“La verità è sempre quella che sta nel cuore… La verità è anche dire vaffanculo, quando uno lo può fare”.
… Lascio andare la fune
Che mi unisce alla riva…
Eccoci, iniziamo, anche se so già che le cose da scrivere saranno tante… ma lo faccio con piacere e cercherò di farlo fino in fondo, nel profondo di quello che mi sono vissuto.
In realtà volevo cominciare dal S.L.G. sul racconto del “pane anticamente pane” che Fiorella, con grande visione globale teorica, ha saputo e voluto fare.
Ho vissuto l’arrivo di Mariano nel territorio dove abito con una gioia profonda: per me la sensazione era quella che mi vivevo quando ero piccolo e ci si preparava ad accogliere i parenti a casa nostra la domenica, oppure per festeggiare qualche ricorrenza, e sentivo la stessa emozione che non provavo da tantissimo tempo.
La preparazione era stata fatta da me e Fiorella, che ci siamo impegnati tantissimo nell’organizzare e preparare.
Un merito più grande lo voglio dare a te Fiorella, che hai preparato i pani da vendere per la Fondazione, con cui hai ricavato una bella somma di soldi, più di quelli che ci aspettavamo… è veramente un merito grande rispetto all’impegno ed al sacrificio che hai messo lavorando anche di notte.
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Un ringraziamento sento di darlo a Gianmatteo, Serena, Adriana e Monica che hanno accompagnato Mariano in questo viaggio fino ad arrivare da me, e alla rete dell’Associazione Veneto che vi ha partecipato attivamente, con addirittura la presenza di Enrico e Patrizia che sono partiti dalle Marche per arrivare in Friuli e viversi questo momento speciale con tutti noi.
E’ stato importantissimo Mariano, che come chi ama per amare la vita ha portato con il suo spirito una visione globale del racconto, già ampiamente teorizzato da Fiorella, su come meccanismi che già la vita ha in sé e fa da sé, succedono anche alle persone, che invece si sono strutturate su meccanismi tanto complessi e ricchi di concetti simbolici che escludono la vita e ne danno una visione distorta e non reale, che fa nascere sofferenza e dolore che dovrebbero essere accolti come procedimenti che sono già così.
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“Maschera e Sangue” – Michela Garbati |
Il giorno successivo al S.L.G. abbiamo avuto un momento che Mariano ha voluto dedicare a me e Fiorella per fare un punto sul procedere delle nostre vite.
Sono rimasto veramente sconcertato e meravigliato allo stesso tempo di come mi ha spinto a tornare nella mia famiglia di origine, e di come l’amore di Fiorella è stato talmente grande da accettare.
Sì, quaranta giorni con loro in cui devo dimostrare a me stesso i miei nuovi punti mitotici nella relazione che posso avere con i miei genitori, vivendomeli per quello che sono, riconoscendone i limiti e prendendo quello che per me è buono in una modalità nuova, mia e più consapevole dei meccanismi castranti che si vivono, ma che io ho respirato e sempre combattuto con rabbia.
Lasciare è sempre difficile e complicato, ma Fiorella mi ha permesso di fare questo perché ha accettato, anche se con molto sacrificio, questa fase di quaranta giorni in cui io non potrò esserci.
Anche per me non è stato facile accogliere questa proposta, perché io mi ero organizzato per fare solo la settimana intensiva in conduzione, e poi sarei rientrato per portare avanti il lavoro e quei progetti iniziali che stavo maturando nelle relazioni con i gruppi, di cui io mi ero privato e in cui non riuscivo ad entrare tramite nessuna modalità, sentendomi un po’ un pesce fuor d’acqua in un territorio nuovo e diverso.
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“Coppia Simbiotica” – Michela Garbati |
Si parte… decidiamo, con Mariano, che per Lucio è buono viversi l’intensiva, anche perché lui ha pensato di poter continuare a lavorare su Lucio, che l’anno prossimo inizierà la scuola ed avrà meno possibilità di vivere momenti di vita vera.
Lo porto con me. Io ero tra i conduttori dell’intensiva, e per me è stato un piacere farlo, anche perché rispetto al Progetto Nuova Specie ho proposto la prima iniziativa, da solo, per introdurlo nel Friuli Venezia Giulia, e sentire realtà di altre associazioni, tra cui Veneto e Lombardia, mi ha aiutato tanto a verificare come è difficile intrecciare con questa realtà di vita nuova, che continua a sperimentarsi sulla vita, attraverso l’utilizzo del Graal Alla Salute, che già possiede in sé una propria identità, nata col Metodo alla Salute e di cui è la base.
Arrivo un po’ spaesato a Salice Terme, un posto nuovo che non avevo mai visitato.
Dopo un viaggio silenzioso e pieno di pensieri dubbiosi, la signora L.I.D.I.A. e il Signor Blow Upcercheranno di aiutarmi a descrivere come ho attraversato questi giorni.
Non trovo subito la sala dove si teneva l’accoglienza che Mariano doveva iniziare da lì a poco, ma arrivo dopo qualche minuto.
