motivo di scontro tra noi. Poi il matrimonio, il lavoro, la maternità. Nonostante gli impegni sociali, mi sono resa conto che la timidezza continuava a perseguitarmi anzi, mi sembrava che peggiorasse con il passare del tempo. E quante occasioni evitate per evitare l’imbarazzo di arrossire. Ho continuato a sentirmi svalutata per tanto tempo. Le cose sono cominciate a cambiare soltanto quando ho cominciato a lavorare su me stessa e a mettermi in dinamica con gli altri soprattutto grazie al Metodo alla Salute.
La timidezza nasce soprattutto perché non siamo collegati al nostro ontologico e non riusciamo a vedere il nostro valore. Dovremmo essere accompagnati da chi ci è già passato e ha vissuto le nostre stesse paure, soprattutto i genitori, ma non sempre chi ci è già passato e non ha ricevuto aiuto è in grado di aiutare gli altri. Anzi, spesso, come nel mio caso, ma in quello di tanti altri, sono proprio i genitori che ci bloccano, già nell’infanzia, che ci creano i puk, che non riescono a riconoscere il nostro valore, che ci umiliano. Neanche io come genitore sono riuscita ad accompagnare le mie figlie, a renderle sicure di se stesse, a farle sentire valorizzate però, a differenza dei miei genitori, forse sono ancora in tempo per rimediare.
Maria Agnese