… Nell’Incerto Dubbioso Inedito e Aperto percorso di crescita…
A distanza di un anno, nel mio procedere a braccetto con la signora L.I.D.I.A., nell’Incerto Dubbioso Inedito e Aperto percorso di crescita, dopo essermi concessa un buon tempo di posa, scrivo il mio contributo, come dono da riconsegnarmi dell’esperienza vissuta nel Progetto H.O.M.E., che ha visto la sua prima sperimentazione svolgersi a casa mia, accogliendomi “embrione pioniera” in un gruppo speciale di donne, dal quale è nato, da una mia prima espressione creativa, il logo che oggi contraddistingue questo Progetto nell’ambito di ricerca nelle Conv.Inte.
All’inizio dell’estate scorsa, durante un bilancio del MaS.Tr.O., in una fase di profonda confusione che durava da molto tempo, ho ricevuto da parte di Barbara la proposta di questo progetto da fare per me a casa mia, cogliendomi di sorpresa ma trasmettendomi forte devozione e solidarietà nello spingermi ad iniziare a rivelarmi al mio sole interiore.
Proprio il sole, elemento antenato, nel posto in cui sto mi saluta ogni giorno con le sue albe e i suoi tramonti che posso facilmente ammirare.
Io vivo in una casa di campagna, isolata da altre abitazioni, immersa nel verde.
Vivo qui dal 2005, anno che mi ha visto prendere la decisione di lasciare gli studi all’università che frequentavo a Roma.
In quella decisione, riconosco oggi, era messo in evidenza lo stato potenziale di un punto di svolta che non ho avuto strumenti per riconoscere come tale, lasciandomi al profondo senso di solitudine che ho respirato fin da bambina.
A marcare questo limite di quel momento è stata la perdita improvvisa di mio nonno Adriano, un uomo umile e molto presente nella mia vita, anche quando lo stacco generazionale non ci permetteva una facile comprensione nell’espressione delle nostre opinioni.
Lo voglio ricordare perché la casa che ora abito era la sua e che, insieme a mia nonna, tutti i weekend e per periodi più lunghi durante l’estate, veniva a godersi sottraendosi ai ritmi frenetici della città.
Il giorno prima dell’inizio del Progetto H.O.M.E. ho cominciato a sentire una forte emozione nell’ospitare persone che arrivavano in forma esclusiva per me in quella che è diventata la “mia tana”, e che mi avrebbero aiutata ad attraversare qualcosa che apparentemente mi sembrava sconosciuto e distante, quasi irraggiungibile.
Dietro questa emozione si celava un primo tentativo effettivo di svelarmi alle incertezze e ai dubbi, alle critiche e ai giudizi, accogliendo la paura di ri-contattarmi in questa inedita sperimentazione.
È stata una spinta vitale concedermi a tale esperienza sensoriale infantile per partire con la scialuppa proprio dal ricordo di me bambina, in relazione a questa casa, con la mia famiglia d’origine, e dal rapporto con mio nonno Adriano.
La scialuppa che generosamente e con devozione mi ha accompagnata in questa Dinamica Metastorica era composta da cinque presenze femminili: Barbara, Francesca L., Sandra, Ripalta e Lucia. Grazie alle loro belle specificità mi sono sentita sostenuta a riconoscere i punti fermi per una possibile altra partenza come opportunità a rivelarmi con nuove prospettive che risiedono come memoria, in parte, già in me.
Il loro ingresso ha portato i colori di un arcobaleno che si disegna nel cielo dopo un temporale, e dalla loro estrema spontaneità e dolcezza, mi sono sentita accolta anche io.
In effetti l’ultimo temporale si è verificato sei anni fa con la separazione da Dario, il mio compagno e padre dei nostri figli Ulrike e Isidòre, e ancora erano visibili i segni silenziosi, sospesi nel vuoto, rimasti appesi nella mia tana.
Ho accolto le mie accompagnatrici facendole accomodare nel soggiorno, dove c’è stata la prima sosta ed è iniziata la nostra accoglienza.
Sandra mi ha consegnato il dono da parte di Michela dell’immagine di un quadro da lei dipinto – “Rinascere dalle maschere” – di buon auspicio per iniziare l’ascolto del mio stato quiete.
