Celeste: “La gelosia è un’ombra, un sospetto, un pensiero fisso e compulsivo”
La gelosia era legata alla mia insicurezza, ne era una diretta conseguenza. Ero gelosa perché non avevo un buon rapporto con me stessa, cercavo molto le conferme, l’approvazione degli altri, non avevo stima di me, pretendevo anche, ero autoritaria.
Sotto c’era una grande paura, mi sentivo minacciata perché mi rendevo conto che dentro avevo un grande vuoto, ciò che vedevo mi sbatteva in faccia i miei limiti, mancanze, ciò che avrebbe potuto minare la mia sicurezza, intaccare il mio equilibrio. La gelosia fa leva sui tuoi punti deboli, ti contrappone agli altri che tu vedi come forti, superiori a te.
La gelosia non è mai appagata, è un modo di vedere proprio, una lente. E quasi mai corrisponde alla realtà, è un po’ “drogata”, “allucinata”!
Ricordo che covavo rabbia, mi innervosivo, “ribollivo” dentro, non controllavo le mie emozioni, non accettavo di passare in secondo piano, non volevo rinunciare al mio narcisismo, al mio “Io sono”!
Certe situazioni andavano a toccare i miei codici profondi, anche le mie esperienze infantili, mi “smuovevano”, scatenavano un comportamento irrazionale, istinti animali.
Soprattutto mi metteva in crisi e questo era il problema! Prendevo atto che anche la mia femminilità era molto carente, che non mi esprimevo come donna e che la relazione col mio ex, Andrea, faceva intravedere molti buchi, punti deboli, c’era anche asimmetria. Lui era dominante, io non contavo molto nel rapporto.
Nell’entrare in contatto con l’esterno si evidenziava questa parzialità, quest’equilibrio precario, perché io ero troppo dipendente da lui, non esprimevo affatto la mia personalità. Infatti mi sentivo sempre un pesce fuor d’acqua.
Io mi ero troppo identificata con lui, annullata anche. Non avevo mantenuto un rapporto con me stessa, non c’era distinzione, ero un suo prolungamento. Credevo erroneamente che lui potesse rimpiazzare l’amore che non avevo avuto abbastanza dai miei, di aver trovato la soluzione ai miei problemi, il porto sicuro, colui che riusciva a darmi tutto quello di cui avevo bisogno.
Ecco perché poi lo volevo “tutto per me”, perché gli avevo dato un ruolo, un compito più grande di quello che effettivamente aveva. Avevo proiettato in lui tante mie aspettative, desideri, bisogni.
E poi, quando sono caduta, mi sono fatta molto male, è stato un grosso scossone, perché poi ti rendi conto che la realtà è ben diversa e ci sbatti la testa contro.
Ritengo che la gelosia sia un fatto personale, anche attinente alla nostra autoreferenzialità. Perché dipende da noi se farci condizionare troppo da fatti, persone esterne o cercare in noi la sicurezza, prendercela per non farci definire dagli altri, per non farci dire da loro chi siamo.
Anche perché credo che una relazione non possa basarsi sul controllo, sullo stare sempre attenti, altrimenti saremmo più delle guardie del corpo.
Possiamo soltanto dare all’altro buoni motivi per stare con noi, essere attenti, ascoltare, accogliere anche le debolezze dell’altro, amarlo così com’è.
Almeno credo che non si possa agire “per difetto”, vedendo l’errore, quando uno inciampa, ma agendo in positivo, costruendo, mettendo mattoncini, non con la tensione, la paura, l’incertezza, la mancanza di fiducia.
Anche perché questo non cambia granché la situazione, agisce sull’effetto, non sulla causa, quindi non risolve. Spesso difendiamo più il nostro orgoglio che il bene della relazione, temiamo di essere rimpiazzati, di perdere.
Certo non affidarsi e fidarsi completamente è buono, stare accorti, evitare situazioni equivoche, persone ambigue, anche mettere paletti, difendersi il proprio territorio. Le due cose però non vanno confuse, cioè non fare di tutta l’erba un fascio, distinguere la propria insicurezza, timore da un pericolo reale.
