Aula didattica globale “Gianna Stellabotte” (FG), settimana intensiva dal 5 al 10 dicembre 2016: una bellissima crociera dentro noi stessi.
Lunedì 5 dicembre 2016
Siamo partiti da casa con un bagaglio di pensieri, angosce, paure, delusioni, incertezze, rabbia ma con la speranza nel cuore e la voglia di scoprire. Ci stavamo recando in un luogo dove, forse, ci sarebbe stata una risposta ai nostri problemi e ai problemi di chi ci vive accanto. Avevamo anche paura di quello che avremmo trovato.
Su internet avevamo letto qualcosa sul Metodo Alla Salute, ma come si svolgesse veramente era un’incognita che ci faceva stare un po’ sulle spine… ma i problemi che ci opprimevano il cuore erano così grandi che abbiamo deciso di metterci in gioco e di cercare di cambiare qualcosa nella nostra vita.
Appena siamo arrivati siamo stati ricevuti da tre dottoresse: una psicologa, un’assistente sociale e un medico. Sono state ad ascoltare i nostri problemi per tutto il tempo necessario, senza fretta e senza orologio e questo ci è sembrato un buon inizio.
Alle 17.00 ci siamo ritrovati nella saletta insieme con gli altri partecipanti del gruppo che avrebbero trascorso la settimana intensiva.
Abbiamo atteso l’arrivo dei conduttori e nel frattempo ci guardavamo un po’ intorno con gli altri per curiosità, per vedere anche sui loro volti la stessa paura e la stessa ansia nostra.
Quando sono arrivati i conduttori, ci hanno messo subito a nostro agio, ci hanno detto che è un metodo per guardare ai nostri problemi, per sciogliere i nodi che abbiamo dentro, che in questa settimana dobbiamo pensare solo a noi stessi e non alle persone che abbiamo lasciato a casa e che stanno male (questo solo per chi ha lasciato la persona che soffre a casa). Ci hanno detto che dobbiamo osservare senza giudicare e che dobbiamo cercare di restare fino alla fine della settimana.
Ci hanno spiegato che, come simbolo del Metodo, è stata scelta la lumaca, perché è il simbolo delle persone sensibili, vive nella chiocciolina che è la sua casa e basta a se stessa, lascia la scia che è la memoria del suo passato, ha le antenne per captare il mondo, sta a posto con se stessa, va lenta ma va su qualsiasi terreno. Il mondo va troppo di corsa e non tutti riescono a stare al passo. E se non riesci, sei considerato uno sfigato, un diverso, uno che ha problemi.
Invece no, ognuno è diverso, ognuno ha la sua specificità e dovrebbe seguire le sue inclinazioni senza forzature e senza correre. Cosa che risulta difficile in una società che corre troppo.
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Dopodiché, ognuno di noi è dovuto andare a presentarsi e a raccontare perché era lì.
Questo è stato già un primo momento che ci ha toccati molto perché raccontarsi davanti a estranei, parlare di noi stessi, parlare dei problemi che ci hanno portato lì, ci ha subito scatenato una pioggia di emozioni forti. Però nel frattempo, mentre ascoltavamo i problemi degli altri, ci rendevamo conto di essere tutti sulla stessa barca, di vivere le stesse sensazioni che per anni ci avevano afflitto senza trovare una strada e un luogo in cui sfociare. Ci siamo immedesimati uno con i problemi dell’altro. E’ stato un momento molto interessante per conoscerci e cominciare a sentirsi in una grande famiglia.
I conduttori erano molto attenti e si accorgevano quando c’era qualcuno in difficoltà e si prodigavano, standoci vicini.
Dopo le presentazioni siamo andati a cena nella saletta vicina e abbiamo mangiato tutti insieme. La cena era a base di alimenti naturali e verdure, cereali, insalata, cosa che ci ha fatto molto piacere.
