AssociaEventi: l’Associazione Alla Salute Bari non si ferma! E dà il via al suo VIA.CRE.
Avendo spiegato la volta scorsa l’unità didattica dell’”Indietro tutta”, il 12 novembre l’Alsa Bari si riunisce per parlare del suo naturale seguito: l’unità didattica dell’”Avanti tutta”.
Prima, però, vengono notati i graditi ritorni di Giuseppe, con i suoi genitori, e Alessia, con sua madre, che sono qui per la seconda volta, nonché quello di Cinzia e Filippo, che mancavano da un bel po’ di tempo.
Giuseppe parla del modo in cui viene vissuta la sessualità e il corpo oggi, soprattutto rispetto ai genitori, con cui non se ne parla mai. Viene invitato a fare una settimana intensiva per sperimentare di persona il Metodo Alla Salute e vedere i meccanismi che stanno dietro a queste situazioni.
Graziana ringrazia Ada e Stefano, i genitori di Giuseppe, per averlo accompagnato anche oggi. Anche se per Ada è ovvio essere qui con suo figlio, Graziana spiega che non è così scontata la presenza dei genitori, tant’è che quelli di alcune persone presenti qui non hanno mai voluto accompagnarli alle attività dell’Alsa.
Alessia racconta che sua madre, Vita, corre sempre, si fa in quattro per tutti e non ha mai tempo per se stessa. Secondo Graziana, le donne della sua generazione sono state abituate a sentire fortemente il senso del dovere e la responsabilità, mentre noi figli ci saturiamo prima e sentiamo di più il peso di questa schiavitù. Vita viene invitata a prendersi un anno di aspettativa al lavoro, visto che ne ha la possibilità, per dedicarsi di più a se stessa.
Cinzia e Filippo raccontano che il figlio, Edoardo, è stato in comunità per un paio di anni e ne hanno approfittato per aggiustare la loro casa. Edoardo ora è tornato a casa, ma si sta chiudendo sempre più in se stesso. Cinzia, che si è concessa poco di essere fragile, stamattina ha confessato a Filippo la sua voglia di mollare. È bello che lei comunichi sinceramente al marito che non ce la fa a reggere tutto il peso da sola e che ha bisogno di essere alleggerita, perciò Filippo è disposto a portarsi via il figlio per un po’ di tempo. Entrambi vengono invitati a iniziare una nuova fase perché, man mano che si va avanti, servono strumenti diversi.
Ci viene ricordato che ieri era San Martino, che era un giovane soldato francese. Un giorno esce a cavallo e incontra un vecchio nudo e infreddolito, ma lui ha un mantello di lana. Sfodera la spada e taglia una metà del suo mantello per regalarla al vecchio. Si leva il sole, la giornata si riscalda e San Martino si rende conto che, pur togliendosi una parte di mantello, sta comunque bene e non patisce il freddo. Quella notte, Gesù gli viene in sogno e gli restituisce la metà di mantello che gli mancava.
In questa unità didattica impariamo che dobbiamo essere un po’ come San Martino: spogliarci di qualcosa che ci portiamo addosso, per ricevere poi qualcos’altro di nuovo.
L’”Avanti tutta” e l’”Indietro tutta” sono due unità didattiche collegate, ma la prima è più difficile e meno automatica della seconda.
Il Via.Sco. è un viaggio scontato perché siamo risucchiati dal vortice della morte. Ma quel vortice può essere anche un utero che ci spinge ad andare fuori.
Infatti, l’”Avanti tutta” è il viaggio di risalita, quindi è un Via.Cre., ovvero un VIAggio di CREazione/CREscita.
Come dice Francesca, ha anche un nome ufficioso: Via.Cul., perché ci si fa un culo così!
Riprendiamo quindi la metafora del viaggio in treno, ma qui non si conoscono prima le stazioni, è un viaggio incerto, dove la strada può diventare a volte larga, a volte stretta. Talvolta può anche sembrare che ci stiamo perdendo o che stiamo tornando indietro, ma man mano che si procede, si intravedono meglio i cambiamenti che stiamo facendo. Non a caso, nella locandina dell’unità didattica, si vede, in fondo sopra, il sole, simbolo della luce e del calore.
