Triggiano (BA), 23 aprile 2016. “Tra vagabondaggio e Africa italiana: il racconto dai diari di Cristiano Ceglie”.
“Anziché
farmi ispirare da una mancanza,
mi voglio far ispirare da ciò che posso avere,
da qualcosa che posso aggiungere,
e non da qualcosa che non ho.
Non voglio
farmi ispirare da un meno, voglio farmi ispirare da un possibile più”
Prima parte del diario dei 40 giorni di viaggio di Cristiano.
Avevo ricevuto l’invito a partecipare all’ascolto che Cristiano aveva preparato per condividere il vissuto dei suoi 40 giorni passati in viaggio, lasciando tutto e partendo senza una rotta ben precisa, senza una meta da raggiungere, ma solo per ritrovare se stesso, sperimentando la presenza dell’In.Di.Co.
Giorni prima di questo evento, ho scritto dei versi che mi sono venuti in un momento mio di grande perdita.
Anche io ho lasciato tutto: il lavoro, mio figlio Lucio, il territorio che mi ospita e dove, dopo tanti anni, stavo cercando di costruire cose per me con fatica.
Vorrei dedicare questi miei versi a tutti coloro che leggeranno questo post:
“Tra il fare e il non fare si forma il creare, andando verso l’ascoltare.
Se la confusione non vuoi creare, attraverso la vita ti devi fermare.
Lasciare tutto sì! Lo puoi fare, e la vita in questo ti può accompagnare.
Ora… avvicinarti a te stesso è reale, ma la sofferenza dovrai attraversare.
Il tempo rallenta, ed è tutto più reale.
Tra il fare e il non fare adesso sì…. che si può ricominciare.
Nuove forme e colori potrai regalare e attraverso la vita riprenderai a realizzare.
Tra il fare e il non fare si forma il creare”.
Chiedo a mio padre di volermi accompagnare a questo salotto letterario di Cristiano, che accetta con qualche riserva perché il valore dell’esprimere questi pezzi di vita vissuta lo comprende in parte, ma mi accompagna ed io sono felice perché sento che lo fa ancora soprattutto per me, ma va bene così e apprezzo.
Accolti in una bellissima casa da Giusi, aspettiamo che il gruppo arrivi tutto per incominciare, e tra saluti e abbracci occupiamo quel tempo.
Cristiano un po’ l’ho sentito agitato ed emozionato, ma sentivo anche la grande voglia di condividere e di raccontare quello che si era vissuto come una conquista, come per dire “finalmente mi sento parte della mia storia”.
Inizia con il raccontarci la difficoltà che ha dovuto superare per iniziare il suo viaggio nell’esprimere il suo stato quiete ai suoi genitori, alla sua compagna Giusi, e rispetto a se stesso e ai suoi bisogni, aveva già dei progetti avviati che doveva lasciare.
Rompere dei flussi, degli equilibri che nel tempo si solidificano è sempre molto difficile perché ci fanno stare male, ma allo stesso tempo non ci scomodano e ci cullano verso un assopimento illusorio, verso la non vita.
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“Rinascere dalle maschere” -Michela Garbati- |
Rotti questi equilibri, in cui si attraversa un primo negativo che accende i motori e scalda gli animi che si caricano energeticamente, il coraggio si fa avanti e si parte.
Cristiano parte con pochi soldi, una giacca pesante per il freddo ed un grosso zaino dove si porta dietro la sua casa.
Tra le tante cose che hanno caratterizzato il viaggio, io ho sentito questa rotta che era stata un po’ delineata da Mariano: dopo un primo periodo trascorso a vagabondare, lui avrebbe dovuto chiedere ospitalità a padre Antonio, un comboniano che gestisce un istituto a Castel Volturno.
Anche anticipando un’organizzazione che può dare certezze e sicurezza, la vita mette sempre alla prova se ci credi veramente fino in fondo: infatti padre Antonio, fino agli ultimi giorni, è stato incerto ed insicuro sull’ospitalità da dare a Cristiano, che affidandosi, ha creduto fino alla fine che sarebbe dovuto andare da lui per stare lì e conoscere quella realtà.
Tra l’abbandonarsi alla vita, i dormitori e gli incontri, Cristiano vuole andare a vedere il Vesuvio, che proprio in quel giorno, nel salirci sopra, era immerso in una nebbia fittissima: dopo averlo scalato, si ferma sul cratere che non era stato subito riconosciuto, perché la nebbia non ne permetteva la visuale.
