Aula Didattica Globale “Gianna Stellabotte” (FG), venerdì 14 ottobre 2016: In.Bil.Sup. di famiglia.

Il 14 ottobre 2016 si è tenuto a Foggia un In.Bil.Sup. sulla mia famiglia… ed è difficile oggi, a distanza di qualche giorno, raccontare cosa è stata quella giornata per me… cosa è stato il “prima” e cosa è stato il “dopo”… perché ogni evento forte smuove sempre qualcosa, che lo vogliamo o no, che lo accogliamo o no…

Voglio andare piano perché voglio raccogliere quanto vissuto prima e dopo, innanzitutto perché torna a me e alla mia vita.

– Rinascere dalle maschere di Michela Garbati 

La richiesta di questo incontro è nata proprio da me, in un momento di dolore, nel quale ho attraversato un grande vuoto, in cui ho sentito tutto il mio essere orfana e sola al mondo… sì, ho sentito così tanto deserto intorno a me… ma piuttosto che lasciarmi morire, cosa che ho anche pensato, vigliaccamente, ho fatto invece prevalere la spinta vitale che viene dal fuoco ardente delle mie viscere… che si è manifestata attraverso il bisogno-desiderio di riprendere il viaggio per cercare una fonte alla quale potermi abbeverare o un’oasi per potermi riposare. 

Così, una mattina, ho chiesto aiuto ad altri viandanti. Ho fatto troppi viaggi in solitaria, viaggi virtuali, viaggi inutili, in cui troppe energie ho dovuto mettere in campo, e poco o nulla è tornato alla mia vita

“Chiedi e ti sarà dato”… e così è stato. Alla mia richiesta “aiutatemi a sciogliere per scegliere” qualcuno ha risposto. Ringrazio Barbara, Francesca e Giovanni che non sono rimasti sordi alla mia richiesta di aiuto, che si sono messi in ascolto… ringrazio perché non è scontato… ringrazio perché tante volte ho trovato sordi e ciechi… e ringrazio anche me, perché non ho avuto paura di chiedere ed ho saputo a chi chiedere, perché tante volte i sordi e i ciechi ce li scegliamo noi per confermare le nostre maledette (o benedette?) identità psicotiche che non si vogliono scomodare

Ringrazio Giusi e Graziana che, nei giorni precedenti all’incontro – e non solo – mi sono state vicine, dimostrando di voler bene a ciò che sono e a ciò che posso essere.

“Sciogliere per scegliere”: che significa? Per chi conosce l’Unità di Crisi, “scegliere” implica un aver “deciso”, un aver tagliato col vecchio per provare ad approdare ad un nuovo, ad un cambiamento, ad una nuova identità. Per poter “scegliere” si ha bisogno di aver fatto vuoto… e non è casuale se questo bisogno sia nato proprio in giorni di vuoto assoluto, che ho voluto contemplare piuttosto che riempire di virtuale. Per “scegliere” bisogna “sciogliere”… se è vero che tanti anni di viaggi virtuali mi hanno pietrificata, adesso sento che voglio scalfire quella pietra goccia dopo goccia, la voglio sciogliere

Per me, una parte di scioglimento è rappresentata dalla verità, dal bisogno di togliere i tanti lastroni che si sono frapposti non solo tra i miei codici, ma prima ancora tra me e i miei rapporti forti. Ho sentito quanta poca verità ci sia stata nella mia famiglia d’origine, quanta difficoltà si sia fatta rispetto al negativo, rimasto lì fermo come una zavorra a spingerci giù, piuttosto che essere portato a galla e rimandato ai propri mittenti

Insomma, tra i vari nascondimenti, un muro che sentivo forte era l’esperienza che mio fratello avevo vissuto nel progetto Homelife, periodo durante il quale anche i miei genitori avevano lasciato tutto e tutti – quindi anche me – per buttarsi in questa esperienza. Il progetto Homelife ha avuto dei limiti, per certi versi è stato fallimentare, e per la mia famiglia, che ci aveva riposto ogni speranza, ha significato una sconfitta che ha portato ad una grande sfiducia, a rancori mai direttamente espressi, a dolore mai liberamente lasciato venir fuori. 

