Vieste (FG), 8 e 9 settembre 2016. VIII edizione del progetto “La finestra di Babich”: accoglienza e primo giorno.
È Vieste la località scelta per questa ottava edizione del progetto “La finestra di Babich”: quattro piccoli appartamenti pronti ad essere invasi da 21 donne di diversa età e diversa provenienza.
Alle 18,00 inizia l’accoglienza da parte delle 5 pimpanti coordinatrici le quali, capitanate da Giovanna, cominciano a dare uno spunto più ampio su ciò che questa convivenza intensiva si appresta ad essere: la sua storia, la derivazione del nome e come si è arrivati a questa VIII edizione.
Importanti sono anche le curiosità forniteci da Pina riguardo il luogo che in questi 10 giorni ci farà da culla per il nostro procedere. Le partecipanti arrivano piano piano, a turnate di tre, quattro persone fino a tarda sera ed è così che lentamente questo progetto assume visi e energie diverse. Tra sguardi conosciuti e non, assoli danzanti di ogni partecipante e gli ultimi arrivi in tarda serata si conclude la prima mezza giornata.
“Cara Giovanna e care tutte,
vi auguro un buon viaggio per questo prezioso progetto che vi apprestate a vivere e tanto cibo per i vostri interi. Vi faccio dono di questo detto indiano: Una sera un anziano capo Cherokee raccontò al nipote la battaglia che avviene dentro di noi. Gli disse: “figlio mio, la battaglia è fra due lupi che vivono dentro di noi. Uno è infelicità, paura, preoccupazione, gelosia, dispiacere, autocommiserazione, rancore, senso di inferiorità.
L’altro è felicità, amore, speranza, serenità, gentilezza, generosità, verità, compassione”.
Il piccolo ci pensò su un minuto poi chiese: “Quale lupo vince?” L’anziano Cherokee rispose semplicemente: “Quello a cui dai da mangiare”.
Avanti tutta fiduciose, libere e orgogliose.
Vi voglio bene,
Raffaele.”
Ed è con questo messaggio/benedizione da parte di Raffaele, che Giovanna condivide con il gruppo al completo, che inizia la fase dei pensieri.
La colonna sonora di questo nostro procedere calza le note di ‘In viaggio’, una canzone di Fiorella Mannoia.
Un’ulteriore pensiero che ci accompagnerà in questa attraversata è ‘Orazione dedicata alle donne’ che ci spinge a uno stare con noi stessi, dando anche valore ai nostri antenati storici.
Ma… non si può cominciare senza un fedele compagno di viaggio: il nostro personale e personalizzato registro di bordo che, consegnatoci da Mila, ha in comune la romantica copertina realizzata da Barbara che già ci permette di intravedere il senso dei prossimi passi che insieme ci appresteremo a fare.
Come primo confronto ci viene chiesto un nostro pensiero rispetto al titolo: quali emozioni ci suscita, quali riferimenti a conoscenze ci rimanda e come, nelle nostre storie, esso si incarna: “Donne si nasce, Madri si diventa”.
Sicuramente il tema scelto suscita da subito, e in tutte le donne presenti, l’interesse nell’approfondire, nello scavare dentro di sé per raccontarsi e raccontare della propria vita, della difficoltà di sentirsi donne oltre che femmine, e la comune presa di coscienza del diventare madri grazie a crescite personali aldilà dalla biologica gravidanza: un ripartire da sé, con sé.
Oltre a molti spunti teorici, non è mancata la nota profonda delle immersioni che, con valore devoto, crea un terreno sempre più fertile dove seminare parti nuove che spingono per il loro riconoscersi.
Dopo la pausa pranzo, saliamo in macchina e ci dirigiamo verso Pizzomunno, meta selezionata dalle coordinatrici poiché racchiude in sé una leggenda che fa al caso nostro…
Gli abitanti di Vieste si tramandano sin dall’antichità una storia d’amore di due giovani viestani: Pizzomunno e Cristalda.
Si racconta che al tempo in cui l’attuale città era solo un villaggio composto da sparute capanne ed abitato da pescatori, vi vivesse un giovane alto e forte di nome Pizzomunno. Sempre nello stesso villaggio abitava anche una fanciulla di rara bellezza, con i lunghi capelli color del sole di nome Cristalda. I due giovani si amavano di un amore sincero e senza tempo. Pizzomunno si recava ogni giorno sulla piccola spiaggia per andare in mare con la sua barca. Al largo, ammalianti sirene lo adoravano e intendevano sedurlo con i loro canti. L’uomo, fedele alla sua Cristalda, rifiutò più volte di divenire loro amante. Le sirene, gelose ed indispettite, decisero di punire il giovane uomo trascinando la sua amata Cristalda nelle profondità del mare, in modo da sottrarla a lui per sempre.
Fu così che Pizzomunno fu pietrificato dal dolore e vide il suo corpo trasformarsi nel monolite che, ancora oggi, i visitatori di Vieste possono ammirare dalla piccola spiaggia che ne porta il nome.
La leggenda vuole che i due giovani amanti si diano appuntamento, il 15 di agosto, allo scadere dei cento anni, per rivivere la loro passione nel breve tempo di una notte.
Ma è solo dopo una piacevole passeggiata al centro di Vieste e un curioso scontro-incontro con la manifestazione folcloristica di paese che possiamo tornare ai nostri nidi per gustarci ancora qualche momento di immersione in ciò che questa leggenda ci riecheggia… che riecheggia come donne, come amanti e come sirene.
Di come le paure pietrificano le nostre parti, il nostro sentire. Di come le sirene ci riportano indietro e azzerano quel femminile che nasce per generare vita e attraversano il desiderio, la delusione e la rabbia.
Che aspettano 100 anni, settanta volte sette.
Aspettando.
Aspettando quel cambiamento, quel momento per generare nuova vita (panis).
Ed è così che ci concediamo alla cena, parlando tra donne con colori sopiti, che chiedono un risveglio, che urlano… in sogni che suonano ‘nelle ore mute delle fate’.
Rachele e Benedetta