Crescendo in questo riesci anche a valutare e vedere meglio, perché sei più distaccata.
Io non ero neanche sicura del mio sentimento verso Andrea, ero incapace di amare e anche questo mi provocava dubbi, mi faceva vacillare.
Mi innervosivo perché il mio era un amore possessivo, lo vedevo come proprietà, oggetto, quindi non tolleravo che lui avesse “libertà d’azione”, volevo tenerlo sotto il mio dominio, comandare. Era una forma d’amore egocentrica, perché non lasciava libero l’altro, e anche molto infantile.
Certo anche lui non era cresciuto, era molto indefinito, dismaturo e non era un libro aperto, aveva molte ombre. E questo complica le cose, perché nessuno dei due riesce ad accogliere ed essere tollerante e devoto verso l’altro.
Questa sua ambivalenza pure incideva, perché anche se lui si mascherava dietro il sorriso, la parola, la cordialità, i vestiti firmati, in realtà si sentiva la sua doppiezza, anche se io allora ero certa di lui, lo vedevo affidabile. Poi ho capito che spesso la realtà non è come appare.
La gelosia è un’ombra, un sospetto, un pensiero fisso e compulsivo che ti fa rimuginare, ti tormenta, ti “assedia”, ti mette ai margini, ti prosciuga vitalità, energia, forza.
E’ una faticaccia, uno sporco lavoro, ti distoglie da te, dal bene più prezioso che hai, la vita, non ti fai più le carezze, non ti abbracci, non ti dai valore e dignità.
Ammetti che tu non vali, che hai perso, che non sei all’altezza, che sei sprofondata e non vedi via d’uscita.
Ti assorbe energie, è come una sanguisuga, ti rode il fegato, si nutre dei tuoi organi, tessuti, ti avvelena, ti riempie di risentimento, ti fa ammalare, è distruttiva. E’ un delirio che non ti fa vivere la realtà, ti distanzia, non ti fa sentire la tua vita.
Ho impressa nella mente la sensazione di fallimento, disfatta, di “nullità”, mi sentivo in colpa per quello che provavo, perché un po’ mi rendevo conto che ero “caduta in basso”, ero sprofondata, vedevo come mi ero “ridotta”, mi facevo pena, schifo.
La mia vita era diventata ben poco, la subivo, non ero più parte attiva. Avvertivo il senso di impotenza, mi sentivo in gabbia, rattrappita, isolata, non vedevo il mio posto nel mondo, ero allo sbaraglio.
Ero nella barca piena di paura, paralizzata, allora mi sentivo frustrata, mi disperavo, perché sentivo l’acqua alla gola, perché capivo che ero in un mare di “merda”, che, rispetto agli altri, ero tanto limitata, parziale, repressa. Mi sentivo vecchia, senza entusiasmo, passione, desideri.
Vorremmo anche noi quello che vediamo negli altri, perché non ci sembra giusto, perché in fondo anche noi ci teniamo alla nostra vita.
Col senno di poi credo che la gelosia mi abbia fatto vedere i miei limiti, mi abbia “aperto gli occhi”, anche se duramente, mi ha fatto crescere.
In questo senso è stata positiva, sarebbe meglio non darle un’accezione negativa, vederla come una vergogna, peccato.
Alla fine, anche se è stata una delusione, mi ha aiutato a non irrigidirmi, a cambiare strada, direzione, ad essere anche più realista, a non accanirmi, a non idealizzare anche, perché è preferibile confrontarsi con la realtà, farci i conti. Anche per piegarmi io agli avvenimenti, non loro a me, perché è anche più naturale. Anche perché la realtà prima o poi ti presenta il conto, non possiamo opporci, eludere ciò.
Non possiamo farci un’idea della realtà e rimanere fissi in quella. Io, in maniera infantile, ho visto solo una parte del mio ex, quella “bella”, piacevole, anche più comoda, ma era quello che io volevo vedere.