In un momento particolare di sconforto e solitudine, Cristiano si rivolge all’In.Di.Co. e gli dice che lui era lì, che stava cercando un senso ed un segno…
La nebbia si dirada gradualmente, addirittura esce il sole, che gli permette di guardare, osservare e contemplare il cratere del vulcano, ma soprattutto il panorama che si affacciava verso il golfo di Napoli: il mare che si perdeva nell’infinito viaggio della vita.
Altri giorni passano, ed esperienze vissute attraverso incontri e astinenze da relazioni, che si fanno sentire, spingono Cristiano a trovarne di nuove, per condividere momenti, cioè emerge forte il bisogno di avvicinarsi alle persone: in una condizione di incertezza, l’esterno fa difficoltà a comprendere i tuoi bisogni.
Ma ancora una volta la vita accompagna Cristiano facendogli incontrare un cinese in un dormitorio, con cui condivide una cena in una pizzeria di Napoli che, non avendo posto a sedere, costringe i due a consumare la cena fuori, dove si ritrovano con un gruppo di Baresi con cui scambia delle battute che gli fanno anche sentire di non essere solo in viaggio, ma che quella parte delle sue radici, legata alla terra in cui vive, è sempre con lui.
Nel frattempo la risposta da parte di padre Antonio non arrivava, ma i giorni passavano e Cristiano doveva spingersi verso la meta anche delineata alla partenza.
Decide di avvicinarsi, temporeggiando e anche utilizzando al meglio il tempo che trascorreva, e visita gli scavi di Pompei recentemente ristrutturati e messi a posto, dove il tempo si è fermato lasciando traccia di una realtà vivente passata, intrappolata e pietrificata dalla lava del Vesuvio, che ha lasciato intatte cose che, se avessero continuato a vivere, si sarebbero consumate… forse.
Quando le speranze diminuiscono e Cristiano si ritrova a contare su se stesso e basta, arriva la chiamata di padre Antonio che spiega le condizioni in cui si trovava, con tutte le resistenze che impedivano il poter garantire una permanenza nell’istituto.
Cristiano qui esprime se stesso con tutta la sua potenza: aveva deciso lui, e anche con determinazione spiega che lui sarebbe andato lì ugualmente, e che sarebbe stato disposto a dormire in un ostello pur di viversi questa esperienza, quindi a lui interessava poco tutto il problema legato alla sicurezza di una ospitalità che dipendesse solo dagli eventi.
La vita agisce: si libera un posto, addirittura padre Antonio, che doveva parlare con il Vescovo, gli dice che poteva offrire un passaggio a Cristiano e che sarebbero partiti assieme per Castel Volturno.
Così è andata, e Cristiano si ritrova finalmente nell’istituto.
Una nuova fase inizia per Cristiano, che cerca di entrare in relazione con padre Antonio, che da padre adulto e rappresentante di una istituzione, avrebbe dovuto accompagnare Cristiano a essere quello che desiderava ma, come tanti figli che ritornano al padre anche con parti più adulte e risanate, questo succede poco, perché la crescita parte da se stessi e dal rapporto che si ha con se stessi, come Cristiano sta facendo vedere nell’attraversare il suo viaggio, nel rigenerare questo suo rapporto con se stesso per conoscersi meglio nelle sue profondità.
Qui finisce la prima parte del suo diario di bordo.
Si è fatta sera e dopo alcuni interventi di chi è stato lì ad ascoltare, si festeggia.
Cristiano riceve alcuni regali dalle persone più care, e da Giusi un ritratto interiore, realizzato dall’artista globale Michela Garbati, che raffigura: un vulcano centralmente; all’interno del vulcano, il demonio che sovrasta un neonato; sopra, nel cratere, vi è un angelo rannicchiato con le ali semi aperte, e in cielo una grande aquila in posizione di attacco che sorveglia, impetuosa e decisa.
Il pomeriggio è stato caratterizzato da una pioggia e un temporale che ci ha fatto sentire tutti al sicuro in quella casa: un segno bellissimo per tutti è stato l’arcobaleno che è spuntato a pochi passi dalla casa di Cristiano.
Io non avevo mani visto così da vicino un arcobaleno, anzi due: uno era più in lontananza, bellissimo.
Ci si saluta e ci si lascia con la curiosità di ascoltare la seconda parte del viaggio.
Emanuele