La meta di questo viaggio è la salute, la cui etimologia (sarvas, sanscrito) significa “intero”, infatti è un viaggio nello stile di vita intero.
Alessia e Giuseppe vengono nominati capistazione creativi: insieme, come femminile-maschile, sceglieranno le persone che presenteranno ciascuna stazione, esprimendo anche ciò che immagini e parole comunicano a loro.
Prima stazione
Miracolo
A diventar santi
ci stiamo provando,
per i miracoli
ci stiamo attrezzando.
La prima immagine dell’”Avanti tutta” ricorda la penultima dell’”Indietro tutta”, solo che in quest’ultima la sedia stava per essere inghiottita dalla voragine, mentre qui ne sta uscendo in un raggio di luce, come se fosse una nascita, e non più una morte. Questi versi sono ironici: tentiamo di arrivare all’intero, ma i miracoli non esistono, la sedia deve innanzitutto avere il desiderio di intraprendere quel viaggio. Dunque, non è un miracolo, bensì una grande forza di volontà di uscire dalla voragine della morte. Un “miracolo” potrebbe essere, per esempio, che Vita decida di prendersi un anno di aspettativa dal lavoro. Oppure che Filippo, persona affidabilissima, decida di farsi un viaggio in America col camper.
Seconda stazione
Ancora
È tempo che prendi
una decisione,
fermati, cambia,
binario e direzione.
La parola chiave qui è “ancora”, avverbio che dovremmo usare di più. Dovremmo dire “sto ancora male”, “sto ancora bene”, perché non è detto che duri per sempre. Anche se le cose vanno ancora bene, bisogna continuare a lavorare nel presente per preparare il futuro. Questo significa distinguerci dalla nostra situazione. Graziana ce lo spiega con una metafora: quando vado in montagna, supero il primo tornante e riesco a vedere un pezzo del paesaggio. Supero il secondo tornante e vedo un pezzo un po’ più grande di paesaggio. Più tornanti supero e più completo vedrò il panorama. Così è il viaggio dell’”Avanti tutta”: i vari pezzi ci vengono svelati poco a poco e man mano che andiamo avanti.
Terza stazione
Pazienza
Per rinascere
non basta solo dire,
almeno un po’
devi tu soffrire.
Stefania racconta di quando è andata a Foggia e Mariano la chiamava Madonna dell’Addolorata. Lei ha provato a lasciarsi dietro quell’Addolorata, ma proprio quando ci stava riuscendo ha cominciato a soffrire per davvero. Soffrire è uno step del percorso, ma non è un dolore fine a se stesso, bensì serve a scoprire parti nuove per noi. Non a caso, qui la sedia è piena di crepe, perché crepano le nostre vecchie identità, cosa che ci fa star male. Ciononostante, lo schienale comincia a definirsi meglio, ad avere più assi collegati. La parola “pazienza” deriva da patire, che vuol dire sopportare. Sopportare quella sofferenza che ci è utile al cambiamento. Tant’è che nell’immagine si inizia a intravedere un po’ di luce, cioè un senso profondo per la nostra vita.
Quarta stazione
Umiltà
Parti da quello che
sei con sincerità,
segui la terra
raccoglierai a sazietà.
Nell’immagine ci sono tanti solchi, come la terra quando viene arata per prepararla alla coltivazione. Ed è come la terra che dobbiamo diventare, cioè partire con sincerità da ciò che siamo per coltivare le diverse parti nostre. Ciò significa anche che il percorso segue i tempi lenti della terra. L’umiltà è ciò che ci permette di essere come il seme, che deve prima umiliarsi andando sotto terra per poi germogliare e far nascere una nuova pianta. Qui le parti della sedia iniziano a uniformarsi, il fondo diventa una spirale, come un percorso e la luce sullo sfondo si fa più evidente.
Quinta stazione
Solidarietà
Non aspettare
l’altrui carità
immergiti per primo
nella tua specificità.