Ci hanno assegnato l’alloggio per la notte. A noi è capitata la casa di 10 posti in aperta campagna. Per arrivarci ci siamo un po’ persi e abbiamo avuto anche un’avventura con un tizio che ci accolti con i “fuochi d’artificio”, ma questo è servito subito per socializzare un po’. Essere uniti, oltre che nel dolore, anche nelle brutte avventure è stato un inizio anche simpatico. Ci siamo sistemati cercando di organizzarci al meglio.
Noi ragazzi del gruppo abbiamo preso la stanza vicino alla cucina. Abbiamo fatto subito amicizia e ci siamo messi a chiacchierare del più e del meno fino a tardi.
Ho dormito in stanza con un ragazzo straordinario che mi ha scelto come fratello da subito, come se avesse sentito che da sempre avrei voluto un fratello.
Martedì 6 dicembre 2016
E’ la sera del 6 dicembre.
Siamo in tre e stiamo raccogliendo le idee che ci siamo fatti su questa giornata piena di storie dalle mille sfaccettature.
Siamo in tre e, pur essendo in pochi, siamo convinti di essere in tanti perché le esperienze condivise ci hanno permesso di far trasparire lati fino ad ora nascosti.
Il confronto, che non è altro che uno scambio di espressioni, accresce il tuo punto di vista e di conseguenza quello di chiunque altro.
Deduciamo dai nostri dialoghi che non importa chi sei stato ma ci interessa di più chi potrai essere.
In pochi o in tanti non cambia, un uomo può essere tanti piccoli uomini e ogni piccolo uomo ha una sua caratteristica che rappresenta tante parti di noi.
Sia che il tuo passato è stato bello o brutto non importa, se siamo qui c’è un perché ma puoi capirlo solo tu con gli strumenti che ci vengono dati dai nostri conduttori.
Fuori ci sei tu e la tua missione.
Siamo molto colpiti da una riflessione detta da uno di noi in questa giornata e ci preme di trascriverla:
IL DOLORE CONDIVISO VIENE DIVISO, LA FELICITÀ CONDIVISA VIENE MOLTIPLICATA.
Ripensando agli strumenti che ci vengono dati, ci rendiamo conto che, fino a qualche giorno fa, tendevamo tutti a insabbiare i problemi nascondendoli a noi stessi, mandando giù i bocconi amari, reagendo ad essi anche solo con una risata.
Ma nulla di ciò che transita nelle nostre vite svanisce una volta che si è insediato nelle nostre coscienze o nella nostra anima, e adesso ci sentiamo consapevoli nell’affrontare i nostri sentimenti e le nostre emozioni.
Mercoledì 7 dicembre 2016
Oggi 7 dicembre 2016, terzo giorno di questa settimana intensiva, abbiamo iniziato la giornata al suono del bastone della pioggia.
Ci ha comunicato sensazioni legate a tempi passati, sensazioni profonde e una grande energia legata al sottile e leggero rumore della pioggia.
Ci è sembrato di essere in una grande tribù che danza intorno al fuoco, come se avessimo evocato i nostri antenati più remoti.
Alla fine dell’ascolto del bastone della pioggia, mosso da uno di noi secondo il suo sentire, siamo passati alla fase della comunicazione, ed in particolare al modo di comunicare l’amore, l’affetto attraverso il corpo, con gesti dolci… ed è emersa la difficoltà, soprattutto da parte di persone più adulte per i pregiudizi e i condizionamenti installati da troppo tempo nel nostro mondo.
Abbiamo vissuto anche una parte della giornata nella cosiddetta “immersione”.
Ognuno di noi si è immerso quindi nel dolore dell’altro, vivendo le sue stesse sensazioni.
Tra gli uomini si è creato un momento meraviglioso, in cui le lacrime dell’uno si sono mischiate a quelle dell’altro… un insieme di forza, tenerezza, energia, fuoco e lacrime.
Ma la cosa meravigliosa è stata rialzarsi tutti più forti!