Le prime persone che incontro già prima di entrare sono Rachele e un ragazzo che, con passo accelerato, mi passa affianco, va fuori dal cancello dell’albergo e lancia una bottiglietta d’acqua in aria… guardo Rachele e le dico: “bene si può cominciare!”.
Arrivato nella sala, incontro Filippo, Marcello, e Atmanand che sento fuori dal gruppo, che già era dentro la sala.
La prima sensazione che ho avuto entrando è stata di grande impatto. Ho sentito come la sensazione di andare a sbattere contro un campo magnetico molto denso e pesante, mentre Mariano continuava a conoscere persone che avrebbero partecipato all’intensiva.
Sono stato molto felice che le persone mi abbiano salutato con il piacere di rivedermi, non tutte, ma ci sta, e subito ho sentito di esserci e che si partiva con un nuovo viaggio.
Avevo già avuto modo di vedere Mariano che da subito era in grado di dare direzioni e visioni di meccanismi da smontare, illusioni di realtà vitali che le relazioni instaurate in dinamiche familiari facevano vivere, portando a vite finite, chiuse, soffocanti.
Io avevo la macchina fotografica, ed il primo giorno ho iniziato a fare foto.
Poi ho pensato che le persone che andavano fuori dovessero stare dentro, e sono andato a chiamare Filippo, un cosiddetto psicotico che per 20 anni la psichiatria ha relegato ad una vita povera e misera: mi ha subito riconosciuto nel maschile ed è entrato.
Mariano ha colto l’occasione per entrare in relazione con lui, un matematico, che comunicava attraverso le formule, un uomo di grande cultura, con sogni lasciati a morire, ma con ancora ricordi vivi che volevano raccontare una storia.
Tutti hanno visto il miracolo della vita, di un uomo che sente, senza paura e pregiudizio, ma attraverso l’essere spirito creatore, accompagnato dalla vita.
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Dal film “A beautiful mind” |
Da questo momento in poi, grazie a Filippo, l’aria è cambiata, diventando più leggera e fluida: dopo una prima interazione, Mariano lo invita a ballare con tutti quelli che ci volevano stare.
Il concetto che ha caratterizzato la settimana, e non solo, perché è partito dal S.L.G. sulla storia del “pane anticamente pane”, è stato il vedere come nelle relazioni ci si indurisce, diventando lapis, pietra dura.
LA RABBIA E’ COME LA COLLA CHE TIENE UNITI I MATTONI:
SE NON SI SCIOGLIE LA RABBIA,
SI CREANO BARRIERE,
LASCIANDO ALL’ESSENZA DELLA VITA SOLO MURI.
Andiamo in cascina Boscone, dove il gruppo di conduttori si ritirava per fare i bilanci serali e riposare: un posto isolato, immerso nella natura.
Ero un po’ perso e spaesato: il gruppo dei conduttori è stato veramente folto ed eravamo tante diversità in viaggio.
Devo dire una cosa che mi costa e mi pesa, perché il negativo io l’ho sempre celato e occultato, come se non dovesse servire per vivere bene, mentre adesso ho capito che è soprattutto la modalità più vera per poter procedere verso il nuovo.
Insomma, sono rimasto molto male per il fatto che con Lucio mi sono dovuto adattare a dormire su un materasso gonfiabile sul pavimento, che per carità, tutto si può fare e si è fatto, però io avrei tenuto conto che un bambino di cinque anni ha dei bisogni un po’ più esigenti che un ragazzo o uomo, ma a nessuno è fregato nulla, e come al solito papà Emanuele si adatta e cerca di inventare il meglio per migliorare la condizione.
Alla fine, il giorno successivo, mi sono svegliato con un torcicollo da paura che non mi permetteva di girarmi con la testa e guardare indietro. La tensione del momento che mi vivevo e di questi non accorgimenti verso di me e di conseguenza con Lucio, mi hanno fatto molto irrigidire e stare in tensione, però dico anche che è un meccanismo che dipende molto anche da me, perché aspettare che l’esterno si accorga di te, o di quello che ti serve, o ciò che ti idealizzi, ti illudi che ti possa far stare bene, ma poi in realtà è un forte blocco emotivo.
Il non saper anche chiedere e far sentire come ti senti agli altri, che non è detto ti possano vedere, ma almeno l’esprimere un bisogno, è già un voler procedere verso te stesso anche se sei deluso.
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“Giano bifronte” |
Il secondo giorno dell’intensiva ci sono stato in una modalità mia, che è quella di esserci nel non esserci: non ero io in conduzione ma sono stato presente, soprattutto nel fenomeno vivo della fase delle immersioni. Avevo comunque un malessere mio, uno star male che in realtà non mi ha fatto vivere alcune parti mie nella leggerezza con gli altri.
Il terzo giorno sono stato malissimo. Sono sceso molto dentro il mio dolore, iniziavo a sentire che dovevo lasciare tutto: il lavoro, Lucio, la mia casa che ha vissuto tanti miei momenti di vita con me di grande sofferenza, solitudine e che mi ha accolto nell’attraversare la mia morte per un gran lungo periodo, dove solo mio figlio Lucio mi ha accompagnato, mettendo a rischio la sua vita, e come ogni figlio fa, morirebbe insieme al genitore, cioè chi gli ha dato la vita, perché ancora io non capivo il senso di tante cose.
