Corso Maestrepolo, rubrica PASQUALINA: I PERCHE’ DELL’ESISTENZA. Perché si diventa timidi? Domanda di Mara, riscontro di Eleonora
Perché si diventa timidi?
Cara Mara, bella domanda!
Per quello che mi ricordo io quando ero piccola ero molto timida, alle elementari osservavo e ascoltavo tutto e non riuscivo a parlare, non riuscivo a mettere in fila due parole di senso compiuto. Era come se il cervello non fosse collegato alla bocca per poter esprimermi. Capivo, ma non ero in grado di rispondere. La cosa peggiorava quando i miei compagni mi deridevano e io rimanevo come inebetita ad ascoltare senza sapere come rispondere, mi si poteva fare tutto, tanto ero un muro di gomma.
Un giorno, una bimba mi diede una spinta ed io rotolai dalle scale rompendomi un dito e non dissi nulla! Forse ero più che timida…
Comunque, credo che la mia condizione era il risultato di non aver avuto specchi riconoscenti, mai nessuno mi diceva brava se mi sperimentavo in qualcosa di nuovo, anzi l’importante era che non dovevo sporcare così mia madre aveva meno cose da fare (con tre figli e un marito che lavorava era sempre a sistemare e pulire ed era sempre nervosa), non dovevo dare fastidio e farla preoccupare. Regola numero uno era: non dare fastidio a mamma se no si incazzava! E allora quando volevo esprimere i miei bisogni non c’erano quarte dimensioni per me, non c’era un femminile che mi accoglieva. O che mi spingeva a provare a mettermi in gioco per il piacere di sperimentare… Tutto doveva riuscire in modo perfetto al primo tentativo, sono stata cresciuta da un maschile aggressivo che, al mio esprimere il bisogno, invece di soddisfarlo con amore, veniva verso di me con rabbia (la rabbia di mia madre) che quindi mi ha bloccato mi ha fatto chiudere per paura di essere aggredita.
Ricordo invece che mia nonna mi viziava moltissimo da piccola e quindi non ero in grado di esprimere i miei desideri perché lei li anticipava secondo una sua I.De.A. (Interpretazione Delirante Allucinatoria) che non corrispondeva di certo con i miei bisogni reali, perciò non sono neppure stata abituata ad esprimermi.
Quando cominciai a parlare, sempre mia nonna, mi correggeva perché dovevo parlare bene l’italiano e non il dialetto. Così tra specchi disconoscenti, maschili aggressivi e nonnine iper protettive, i primi anni della scuola ero una bimbetta timida e impacciata, chiusa dentro l’angolo alfa della mia famiglia di origine con la paura di uscirne perché potevo essere giudicata male o dare fastidio agli adulti.
Penso che la timidezza sia il risultato di mancanza di Quadrangolare e Homelife, che sono gli ommatidi delle radici dell’albero della vita in viaggio. Se non fai il beta-gamma e ti fermi all’angolo alfa, e se nessuno ascolta il tuo stato quiete per poi suonare tutte le altre note di una dinamica – Mi (cesso), Fa(cucina), Sol(transitare), La(festa), Si(riposo) – rimani ferma, non viaggi, rimani bambina per alcune parti, le parti dello sperimentarsi nelle relazioni e nello scambio, che ci fanno crescere. E rimani timida pensando che gli altri, più adulti di te, sono migliori.