Corso Maestrepolo, rubrica PASQUALINA: I PERCHE’ DELL’ESISTENZA. Come faccio ad accorgermi… Domanda di Moris, riscontro di Cristiano

Grazie al percorso nella fondazione lavoriamo per mettere in relazione la nostra maschile a servizio di quella femminile. Ma come faccio ad accorgermi se sono diventate parti in competizione e quindi come posso rielaborare per procedere in armonia?

Come sappiamo il Maschile può essere associato all’arco di destra, all’arco dell’exposing del CEU mentre il Femminile all’arco di sinistra, quello della conoscenza, della meiosi, dell’holding. Entrambi possono essere ipertrofizzati ai vari livelli del Pira-Graal e vissuti in modo ascendente o discendente. Nella modalità discendente si seguono i dettami dello “Io devo” come nelle metamorfosi di Nietzsche. Ad esempio, sentendomi profondamente insicuro e con bisogni-desideri-paure profonde posso ipertrofizzare il Maschile per difendermi, per chiudermi, per non farmi invadere in quanto mi sento molto vulnerabile ed in pericolo di morte. E questo posso farlo inviando messaggi espliciti o impliciti di “stare alla larga”, di far vedere a tutti i costi di essere forte, impenetrabile, senza bisogni e fragilità. Di proclamare slogan a mo’ di pavone che per intimorire i nemici apre la sua grande coda colorata. In realtà dietro c’è da leggere “Ti prego, vedimi! entra dentro di me con delicatezza e amore! Nutrimi!”. Lo stesso si può fare con il Femminile: mostrare di essere estremamente disponibile, aperto, sempre pronto a dispensare aiuti e consigli. Questo non è (solo) perché siamo “grandi di cuore” o pieni di tanto amore per il prossimo. Questo spesso lo facciamo perché abbiamo il terrore di perdere le relazioni, di rimanere da soli, di essere abbandonati-non considerati-sanzionati nonostante tutto il nostro darci da fare. Abbiamo paura di perderci e di perdere un’identità che evidentemente è ancora eteroreferenziale, almeno per come ci percepiamo, non lasciando spazio al nostro reale valore.
Quindi viversi il Maschile o il Femminile in modalità discendente secondo me è strettamente legato a questi tre elementi: paura, eteroreferenzialità e selezione del bisogno “indotta”.
Esprimiamo in maniera schizofrenica-discendente il Maschile e/o il Femminile quando ci identifichiamo con i nostri fuk, con le nostre mancanze che diventano psicotiche, quando abbiamo paura e saremmo disposti a tutto pur di ricevere un po’ di riconoscimento dall’esterno, dove per riconoscimento intendo anche quando speri che qualcuno, al posto tuo, ti faccia riconoscere il tuo punto mitotico, il valore che hai, che non sei sbagliato, che non fai schifo, che vai bene, che non ti lascia da solo. Questo ci porta a non contattare-selezionare in profondità, e soprattutto con amore verso noi stessi, il nostro bisogno, in quanto noi per primi diventiamo i peggiori giudici di noi stessi e preferiamo rimanere in balìa dell’esterno che seleziona i bisogni al posto nostro, così rimaniamo sicuri che non stiamo “sbagliando”. In questo caso Maschile e Femminile diventano due modalità estreme che non riescono a convivere insieme, due opposti esclusivi in cui identificarmi ma che da soli producono poco e portano a svuotamento.
Come è possibile quindi unire i due opposti e farli danzare insieme? Aggiungendo i due salti quantici.
E’ proprio il Salto Quantico Precipiziale (SQP) che mi consente di de-psicotizzarmi dal maschile (che nel frattempo si è svuotato) creando i presupposti per ricaricarmi. Nel SQP mi umilio ad accettare che la mia identità/punto di vista, che strenuamente ho difeso e difendo, probabilmente va rivisto, va rimesso in discussione. E’ proprio allora che mi apro al Femminile. E’ proprio allora che posso intravedere il “dammi che mi riconosca, dammi che mi possa amare sempre più”. E’ lì che mi ricontatto, è lì che mi amo a prescindere da tutti gli specchi (non) ricevuti, è lì che seleziono io stesso, in profondità, i miei bisogni e libero il mio vero Maschile a favore del Femminile. Per cui mi piacerebbe caratterizzare questo passaggio con altre tre espressioni: seleziono in profondità e “solitudine” i miei bisogni, ricomincio a vedere i miei desideri ed inizio a diventare autoreferenziale.
Ma se mi fermo qui rischio di costruire e distruggere all’infinito, di dissodare la terra, seminare, e poi ararla di nuovo. Questo perché ho paura di definire la mia nuova identità, il mio nuovo angolo alfa, il mio nuovo Maschile. Perché l’arco meiotico è anche la fase in cui mi riapro a infinite possibilità e questo mi fa sentire più vicino alla tanto agognata “Fusionalità” che però intreccia in maniera infinita, dinamica, complessa. Ma noi non siamo la fusionalità ed in un certo senso dobbiamo “incarnarci” di nuovo, scegliere, ritagliarci uno “spicchio” di quella Fusionalità definendoci in un nuovo spazio-tempo. Definirsi in un nuovo spazio-tempo porta di nuovo al concetto di responsabilità e di rischio e significa ammettere che ogni scelta porta anche a perdere ma che questa è anche la premessa per ricominciare ancora una volta il “giro”, il Viaggio in cui, questa volta il Maschile sarà al servizio del Femminile.

Cristiano

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