Quello che mi faceva star male più di tutto era la separazione da mio figlio. Io mi sento un padre che vuole esserci, con i limiti o senza, ma ci vuole essere. Tante intensive fatte, tante dinamiche vissute e accompagnate, ma l’assenza dei padri mi ha sempre fatto stare male.
Mio padre ha molti limiti, tante gabbie che lo rinchiudono, però non posso dire che non c’è stato nella mia vita. A modo suo, ma è sempre stata una presenza che cercava di accompagnarmi su diversi aspetti della vita, con la sua esperienza soprattutto religiosa. Ho sempre sentito il senso di morte che si porta dietro: infatti, i miei giochi con lui erano sempre prove di forza. Volevo sentire la sua potenza offuscata dalle maschere e riconosco anche che Lucio lo fa con me, ma io ci sto lavorando, nel senso non sto perdendo tempo.
Con me Lucio avrà fatto quattro intensive, e per chi ha figli e si cimenta a sperimentare se stesso, fare una intensiva con il proprio figlio/a piccolo/a è molto stancante, ma anche molto produttivo per il rapporto e per se stessi singolarmente. Comunque, fino ad oggi, padri con figli piccoli nelle intensive in conduzione ne ho visti pochi, e di questo me ne do merito da solo, perché ci sono riuscito e ci riesco.
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“La gabbia infernale” – Michela Garbati |
Il quarto giorno toccava a me condurre il rito insieme ad Adriana e Maria Antonietta, e Sabrina che ha preparato alcune cose utilizzate durante il rito.
Avevo avuto in realtà già esperienze di conduzione di riti, non avevo avuto molto tempo per pensare ad un rito alternativo organizzato da me, per cui rispetto allo storico rito, sempre molto bello, dei Popoli Delle Terre Danzanti, mi sentivo più sicuro.
Forse il rito più corto della storia del Metodo che io abbia visto… cioè alle 11.40 erano tutti scoppiati… le dinamiche si sono succedute una dietro l’altra, e le persone sono state tutte vicine e hanno partecipato… insomma era un tappeto di gente sdraiata sul pavimento che si stringeva per sentire calore.
In realtà è stato anche molto bello accompagnare le persone al riposo, nell’abbandonarsi a se stesse, alla vita, ad accogliersi reciprocamente.
Mio figlio Lucio “il saggio” in questa fase mi ha lasciato sconcertato, perché è venuto vicino e mi ha chiesto il microfono. Io un po’ ci ho pensato e inizialmente non volevo farlo parlare per non uscire dalla dinamica, poi mi sono fidato e l’ho lasciato fare.
Ha detto:
“la verità è sempre quella che sta nel cuore, e anche dire vaffanculo, quando uno lo può fare”.
Tutti sono rimasti ad ascoltare Lucio, un bambino di cinque anni, che con la sua semplicità ha detto la sua verità.
Il pomeriggio ho sentito di poter lasciare, abbandonarmi a me stesso, a mio figlio, e di poter godere dello spettacolo fatto da Riccardo, Gianmatteo e Isaia sulla teoria dell’unità didattica “La Piramide del Sarvas”.
Il giorno successivo Mariano, puntualissimo, inizia iRing. Beh, non so erano anche bilanci, insomma ha fatto Rin-Bil con Rachele e Nadia che l’ho hanno accompagnato.
Io sentivo forte il lasciare perché si avvicinava il giorno della separazione fra me e Lucio.
Il giorno dopo arrivavano i nonni materni, a prenderlo per portarlo a casa e mi sentivo perso in quella sensazione di vuoto, di tristezza, come se perdi una parte di te, come se ti stacchi da un pezzo tuo importante.
Ho vissuto alcuni momenti di gioco sul pavimento, anche diversi dai soliti, molto più sentiti, meno di forza, ma teneri nell’accogliersi l’uno con l’altro.
Sentivo che Lucio aveva già sentito e capito che ci sarebbe stato un cambiamento, che ci saremmo dovuti separare.
Il giorno dopo è stato un giorno particolarmente difficile perché Mariano è stato malissimo: aveva nausea e mal di stomaco, e si vedeva la sua sofferenza nel dover restare in una situazione che richiedeva energie, in cui ha voluto comunque starci e rimanere fino alla fine, portando a termine l’impegno preso.
Lucio doveva partire e Mariano ci chiama perché tutti potessero salutarlo. È stato un momento bellissimo perché Lucio si è accoccolato fra le mie gambe e ha ascoltato me che spiegavo il motivo per cui dovevamo separarci, anche accompagnato da Mariano.
È difficile fare questo ed è molto doloroso, ma tutti poi hanno voluto baciare Lucio per salutarlo ed è stato bellissimo vedere come ognuno avesse ricevuto da Lucio dei Doni-Regalo e che lo riconoscevano nel suo stare dentro il gruppo.
Il viaggio continua…
Emanuele