“Vedrai, strada facendo si accenderanno lanterne e troveremo vestiti nuovi”: dal diario di Albagiuseppina, giugno 2016.
Ogni giorno fino a qui, nottetempo o all’alba, i pensieri che sono riuscita a fermare in parola, prendono forma nel presente in ciò che vivo e sento… dinamiche globali nel presente sul campo.
Quel che segue l’ho scritto d’impeto e con sofferenza sui fogli scarni di stampa di un libretto che avevo nel comodino.
È stata la notte dopo l’impianto della nefrostomia, procedura che nonostante l’anestesia locale ho paragonato, canzonando Eliseo sulla passione di Cristo, alla lancia del centurione che trafigge il costato.
Non ci rompessero più le palle co ‘sta storia infinita che gira tutta intorno a tre ore di agonia… perdonatemi lo sfogo, ma “quando ce vó ce vó”, come si dice qua a Roma!
Fino più o meno alla mezzanotte, nei momenti di veglia dolorante, mi gustavo, guardando lo spicchietto di cielo nero nero che vedevo dalla finestra, la bella notizia che forse il giorno dopo, quindi ieri, sarei potuta uscire dall’ospedale.
Ho pensato alla “nota della festa” e a quanto a volte la interpretiamo come una manifestazione di gioia con cose anche belle ma esterne a noi: il ballo, le risate, il canto, il festeggiare, insomma in tutte le sue forme possibili.
Ho pensato che io avevo tanto tanto desiderio di aria aperta – se ci fosse stato un po’ di vento sarei stata più contenta – che avevo voglia di vedere questo brutto palazzone da fuori, che avevo tanto desiderio di sentire l’odore dell’erba e di riscaldarmi il volto con un po’ di sole. Avevo desiderio di un piatto di patate lesse… semplice… ma cucinato bene!
Ho pensato che forse la nota della festa la viviamo più quando si avvera un desiderio… o meglio quando riusciamo a chiudere bene una dinamica legata ad un desiderio intimo, vero, profondo… non importa se semplice come i miei ora, o meno… conta il quanto soddisfare quel desiderio ti nutre in tutti codici.
Ho pensato, sentendomi già un po’ in festa, che quando questo accade tutti i codici gioiscono… anche le cellule gioiscono.
Ma… c’è sempre un… “ma”! C’era qualcosa che proprio non mi lasciava chiudere quella giornata… nonostante la buona notizia, nonostante l’antidolorifico, nonostante il sapore di festa per il giorno dopo. Intorno alle 2:00 ho letto la terza regola del gioco “La Vita è bella”, che è nato con Mariano in questa occasione di forte “anello diabolico” della mia vita… mi ha spiazzato.
Non capivo perché proprio quella notte Mariano mi parlasse con chiarezza, appunto, di anello diabolico, di identità profonde che muoiono, del tunnel quantico, dello smarrirsi nel labirinto, di accogliere il dolore come doglie del parto.
Ho travagliato in silenzio, prima cercando di mescolare queste cose con quelle di prima, poi invece riconoscendo un magone profondo che man mano usciva… ad aiutarmi in questa discesa altri stimoli… “quando dipendiamo da protesi esterne, quando il corpo è dismaturo-malato, quando sentiamo morire una identità profonda“.
E poi… “È tempo di attraversare il tunnel quantico e fare il salto precipiziale“…. “è facile smarrirsi in quei labirinti e perdere il contatto col disco placentare dell’In.Di.Co. e abortire” …”non temere la definitiva perdita-scomparsa perché CIO CHE SOLO IO SONO si trasforma, ma non scompare”… “cordicella-fides“… “ricordarsi della placenta esistenziale e attendere-cercare l’In.Di.Co. aiutandosi con CITT ‘A VOCC E FORZ ‘E NERV”.
È già, sarei uscita l’indomani dall’ospedale…. ma come uscivo??
Il tunnel quantico non è questo breve tratto fatto fin qui, seppur è stato impegnativo… una parte sì… un inizio… ma ora ci sta da incamminarsi… e sarà notte.
All’alba del 16 giugno 2016. Policlinico Agostino Gemelli, Roma.
“Cara Giuseppina mia, stamattina parliamoci un po’ cuore a cuore e chiaro chiaro.
Giuseppina mia, sento che è tempo oggi di togliersi dei vestiti che ti hanno protetta e abbellita fino a qui. Sento un magone dentro, è un dolore profondo, un dolore buono però che mi accompagna a dirti la verità.
Giuseppina mia, ti accarezzo e ti dico che è tempo di togliersi il vestito della donna tuttofare, affidabile, sempre attenta, iperattiva, super efficiente ecc.
Lo so Giuseppina mia che un po’ non ti riconosci senza questo vestito e che fa male, ma è tempo di accogliere il fatto che il tuo corpo, i tuoi codici profondi, il tuo viaggio, hanno bisogno di tempi lenti e di risorse nuove (diverse dalla forza che hai sempre dimostrato) per attraversare.
Fidati Giuseppina mia, tu non sei solo quel vestito… sapremo trovare un giorno alla volta modalità diverse per stare nel quotidiano.
Giuseppina mia, è tempo di togliersi il bel vestito della mamma perfetta onnipresente, a volte onnisciente. Ci sono cose che nei prossimi tempi non riuscirai a fare bene come prima.
Fidati Giuseppina mia, credimi, insieme ad Andrea e ad Alice imparerai ad amalgamare il tuo presente con i loro bisogni, e a trovare strade nuove per stare nella loro crescita. Non aver paura di perdere cose che ora non puoi avere da dare. Non aver paura.