Dopo pranzo siamo passati alla parte della teoria.
Abbiamo fatto un gioco, dove ognuno di noi ha espresso una frase che rappresentasse ciò che era avvenuto durante la prima mezza giornata, e trale tante, è stata scelta come titolo la frase: COMPLICARE TANTO, SEMPLIFICARE POCO.
La cosa meravigliosa di cui tutti siamo sorpresi a fine giornata sono i progressi sorprendenti che avvengono a vista d’occhio in ognuno di noi.
Giovedì 8 dicembre 2016
L’8 dicembre, per il globale massimo è festa, per noi no, si lavora sodo!
Oggi abbiamo fatto il rito, cos’è?
Il rito ci vede uniti come una tribù indiana e si riassume tutto nel modo in cui passiamo le giornate.
Il nostro motto l’abbiamo preso in prestito da San Francesco D’Assisi, “entità, dammi la forza di cambiare ciò che posso cambiare, di accettare quello che non posso cambiare e di saper distinguere l’uno dall’altro”.
Questo rito magico ci libera e fa uscire le nostre rabbie, la nostra voglia di cambiamento… le emozioni sono fortissime.
Ognuno a suo modo si libera delle energie negative e dai profondi dolori.
Poi si sceglie un compagno che ci stia vicino, e ci accingiamo a tagliare un aereo di carta del colore che più ci aggrada, attribuendo ad esso la paura che vogliamo mandare via.
Lo facciamo volare urlando il nome del sentimento che dovrà lasciarci.
Nel pomeriggio invece l’unità didattica è articolata dai nostri conduttori, che ci spiegano di una “Piramide” cosiddetta del Sarvas.
É una piramide come quella Egiziana ma divisa a strati.
Il primo strato ed il più basso rappresenta noi stessi, il secondo strato sono i rapporti forti, il terzo sono i rapporti coi gruppi e la punta della piramide, come ultimo strato, è il rapporto con il globale massimo.
La piramide è circondata da due semi cerchi: quello sotto la base è il rigetto e quello sopra la punta il progetto.
Solo quando ogni strato della piramide funziona bene con l’altro strato abbiamo la massima espressione di noi individui e quindi passiamo al progetto; viceversa, se qualcosa di questi strati non funziona, ci chiudiamo sempre più in noi stessi e passiamo al rigetto.
Ecco dunque spiegato il perché del vivere bene con se stessi è importante, e più si ha una base solida, più è possibile innalzare la piramide, e più è possibile sentire che siamo parte anche di un globale massimo, cioè della natura e anche dell’universo che non ci abbandona mai e ci lancia sempre dei segnali utili a vivere rigogliosamente la nostra esperienza terrena.
E dunque a poter progettare delle cose per lasciare questo mondo migliore di come ci è stato consegnato.
La giornata si conclude sempre tra balli, canzoni e risate e noi ragazzi che, tornati a casa, ci ritroviamo in cucina ogni sera a chiacchierare.
Venerdì 9 dicembre 2016
La giornata inizia con la visita alla masseria in costruzione, che lascia intuire come la Fondazione Nuova Specie potrà svilupparsi ulteriormente per il bene di tante altre persone come noi.
Abbiamo ammirato i lavori in corso di un mosaico all’interno della stessa, che ospiterà tutti i seminari e le settimane intensive e altre attività varie oltre al centro di documentazione.
Abbiamo tutti notato che il mosaico, che stanno realizzando dei ragazzi in trattamento, viene realizzato con materiali di recupero che sarebbero stati buttati perché appunto ritenuti inutilizzabili, mentre con una facile lavorazione vengono fuori delle cose uniche e bellissime.
Importante anche l’uso dei colori che molto spesso non facciamo, rimanendo imprigionati tra lo scuro della vita.
E quindi, paragonandoci al mosaico, ci rendiamo conto che noi che non andiamo bene per la società, che non ci accetta per il nostro modo di essere, se lasciati liberi di esprimerci abbiamo un grosso potenziale e non siamo poi così tanto da scartare… ma tutt’altro!
