“Il mio di certo non è stato un viaggio facile… Ma se io stesso, da anima flagellata, non avessi incontrato – fortuna vuole – gente che mi illuminava il cammino, starei ancora nel mare in tempesta senza ancora e senza nave, ed è per questo che ribadisco l’importanza di questa prima parte del mio racconto, dedicata proprio a chi è in mare aperto”.

Tutto ebbe inizio la notte di un mercoledì caldo e mite di settembre, nell’anno 1987… quella notte nacque, volutamente desiderato, il piccolo Alessandro, nato dall’unione profonda e amorosa di Ste e Cat.

Si racconta che l’allegria fu grande per tutti i componenti della famiglia: zii, cugini, nonni e anche per la neo-sorella, la tenera Fra.

Tutti insieme desideravano un nuovo arrivo dalle stelle per completare un quadro famigliare che a quei tempi era pieno di luce, amore e comprensione reciproca. 

Andando un po’ indietro… nel grembo materno si stava consumando un dramma… infatti, per la sua già molto prematura iperattività, Alessandro si stava strozzando con il cordone ombelicale, ma per fortuna sua, dei medici competenti e premurosi evitarono il peggio e prontamente proposero, quasi con forza, di far nascere quest’anima così inquieta con il parto cesareo.

E così fu… e mamma Ste, oltre alle indifferenti cicatrici, si ritrovò tra le braccia un piccolo essere che già la guardava negli occhi e la scrutava a fondo per capire chi lo teneva così stretto al cuore con gli occhi luminosi come la Sirio.

Anche papà Cat non scherzava come lucentezza di occhi e gioia nel cuore… un figlio maschio finalmente!!! Così tanto desiderato e finalmente arrivato: per un padre, avere un figlio maschio significava onore, forza e io aggiungo un nuovo alleato.

Per fortuna che oggi riconosco la cultura famigliare dei miei genitori terrestri era ed è perfetta e la meno invasiva che conosco: infatti mi ritengo un essere fortunato, perché se fossi nato in una famiglia con cultura strettamente contadina (limitata) non so che fine avrei fatto… o almeno non sarei quello che sono oggi.

Quella sera era presente anche la tanto amata nonna Rosina, che sarebbe diventata per Alessandro più che una nonna, una seconda mamma. Anche lei emozionatissima all’idea di allevare un altro nipote, di vederlo crescere, giocare e di sognare con lui un futuro radioso: una nonna ormai in pensione e con una dura vita alle spalle non vede l’ora di poter avere con sé un altro pezzo di motivazione per alleviare il carico passato accumulato con il passare degli anni… [cara nonna Rosina mi manchi…]

Sempre quella sera, la tenera Fra fantasticava sul suo nuovo fratellino, lo immaginava e non vedeva l’ora di poterlo avere in casa con lei per non essere più la figlia unica che tanto odiava sentirsi dire. Aspettava quel momento come se doveva arrivare Babbo Natale per portarle un dono…

Insomma, il clima di amore nella famiglia era alle stelle per tutti e il piccolo nuovo arrivato lo percepiva già tutto, lo rendeva già felice e tranquillo, come se fluttuasse in una astronave carica di energia positiva.

Giunse poi il giorno dell’arrivo a casa, che è ancora l’attuale dimora, e Alessandro, non ancora ben cosciente del mondo intorno, ha come punto di riferimento solo la mamma… tutto il resto è ignoto… Sicuramente si sarà chiesto e posto interrogativi sui tanti volti che lo osservavano e parlavano con gioia. 

Per un neonato, ogni cosa è novità, scoperta, esplorazione dell’ombra, e anche vedere delle nuove figure mobili (gli umani) rappresenta una sfida per testare se questa figura è buona per lui o cattiva, e quindi da allontanare.

E Alessandro già aveva i sensori ben aperti: infatti sceglieva lui le braccia su cui accoccolarsi e escludeva quelle in cui non avrebbe ricevuto un calore che veniva dal cuore.

Così credo sia passato il primo anno di vita.

Oltre ai normali cambiamenti fisici e all’uso primitivo della parola, si iniziava a strutturare una concezione spazio-tempo sempre più completa, e a conoscere l’ambiente circostante con piccole sperimentazioni.

Alessandro ad un anno possedeva già tutto quello che voleva. 

Coccole da tutti, tanto amore e persone intorno che gli trasmettono sicurezza e affetto.

Dei primi due anni di vita di Alessandro conosco pochissimo, mi affido a foto e a racconti, ecco perché parlo di lui o di me ancora in terza persona: come un osservatore dall’alto delinea un perimetro, io ho delineato un sub-profilo.