Ma, quando si vive la relazione in maniera virtuale, astratta, “sballosa”, è una finzione, teatro. Si recita una parte ma poi cala il sipario e rimani al buio, dietro le quinte, tra i costumi di scena, la polvere, le maschere e la favola svanisce, rimane solo l’amaro in bocca, non ci sono applausi.
Insomma mi ha aperto gli occhi, è stato un campanello d’allarme, mi ha allertata, mi ha fatto capire che in me qualcosa non andava, che c’erano cose da rivedere, che ero ferma, che dovevo ripensare la mia vita.
Io sentivo un grande freddo, desolazione, non mi riconoscevo più, ero una “radiografia”, ridotta all’osso. Vivevo ossessionata dal confronto-differenza, mi paragonavo continuamente alle altre, non ero mai apposto, mai all’altezza, ero sempre in gara, non accettavo che le altre potessero superarmi.
Spesso le vedevo come rivali, soprattutto esteticamente, non riuscivo a condividere, scambiare in maniera profonda.
Infatti non avevo amiche perché la mia relazione d’amore era esclusiva, totalizzante.
Un po’ prima di stare male, ero ancora più gelosa, ricordo anche verso mia sorella Pina che lavorava nel negozio di Andrea, dubitavo di tutti, mi sentivo inferiore, temevo, ero instabile emotivamente, interpretavo tutto in maniera negativa, ero accecata.
Perché non avevo una vita piena, di emozioni, vivevo solo di rappresentazioni, idee, quindi ero molto insoddisfatta, frustrata e inacidita.
Pensai che così non poteva andare, che non mi sopportavo, che la mia vita non era più degna di questo nome, mi vergognavo di me stessa, di quello che avevo combinato alla mia vita, di come l’avevo ridotta.
Questo mio “toccare il fondo” mi aiutò a riflettere, fare teoria, fu uno schiaffo in faccia che mi costrinse a fermarmi, pensare agli errori, “ricongiungermi” con me stessa, “ritrovarmi”.
Anche da queste cadute si può imparare, credo che facciano parte della vita, che tutto serva, tutto contribuisca a quello che siamo oggi.
Un sentimento considerato poco onorevole come la gelosia mi ha insegnato a vivere, a capire cosa non voglio, cosa è giusto o sbagliato, cosa lasciare e cosa intraprendere. Ha avuto una sua funzione.
Purtroppo ci insegnano a negare tante cose, a non affrontare i nostri lati oscuri, a rinnegarli.
Allora dobbiamo fingere perfezione per tutta la vita, di essere puri, puliti come insegna la morale cristiana.
Ma ritengo che, per procedere, occorra fare su e giù, andare agli Inferi e risalire, per conoscerci e capirci meglio, per sporcarci e fare davvero esperienza delle cose.
Non penso che si possa vivere ripetendo “la lezione a memoria”, ma più improvvisando, addentrandosi, vedendo più in profondità, essendo più dentro le cose, anche sbagliare, non avere tutte le carte in regola, risultare antipatici, non adeguati, capaci, buoni, bravi, belli.
Dovrebbero insegnarci le vie di mezzo, a “sbagliare”, mostrarci esattamente per quello che siamo, a non nascondere gli errori, i fallimenti, le “cadute di stile”, ma vederle come cose ordinarie.
Poi è bello anche riuscire a dare senza aspettarsi niente, perché dà pace e ci rende liberi.
La gelosia è un cortocircuito, ti fa andare in tilt, è un circolo vizioso, una gabbia per topi, è fine a sé, non serve, non ha sbocchi, non dà prospettive, è un vicolo cieco.
Mentre penso che l’amore scorra, non occluda, non straripi, perché si autoalimenta, è solido, è fermo, non è “ballerino”, cerca in sé le certezze, è “senza pensieri”, è leggero, è “incosciente”, “ride di sé”.
Celeste