“Ciò che l’amore può fare, l’amore osa tentarlo”: lettera al mio Interno.

20 agosto 2016

Mio dolce e adorato Interno,

Finalmente oggi sono pronta a dirti Sì. Lo so che non ti conosco da molto tempo, ma sento che tu ci sei sempre stato… quante volte hai dovuto spingere, e quante volte io ti ho tradito e deluso, facendoti sprofondare sempre più giù, fino a scomparire… o quasi… perché oggi riconosco che le tue spinte sono state tante, ma a me sapevano di rabbia e dolore, emozioni antiche che io, fin da bambina, avevo messo sotto chiave e chiuso in cantina.

Beh, oggi so che anche tu eri finito lì, mio amato Interno.

Lo so perché è lì che ti ho visto la prima volta. Mi facevi paura sai? Eri pallido e freddo, e il passaggio per raggiungerti era stretto, e allora ogni volta rinunciavo, e risalivo… perché ogni volta era come morire, e ogni volta volevo scappare. Allora andavo fuori, a fare ciò che un tempo mi riusciva bene, a cercare uno specchio, a cercare braccia che mi tenessero, ma che poi mi ritrovavo a porgere.

Ma dopo averti visto, quei viaggi sono diventati sempre più vuoti, sempre più sterili… e negli specchi rivedevo te… e allora sentivo, ogni volta sempre più forte, il desiderio di tornare, di riattraversare quel tunnel che mi portava alla cantina dove c’eri tu… e ogni volta ho fatto un passo più in là, ogni volta ha dovuto lasciar andare qualcosa per potermi muovere in quell’imbuto stretto, e ogni volta ho sentito le contrazioni dolorose della morte, che piano piano sono diventate doglie di un parto, di una nuova nascita.

Man mano che scendevo, riuscivo a vederti un pochino più da vicino. Iniziavi a sapere di “casa”… e più ti guardavo e più mi innamoravo di te… ciò che era freddo, aveva iniziato a riscaldarsi. 

La cantina era meno buia, entravano raggi di sole.

Avevi le sembianze di qualcosa che sicuramente io avevo già visto prima. Tu ci sei sempre stato… noi eravamo uniti tanto tempo fa, e poi ci siamo persi.

Quanto ho viaggiato senza sapere cosa stessi cercando, con gli occhi puntati fuori, le gambe stanche, la sfiducia, la delusione… ma oggi so che senza quei tanti viaggi non ti avrei mai più visto. Sì, tu mi avresti aspettato, lo so, ma credo che a lungo andare quel freddo e quel buio ti avrebbero inghiottito, e saresti morto davanti al mio ennesimo restare sorda ai tuoi richiami.

Io oggi sento dal profondo del mio cuore che ti amo, mio Interno.

Tu sei la roccia su cui io sto costruendo la mia nuova casa, e non è un caso se la scorsa settimana finalmente siamo andati al mare da soli, io e te, senza più quella paura del giudizio, senza quella ricerca di uno specchio. 

Se oggi questo è possibile è merito mio e tuo, che non ci siamo arresi, che abbiamo fatto coppia, imparando a deludere e tradire un esterno che ci voleva a sua immagine, e che ci rimandava un’immagine distorta di noi, di me, dove per te non c’era posto.

Da quando siamo una coppia, mi capita di avere momenti di gioia… certo, ancora non sono tanti, ma ci sono! E poi abbiamo ripreso a disegnare, a leggere, e ci prendiamo del tempo per noi! Addirittura abbiamo anche pensato che un giorno potremmo andare in un altro posto e fare un altro lavoro… chi l’avrebbe mai detto Interno mio… senza di te io non l’avrei mai pensato.

Tu mi hai insegnato ad autorizzarmi. Mi hai insegnato a chiedere. Mi hai insegnato a non aver paura di mostrarmi per ciò che sono. Non hai giudicato le mie lacrime, la mia rabbia, le mie delusioni, i miei deliri, il mio senso di morte… e hai gioito per le mie vittorie, per il mio coraggio, per il mio scegliere il “voglio” e non più il “devo”, per le mie parti bambine e fragili che ho saputo mettere fuori.

Oggi so che non avrei potuto mai fare coppia con qualcuno se prima non avessi incontrato te.

Non ti prometto giorni facili e sempre felici, ma posso prometterti che insieme proveremo a suonare tutte le note, che insieme andremo sull’altalena che ci farà vedere la luce e il buio, che cercheremo di alimentare la nostra stella affinché abbia abbastanza luce per brillare e anche buio per essere visibile.

Non ti prometto un amore di sole parole, di sola musica, di sole vacanze, ma ti prometto che mi impegnerò giorno per giorno a vederti, e a fermarmi se non ti vedo più.

Prometto di controllare l’olio nella tua lanterna affinché non si esaurisca e ti lasci completamente al buio e al freddo.

Ti prometto che resteremo in viaggio e che, anche davanti alla tempesta, io chiuderò gli occhi per non perdermi nel vortice di ciò che mi sta intorno.

Mi impegno ad esserti fedele, come tu lo sei stato con me sin da quando ero nel grembo di mia madre.

Adesso io e te, uniti in questo matrinuovo, possiamo essere spiriti creatori che dalla morte possono far nascere la vita. Io e te lo sappiamo come si fa… siamo stati tanto tempo nella morte, e per un po’ non vedevamo altro che quello, ma oggi da questa esperienza possiamo trarre insegnamento e transitare verso nuovi spettacoli, verso specchi in cui si riflette la nostra immagine.

Per questo io ti sposo, mio Interno, senza veli, senza promesse grandiose, senza certezze assolute.

Ti prometto anni lenti, incerti, dubbiosi ma anche inediti e aperti, e sono pronta a saltare con te dal trampolino più alto perché adesso non ho paura e so che anche quando vacillerò, tu ci sarai, fedele compagno di questo viaggio nell’In.Di.Co.

“Ciò che l’amore può fare, l’amore osa tentarlo”.

Ed è con amore oseggiante che io, Francesca, mi sposo con te, Interno, e ti ribattezzo Internò, perché oggi sei Libero, libero di viaggiare nel mare aperto della vita.

Internamente Liberata

1 Commento/i

  1. betta fenu

    profondamente bello!

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