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– “Rinascere dalle maschere” di Michela Garbati – |
Ho cominciato a raccontarmi, lasciandomi prendere da un vortice in accelerazione, raccontando della relazione con la mia famiglia d’origine, che ancora oggi fatico a riconoscere non sentendomi parte inclusa.
Il giro è continuato nelle stanze, partendo da quelle dei bambini, dove la vitalità è espressa anche dal caos di tante cose che hanno, che lasciano nel disordine; il bagno, come la cucina, rivelavano già quel tocco di originalità che li rende due posti accoglienti… infine la mia stanza, che più che una camera da letto aveva l’aspetto di un magazzino.
Ho provato una macabra sensazione di sentirmi una collezionista di ossa e, spaventandomi di me all’interno di questo utero devoto che si andava formando, lentamente si sono aperte le danze, che con precisa mira e attenzione da parte di Francesca L. sono state fatte iniziare proprio dalla mia camera, che meglio si sintonizzava con la mia svalutazione in cui mi limitavo a non sentirmi neanche padrona di casa mia.
La dinamica forte è stata quella di creare un vuoto fisico e reale, svuotando la camera che più mi ricollegava ai tagli profondi, dai desideri delusi di bambina al dolore di donna.
In diversi momenti ho sentito il bisogno di andarmi a sedere in cucina per allontanarmi dal luogo che veniva profanato allo scopo di ridargli decoro e dignità per meglio iniziare ad accogliermi, ed è proprio vero che c’è fatica a riconoscere la luce!! ma… quant’è bella la luce!!
… Avere la fortuna di stare in un posto così bello non basta a nutrire le parti tagliate che vogliono rivelarsi per ciò che sono, e che mi hanno spinto anche a ridurmi fino al soffocamento per non “scomodaRE-MI”, facendo più volte la stessa fine dei cimeli appesi….
Delicata e profonda verità della mia solitudine, alla quale fino ad oggi non ho saputo riconoscere un valore, accontentandomi di sopravvivere, cercando di colmare il desiderio di un vuoto che diventasse pieno, senza DOnare valore ai miei bisogni.
Il timore di un blocco emotivo, che ho sentito all’arrivo di Barbara, Francesca L., Sandra, Ripalta e Lucia, seppur edulcorato dal piacere di rivederle, è stata una forte spinta a consegnarmi, affidandomi a loro, sentendomi troppo piccola per poter continuare ad attraversare la confusione da sola.
La dinamica che si è subito attivata, già dall’accoglienza, si è rivelata importante per poter creare uno spazio da dove poter ripartire con un nuovo ordine, più a contatto con me.
Una traccia di questo passaggio, al quale ho dato inizio con questa esperienza e che ancora sto navigando, è il logo da me disegnato, un segno venuto di getto, che ho rappresentato dando alla fine nel bilancio conclusivo la mia interpretazione.
Alimentare il cosmo rosso, attraverso le immersioni di vita che mi rivelano ad un cuore coraggioso, lasciando entrare gocce gialle, come il giallo metastorico che non si conosce ma che c’è e può assumere qualsiasi sembianza, rinforzando l’opportunità alla figura informe blu, che si accenna danzante in alcune parti, di spingersi nel bisogno di volersi definire per continuare il viaggio, che comincia sempre con una nuova partenza, da un punto di vuoto da riscoprire. Nella punta o sbavatura del cosmo rosso, nell’intenzione di rappresentarlo non come figura chiusa, ma aperta, ho collegato il titolo di questo viaggio scritto in tre parole:
“Resa Liberazione Abbondanza”
Come un varo di una nave, pronta a partire per iniziare a riconoscere le parti di pieno da restituire ad una trasformazione, spingendomi nel vuoto come possibilità di un nuovo viaggio, facendo entrare nuove cose con abbondanza.
La camera ad oggi sono riuscita a mantenerla nella sua sorprendente trasformazione, e con l’inno del “Qui comando io”, nell’atto conclusivo di questa scialuppa itinerante, pensato come traccia musicale di questa esperienza, sto riuscendo a mantenere l’ordine in tutta la casa perché la parte creativa voglio cominciare ad esprimerla ricominciando a danzare sulle note della scia che traccio.
Grazie Barbara, Francesca L., Sandra, Ripalta e Lucia per il dono prezioso al quale mi avete ricondotto.
Silvia
1 Commento/i
betta fenu
Che bel post, grazie per aver lasciato traccia!
Avanti tutta!