Viene fuori la teoria dello svantaggio originario: fin dalla nascita sentiamo il bisogno di uno specchio riconoscente, cioè qualcuno che ci comunichi la nostra bellezza derivante dalla nostra specificità, che siamo belli per ciò che siamo. Ma se non abbiamo ricevuto questo, perché forse i nostri genitori erano presi dai loro nodi, vivremo sempre con quel bisogno di carità altrui. Francesca racconta che all’inizio del suo percorso, gli accompagnatori le dicevano “devi accoglierti tu”, e ciò la faceva star male perché lei non si voleva bene. Ma noi dobbiamo essere solidali con noi stessi, dato che questo è ciò che abbiamo avuto.
Solidarietà vuol dire anche fare per primo. Ora che mi sono ripreso dei miei pezzi, mi sono alleggerito e ho più voglia di fare le cose per primo, perché mi sono ripreso la mia specificità. I cosiddetti psicotici sono i più solidali perché sono i primi a muoversi, a far uscire il negativo. Lo manifestano a modo loro perché non sanno in che altro modo esprimerlo.
Nell’immagine, la leggerezza è rappresentata dalla mongolfiera, la quale ha tanti spicchi di colori diversi. A terra si vede la sua ombra perché ora ha una sua consistenza e accetta anche che l’oscurità, il nostro negativo, non è sparita.
Sesta stazione
Forza della vita
Quel che tu vedi
è solo una conchiglia,
c’è un oceano invisibile
che ti ama e che ti piglia.
La sedia sta diventando un pezzo unico e sta prendendo la forma di una lumaca-conchiglia, cioè sta continuando la sua trasformazione. Davanti a sé ha un oceano con molte onde, perché la vita ha alti e bassi e anche quando arriva la bufera, non si deve perdere il senso del viaggio, sapendo che il negativo ci può stare, ma senza fermarsi. Quando siamo a riva ci sembrano onde molto grandi, ma se ci spingiamo in mare aperto non ci sono più. Se superiamo quella paura, riusciamo a cogliere altro che non vediamo ancora, non a caso nei versi l’oceano è “invisibile”.
Settima stazione
Storia
Non sei il primo
non sei l’ultimo nel fiume,
ascoltare antenati
e discendenti
è buon costume.
La lumaca si è posizionata in alto, i pomelli della ex sedia ora sono antenne, è in ascolto di ciò che la circonda. Così dobbiamo ascoltare gli antenati, cioè quello che eravamo, e i discendenti, cioè quello che siamo, che insieme fanno la storia della nostra vita. Inoltre, non siamo i primi né gli ultimi a compiere questo viaggio. Prima di noi, altri hanno sentito le stesse cose nostre, e dopo di noi, altri le sentiranno. Perciò, è importante lasciare la nostra scia, perché ciò che facciamo oggi può servire a qualcun altro domani.
Ottava stazione
Viaggio
Viver sol mangiando
son giornate amare,
viver da viandante
per creare ed
intrecciare.
La lumaca trova un senso per la sua vita: continuare a viaggiare. Questa viandante porta con sé solo un faggottello per viaggiare leggera. Più cose ci portiamo addosso, più ci complichiamo e più è difficile vederci in viaggio. L’ideale è spogliarci di queste zavorre per poter intrecciare meglio con gli altri.
Ultima stazione
Intero
È questa la salute
Che ti salva ogni volta
Cresce ogni giorno
È inedita e capovolta.
Per stare bene nell’esistenza e continuare a viaggiare, sono indispensabili tutti e quattro gli angoli del “Quadrangolare“, che ci danno un angolo alfa di partenza, un piede fermo su cui poggiarci, per poi metterci in ascolto di ciò che possiamo modificare (angolo beta) e spingerci a sperimentare nuovi “viaggi inediti” (angolo gamma), per poter poi approdare ad una nuova identità (angolo pi greco). Questo percorso è Infinito, Dinamico e Complesso, così come lo è la vita stessa.
Ed è con questo “augurio” che concludiamo il pomeriggio: da sedia, diventare lumaca-conchiglia, viandante in mare aperto.
Angela T.