Oggi dico, con ancora più determinazione, che non è scontato che ciò avvenga, e che le catene non è detto che si vogliano spezzare, soprattutto se diventano ancore per rimanere in terre già conosciuteo almeno così si pensa

L’incontro è stato intenso e ancora oggi faccio fatica a tornarci, pur sentendo che i vissuti stanno scendendo e stanno trovando una loro collocazione.

È stato dato valore a Francesco ed Annarita, che per primi erano scesi in campo e avevano guidato quel progetto sperimentale. E si è preso come simbolo dell’incontro il tatuaggio di Martina, un cuore stilizzato, un cuore rappresentato dai soli contorni, un cuore ancora da riempire… questo è stato l’augurio: arrivare al cuore e  provare a riempirlo.

Si inizia dando valore a me e al mio Matrinuovo, che con questa richiesta ho continuato ad onorare, scegliendo me, scegliendo la verità… Ottavio mi accompagna come una sposa… gli chiedo di prendermi in braccio per portarmi nella stanza… vengo “incoronata” da Grazia… e poi, sulle note di “Ti sposerò perché”, Ottavio e Giovanni mi cullano e mi sento avvolta dal calore dei presenti, che mi stanno intorno in cerchio.

È stato un bel momento, che a descriverlo a parole perderebbe… ho sentito quanto bisogno ho di abbandonarmi, e quanto ancora faccia difficoltà a poterlo fare, un po’ perché non ne sono abituata, ma soprattutto perché non è facile trovare bocche abbastanza sfamate che siano disposte a nutrire solo la tua fame… forse è un bene, ma fa anche male…

Spiego il perché dell’incontro e si parte… inizia mio padre… fa difficoltà… si perde in giri di parole e lo incoraggio ad andare al cuore… a dire il negativo, anche a me…

A fatica, qualcosa esce. Mi sorprende vedere quanto bisogno ancora abbia di un padre che lo veda e lo valorizzi. Penso che questo lo abbia molto pregiudicato nelle sue relazioni, facendo sì che si accontentasse delle briciole, costringendolo a fare il vestale per l’esterno. Emerge la sua delusione rispetto a Francesco, al non essere stato accompagnato a casa dopo il progetto, quando mio fratello non era pronto a rientrare nell’ordinario e le cose sono andate come sono andate. 

“Armiamoci e partite”… se dovessi riassumere, direi così. Sento che Francesco ha illuso e deluso delle aspettative, e che nessuno dei due è riuscito a dire fino in fondo il negativo, o si è umiliato alla vita, alla storia, ai limiti che ci possono essere, e che, se vengono fuori con onestà, possono spingere a sciogliere e predisporre a scegliere.

Anche mia madre fa difficoltà. Prova a darmi valore, ma ciò che sono stata e ciò che lei vuole che io sia ancora, prevale e mi soffoca… esce un po’ di negativo sul progetto, poco negativo su di me… ma io lo sento che entrambi sono delusi, che mi vogliono riportare “alla base”…

Io non ci sto, e dico NO. Quanto mi è costato ‘sto no! Quando invece avrei voluto dire: “ah, finalmente mi abbandono tra le vostre braccia”

Perché le famiglie si devono coinvolgere? Per mettere anche il loro zampino nello spezzare le catene! E quando così non è, chi resta a fare i lavori, fa più fatica…

Mio fratello esprime la sua delusione verso di me, parla un po’ anche del progetto… ma io sento che le parole sue, sono quelle parole che non riescono ad uscire dalla bocca dei genitori, sento che si fa portavoce di dolori e rabbie non sue, sento che ancora lui è un anello forte di quella catena

Io non ci sto, io lavoro per spezzarla! E se lui volesse venire a darmi una mano, ne sarei felice ed alleggerita. Ma non è ancora tempo… ecco, oggi dico che non è ancora tempo.