Giuseppina mia, è tempo di lasciare il vestito della ragazzetta intelligente che vuole comprendere tutti e appunto comprendere in sé tutto ciò che può…
Lascia spazio a te, alle cose essenziali che ti servono per procedere.
Lascia soprattutto la responsabilità agli altri di crescere e comprendersi da soli se vogliono… non amareggiarti troppo se senti che deludi.
Fidati, so che è difficile per te che sei rimasta all’angolo tante volte. Ascoltami, è una cosa buona. Vedrai.
Giuseppina mia, è tempo di lasciare il vestito più bello. Il tuo corpo ben fatto, agile e forte, come hai potuto vedere-vivere negli ultimi mesi e soprattutto in questa settimana, ha dovuto lasciare spazio alla fragilità, ai limiti che pone la sofferenza, ai tatuaggi di vita, alla lentezza, al dipendere per alcune cose dagli altri, e da oggi, per un pezzo di strada, al dipendere da una protesi esterna.
Giuseppina mia, ti ho vista stamattina e mi hai fatto tenerezza quando ti sei guardata nel piccolo specchio del bagno e hai avuto nostalgia del tuo corpo di prima, magari vestito da trekking davanti a un bel sentiero. Piangi, piangi pure se vuoi, è una cosa buona quando si deve lasciare una cosa che è stata importante e ci piace.
Giuseppina mia, ancora ti dico… fidati. Anche se è doloroso, io sento, anche se non vedo, che il “fiore” rispunterà fuori… con colori diversi. E sì! Sarà un bel fiore!
Giuseppina mia bella, è tempo di togliersi il vestito della sessualità come l’hai vissuta e interpretata finora. Perdonami la crudezza, ma parlarsi chiaro chiaro è meglio che imbrogliarsi con i “Ma dai! Non fa niente!”, “Va bene così!”.
Il catetere per drenare il rene è un bel guinzaglio, il taglio profondo fino sopra al pube e l’intorpidimento all’inguine ci saranno ancora per bel po’ di tempo ad infastidirti, e poi potranno esserci altri limiti da considerare.
Giuseppina mia, stai tranquilla. È tempo di non dubitare. Non dubitare del desiderio del tuo compagno di starti vicino per ciò che sei ora, non dubitare della sua capacità di amarti oltre questi aspetti. È un uomo luminoso, profondo, con una sua specificità piena e armonica che si esprime al meglio quando entra in relazione diretta con il corpo delle persone, e sa trasmettere amore in tanti modi. Tonino ha veramente a cuore la tua vita.
Fidati. Insieme saprete trovare il modo di stare vicini. E poi diciamocelo tra donne… per quanto riguarda la sessualità, si può sempre inventarsi qualcosa. No?!
Giuseppina mia bella, ancora di qualcosa bisogna che ti spogli ed è molto molto importante che tu lo faccia ora.
È tempo di togliersi il cappello regolare e ben cucito che rappresenta tutte le convinzioni, i protocolli, i paroloni di quelle che si definiscono verità medico-scientifiche.
Non ti spaventare, calma, non significa che queste cose non ti serviranno, anzi proprio ora anch’esse faranno la loro parte… ma… Giuseppina… non devono stare a coprirti la testa.
Ti ho vista desiderare di acchiappare quel foglio della relazione della sala operatoria, passare di mano in mano a tutti i camici verdi, bianchi, bianchi e blu, bianchi e rossi che hai visto passare davanti al tuo letto. E quando ci sei riuscita ad acchiapparlo, ti ho visto impallidire e tremare.
Fidati.
Giuseppina mia, ciò che sei o che sarai non sta scritto su nessun foglio… neanche quello.
Togliti quel cappello, fidati, anche se ti dice che vedrai cadere i tuoi bei capelli e vorresti tenerlo per nasconderti un po’.
Come ti diceva Cristiano molto tempo fa, i tuoi capelli sono il tuo angolo alfa… anch’essi, se non te ne dispiaci troppo, cadendo ti parleranno di cambiamento, di trasformazione… non di perdita.
Giuseppina mia, sei rimasta nuda.
Lo so, è doloroso e fa paura, d’altronde anch’io vedi ho solo una vestaglietta color dell’alba che ho indossato in ospedale.
Sono contenta che ci siamo parlate cuore a cuore e chiaro chiaro stamattina io e te.
Forse oggi usciremo da questo posto e sento che è buono che ce ne andiamo così… nude.
Abbracciamoci un po’ io e te, aiutiamoci ad accogliere tutto questo dolore, ne abbiamo bisogno ma poi…
Giuseppina mia… andiamo… vieni… incamminiamoci anche se sarà notte.
Vedrai, strada facendo si accenderanno lanterne e troveremo vestiti nuovi.
Adesso è tempo di saltare-andare insieme. E sì! Come ha detto Mariano stanotte “Citt a vocc e forz e nerv”.
Fidati! Vedrai non ci perderemo… se ti fidi, la placenta esistenziale sarà con noi. Sai, io non l’ho vista ma l’ho sentita, so che c’è.
Giuseppina mia, ti voglio tanto bene e mi piace stare a braccetto con te”.
La tua Albagiuseppina.
1 Commento/i
Sandrasa V.
..voglio solo augurarti buon viaggio dentro di te…che la bellezza delle tue profondità
accenda lanterne nuove…e vestiti nuovi diano colore e colori nuovi alla tua anima così speciale. un abbraccio sandra v.