Cascina Boscone, Monleale (AL), mercoledì 10 maggio 2017. X Edizione del Progetto “La Finestra di Babich”: quinto giorno.
Oggi 10 maggio è giornata di luna piena ed anche giornata centrale della X edizione de “La Finestra di Babich”, il giro di boa.
Iniziamo con una lambada di Tiziana, accompagnata da Prisca e altre donne ad esprimere la sua femminilità a partire da sé e non per un esterno.
Stefania poi legge la pillola del giorno: il negativo è importante come il vento per un veliero, non subirlo ed escluderlo ma imparare a sfruttarlo per proseguire il viaggio. Tuttavia il vero cambiamento profondo avviene in mare aperto, quando il vento che ci spinge al cambiamento proviene dal nostro ontologico.
Dopo il pensiero musicale “A mio padre” di Finardi, viene ascoltata Teresa rispetto all’incubo suscitato dal film della sera precedente, che l’ha riportata alla sua scena primaria in cui si è sentita “piccola e svalutata da morire”; anche ora, con l’incarico di presidentessa dell’Alsa Marche, emerge la sua svalutazione ma anche la voglia di transitare verso una Teresa più intera.
Giovanna V. legge le 8 regole di economia domestica: una donna ha il compito di ascoltare lo stato-quiete del proprio uomo e di fare solo cucina, senza permettersi di esprimere i propri bisogni ed il proprio cesso. Questa cultura maschile dominante nel Villaggio-Mondo ha tagliato l’espressione dell’ontologico femminile e tuttavia ha impedito anche agli uomini di esprimere il proprio femminile.
La canzone “Le mani” di De Crescenzo ci introduce al Simbolico della giornata, ovvero il commento della fiaba “La fanciulla senza mani”. Giovanna V. ci spinge a scendere nel codice Analogico attraverso il taglio delle nostre mani, fasciate con calzini e bloccate con nastro adesivo.
Questo porta molte di noi a contattare il proprio codice Bio-organico: il contenimento delle mani porta alcune ad abbandonarsi al sonno accompagnato dalla lettura della fiaba proprio come in un utero, mentre per altre il sonno rappresenta un difesa-resistenza di fronte al taglio di una soluzione quale quella dell’iperattività.
La prima parte della fiaba racconta di come la famiglia di origine abbia barattato parti di Giovanna, la protagonista della fiaba, in cambio di una facile risoluzione ad una loro crisi. In un primo momento, l’ontologico di Giovanna, rappresentato dalle sue lacrime, la difende dall’invasione del negativo, rappresentato dal diavolo che si vuole impadronire di lei.
Tuttavia in seguito è Giovanna stessa ad acconsentire a svendersi alla cultura maschile per assecondare i bisogni della sua famiglia d’origine. Infatti, è proprio il padre a tagliarle le mani con un’accetta d’argento, ma la forza del suo Ontologico è più forte: le sue lacrime lavano le sue braccia così che il diavolo deve desistere dal possederla.
Questa prima parte fa immergere tante donne rispetto ai loro P.U.K. e ai tagli subiti dalla cultura embriogenetica del villaggio-mondo, riconoscendo di aver svenduto a quest’ordine maschile parti loro e vivendo questo con forti sensi di colpa ed anche con un profondo senso di morte.
Continua il commento della fiaba ed inizia la transizione: la fanciulla senza mani non accetta più il compromesso proposto dalla famiglia d’origine, decidendo di rinunciare al castello e così alla sua zona pellucida. Sceglie invece di andare alla ricerca di una sua strada, accettando anche di affrontare l’ignoto della foresta, che rappresenta le sue parti più profonde e non ancora conosciute. Giovanna incontra un Re che s’innamora di lei e del suo Spirito, ma anche la coppia però non è sufficiente a raggiungere un Intero, e per questo ancora la vita e il negativo spingono la fanciulla a proseguire il suo viaggio, separata dal Re.
Dopo aver fatto ancora meiosi ed aver attraversato tanto negativo, Giovanna trova nel bosco un rifugio accogliente, dove accompagnata, può far riemergere parti sue svendute, fino a farsi ricrescere le mani. Solo allora potrà rincontrare il Re, che intanto ha dovuto affrontare le stesse prove per raggiungere il suo ontologico.
Tramite un rito nel bosco, anche noi seppelliamo i nostri Calzini-Moncherini e quindi i nostri tagli, per far ricrescere parti nostre pukizzate.
La giornata si conclude con un suggestivo rito alla luce della luna piena. La luna e i suoi cicli sono legati al nostro femminile e rappresentano un antenato importante. Protette da un cerchio di fuoco e coperte da un velo bianco, ognuna esprime ringraziamenti e scuse ad essa, prendendo anche un impegno rispetto al nostro essere vitonaute e al nostro viaggio alla ricerca di un Ontologico più a partire da noi.
Cit. “E’ possib’l che nu PUK nu teng???” 😆
Ombretta e Mattia