Finita la visita torniamo alla nostra attività in aula.
É giunta l’ora del Ring: il Ring consiste nel guardare in faccia la persona che ti accompagna e potergli dire, guardandolo in faccia, ciò che pensi in positivo e in negativo.
Come sempre, durante questa fase, ci si lascia trascinare dalle emozioni e chiunque tra di noi è pronto a sostenere la dura prova di colui o colei che sta sul Ring perché, come sempre, l’unione fa la forza.
Il Ring ci è tornato utile ancora una volta, un po’ come era stato per il rito, per guardare in faccia le paure e la rabbia verso il prossimo e non avere paura nel tirarle fuori, perché dopo ci si sente più leggeri e più liberi ed anche più amorevoli verso il prossimo.
Anche questa giornata si è conclusa con allegria, ballando e cantando.
Sabato 10 dicembre 2016, ultimo giorno di bilancio.
Come tutti i giorni abbiamo fatto colazione nella ‘nostra casetta’, che alle 9.00 abbiamo salutato con un po’ di nostalgia, insieme al ‘nostro cagnolino’ che tutte le mattine e tutte le sere veniva a elemosinare un po’ di cibo e qualche carezza… aveva tanto bisogno di affetto come noi… E dando qualche carezza a lui, ne ricevevamo anche noi in maniera triplicata. Ci è dispiaciuto lasciarlo lì ma non eravamo sicuri che fosse senza padrone.
Dopo l’ultimo caffè abbiamo iniziato l’ultimo giorno, quello del bilancio, quello dove si tirano le somme della settimana e si fa un punto della propria vita.
Anche quest’ultimo giorno è stato molto intenso.
Le conduttrici, non so come facessero, ma sembrava che ci leggessero dentro. Sono state molto brave a darci consigli.
Sono rimasto anche molto colpito da una coppia che ha riassunto tutta questa settimana in una canzone, che tutti abbiamo cantato insieme.
Anche nel bilancio, quando le conduttrici davano consigli ad altre persone, ci sembrava che stessero dando consigli anche a noi perché ormai eravamo come una grande famiglia, ci sentivamo tirati in causa anche noi.
Ci hanno detto di riflettere su quanto è successo questa settimana e di elaborare con calma e tranquillità tutte le nostre sensazioni ed emozioni.
Ci hanno consigliato, se fosse possibile, di non tornare subito a tutte quelle attività che ti fanno ripiombare nella routine quotidiana e ti allontanano dalla tua intimità risvegliata.
Ognuno di noi, chi più chi meno, ha ricevuto tanto da questi cinque giorni intensivi.
Certo ci sarà ancora molto da fare, ma l’importante è stato iniziare a metterci in gioco.
A pranzo siamo stati ancora tutti insieme e poi ci siamo salutati con un po’ di dispiacere ma con la speranza che ci rivedremo ancora.
Il viaggio di ritorno è stato tutto un parlare, un ricordare, un chiedersi come mai in solo cinque giorni ci sentiamo già così diversi, meglio con noi stessi e ben disposti verso gli altri.
E’ stato come fare un viaggio, una bellissima crociera dentro noi stessi.
Ora dobbiamo solo far in modo che questa bellissima esperienza non si esaurisca nella routine di tutti i giorni, ma prosegua e ci faccia crescere ancora come è avvenuto in questi giorni.
1 Commento/i
Oltreilmovimento Associazione Culturale
E' stato un piacere leggere il tuo post.
Noi non ci conosciamo, ancora, leggere le tue parole è stato un po' come essere lì vicino a te.
Noto che non c'è il tuo nome … quindi … grazie sconosciuto amico (mi permetti di considerarti amico?), grazie della tua condivisione e, chissà, a presto.
Un abbraccio forte … conta fino a dieci!!!
Ciao.
Bianco Primo