Parlerò ancora un altro po’ in terza persona finché non raggiungerò l’età dei ricordi…

Fino ad ora ho un po’ descritto la base, anzi un mattone di un castello che crescerà nel tempo umano cronologico fino a culminare in un’opera umana con un tocco di divino…

Siamo rimasti ad un anno, e il secondo?

Il secondo è stato simile al primo solo che, oltre alla mamma, nella mente il piccolo cucciolo umanoide riconosce altre figure o almeno cerca, dato che con la mamma ha già un legame simbiotico, e allattando si crea anche la dipendenza da cibo che un neonato vede nei confronti della fonte di alimentazione… come un gattino che cerca mamma gatto con miagolii da mal di testa o da segnale come giusto che sia… 

Rispetto al primo anno, posso aggiungere i “viaggi” da casa mia verso le case delle nuove figure che ingloberò nella psiche.

Questi “viaggi” sono brevi perché quasi tutta la mia famiglia materna vive in un condominio e la mia nonna-mamma nella casa al pian terreno, adiacente al nostro condominio.

In questi “viaggi” mi sento come un ricercatore d’oro: in queste case ogni cosa che vedo luccica, brilla quindi o è da toccare o è da assaggiare… infatti, oltre all’iperattività, amavo assaggiare ogni cosa che mi stava per modo di dire simpatica, come le monete, le costruzioni e addirittura il detersivo per lavatrici… giorni in cui mia madre rischiò il collasso… oltre all’avvelenamento che presi in campagna di mio zio toccando dei pomodori trattati…

Tutto questo per dire che davo già molto filo da torcere… infatti culle, girelli e box erano per me degli ostacoli superabili… scavalcavo e raggiravo come fossero semplici birilli posti sulla strada…

Questi sono alcuni ricordi di un’età in cui la strutturazione mentale è in pieno svolgimento, almeno nel mio caso dal punto di vista emotivo e sperimentale. 

Nell’arco di questi due anni, la mia idea di mondo è rinchiusa in pochi personaggi e molta fantasia: infatti, in alcune delle tantissime foto, vedo un bambino che ha gli occhi rivolti verso un altro mondo più che verso la realtà… anche il giocare con giochi è superficiale. Sicuramente li immaginavo come oggetti animati alla pari delle figure che mi circondavano: ricordo l’attaccamento morboso a Boby Kicco, un orsacchiotto con maglia rossa che dormiva con me tutte le notti e con il quale “cercavo di parlare” nella modalità degli sguardi.

Ho più volte ribadito il concetto di amore e affetto che percepivo o che almeno so che percepivo, perché sono alla base di ogni famiglia che vuole crescere un figlio cercando di far meno danno possibile allo stesso… e ribadisco la mia fortuna nell’avere tutt’oggi una famiglia che mi ama con affetto, aldilà di tutto e tutti.

Questi sono concetti che le coppie moderne dovrebbero avere bene a mente, chiedendosi se la scelta di avere un figlio è dettata da amore o da puro interesse, perché se si opta la seconda scelta… ahimè… la creatura non sarà più creatura ma qualcos’altro… 

Ma a volte, come nel mio caso, anche il troppo amore fa male.

Le simbiosi (legami forti), l’affetto soffocante, e tutte le modalità troppo incentrate sul solo scambio emotivo fanno male… quindi, nei due anni che sono, a mio parere, abbastanza importanti, ci vuole una via di mezzo, una linea di demarcazione che separa e poi completa già in tenera età quell’impronta data dalle due figure di riferimento, che hanno l’obbligo non solo di crescere il piccolo, ma di plasmarlo nel miglior modo possibile in maniera pura, cioè senza la contaminazione di culture poco risuonanti con la vita stessa, senza quei debiti o bagagli che i loro genitori hanno tramandato inconsapevolmente proprio chissà in quei due primi anni di vita.

Nel mio caso, l’impronta l’ho ricevuta dopo e ve ne parlerò… parlo dell’impronta negativa, i debiti, i pesi, la strutturazione errata del mondo (che oggi osservando-percependo è quella più in voga).

Sempre nel corso dei due anni ho ricevuto il battesimo cristiano, forzatamente o per moda.

Non mi sembra giusto dare un sacramento religioso in un’età in cui non si è in grado nemmeno di provvedere all’utile proprio. 

I miei genitori terrestri però l’hanno fatto in maniera incosciente: che ne sapevano loro? Così è e così si è fatto.

Io, per scelta mia, ora non rinnego Gesù: so che ha sofferto, come ho sofferto io negli anni che verranno; non rinnego i Santi perché so che sono delle persone speciali, ma rinnego la Chiesa Cristiana per motivi che descriverò dopo.

Secondo me, ogni coppia di genitori dovrebbe lasciare il figlio stesso, affidato dalle stelle, alla sua singolare scelta. 

La priorità è la LIBERA SCELTA.

Alessandro Kal-ei

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