Il Kairos segue strade sue alle quali bisogna sottomettersi.

Insomma, usciamo provati da questo pomeriggio. 

Ci siamo incontrati, provando ad entrare l’uno nel contro dell’altro, anche se poco, io sento. 

Abbiamo bilanciato, e sui piatti della bilancia abbiamo messo poca roba, quando si prospettava invece di mettere sacchi e sacchi di merda. 

Abbiamo supervisionato, provando ad andare oltre il vissuto e facendo teoria. 

Mi colpisce molto la teoria di Gioele: io e mio fratello siamo papà e mamma Internò, mentre i miei genitori sono i due figli… già, così è, per certi versi. 

Io però non voglio essere padre per gli altri, voglio essere padre, e anche madre, per me. Questo dentro di me è chiaro e non mi smuovo da lì. 

Oggi sento che ho attraversato le 3 D+R: Desiderio, Delusione, Dolore… ma la Rabbia, che prima era un assoluto, adesso per me è carburante. Mi aiuta a procedere quando le sirene suonano forte, come se il motore della mia barca, grazie a quel carburante, prendesse le distanze da chi mi vorrebbe far cadere dalla barca e mettermi la testa sott’acqua.

Oggi sento che è doloroso togliere i veli… mi sento come se fosse pelle che mi viene strappata… ma in fondo al mio cuore ne sento il valore.

Sento che la pianticella ha subito un tentativo di estirpazione, ma le radici sono più radicate e hanno retto. 

Io mi sento figlia dell’In.Di.Co. e non voglio alimentare le radici degli altri, perché voglio una chioma mia che tenda al cielo, che sia forte e fiera.

Voglio chiudere con un’immagine che mi ha guidata nei giorni precedenti all’incontro, quando, incuriosita dalla parola Parabita, mi sono messa a cercare. Ho giocato molto col mio cognome, ma quello di mia madre non lo avevo mai contemplato. Sapevo che fosse un paese nel Salento, ma null’altro, e allora ho cercato, ed ho trovato che questo paese, che nasce sulle rovine di un altro, ha un luogo importante e caratteristico, meta di turisti, che è la Grotta delle Veneri. 

Si chiama così perché in quel posto furono ritrovate due statuine raffiguranti due donne gravide, con le mani sul ventre. 

Voglio guardare a quel femminile che genera, e restare nel dubbio che prima o dopo creature nuove possano nascere e fare treccia con me.

Francesca

2 Commenti

  1. Sandrasa V.

    ti leggo con tutto il gusto di condividere…..i tuoi tanti passi e passaggi…e la tua voglia di vita vera! resto colpita e tanto dei ruoli invertiti figli-genitori e genitori-figli…grosso dilemma e genitore dei disagi..diffusi ovunque….uno speciale augurio e un buon prosieguo nell 'adultità che ti appartiene e che nessuno mai potrà negarti più….e un abbraccio sandra v.

  2. Angelo

    Felice di assistere – leggendoti – a questo travaglio 'Intern-ò'… che nel bisogno di 'scegliere' e di 'sciogliere' i nodi di vissuti familiari 'forti' cerchi di ri-trovarti per vederti e di contemplarti come figlia/madre e di figlia/padre per costruire quell'intero che tra tante vicissitudini hai via via s-coperto attraverso tuo fratello, tua madre, tuo padre ed i tanti che ti hanno aperto la porta ed il cuore per farti vedere ciò che in te c'è sempre stato e che per lungo tempo è rimasto obliato, oscurato… anche se ha lavorato tanto sino a portarti – da asintomatica – oltre il fondo/tunnel per riconoscerti in cammino.
    Felice di assistere a questa tua metamorfosi che viaggia verso ciò che tu sola vuoi essere…ed è in questo tuo procedere che mi piace pensare al tuo nuovo modo di stare con te e con i livelli successivi della Piramide. Complimenti e avanti tutta!!!

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