Stralci di diario del mio progetto Ri.C.O.R.D.O. Primo giorno: “cosa vuoi che sia… ma in realtà è paura”.
1 aprile 2020
Oggi inizia il mio progetto Ri.C.O.R.D.O. (Ricontattare una Casa Ontologica Ripartendo/Risolvendo Dalle Origini). Nell’acronimo c’è anche cor/cuore e ric/ricantare/ricontattare e c’è pure il Do, la prima nota, lo stato quiete. Sì, perché sarà fondamentale un ascolto continuo di me stesso, un ricontattarmi continuamente a solo ciò che io sono, che è la cosa più difficile quando sono dai miei, quando il loro vortice mi attira fuori di me. Dovrò cercare di farlo partendo dal cuore, dai miei istinti e dai desideri, dalle delusioni e dal dolore, per cercare di risolvere partendo dalle origini anziché dalla coppia, che è solo una rappresentazione di quelle origini.
Ieri sera, dopo aver deciso di andare 5 giorni dai miei, dopo che sia R, sia B mi avevano spinto, sono rientrato in casa e i bambini hanno espresso il desiderio di ritornare ad abitare nella vecchia casa. Era già tutto allineato. Pure E ha accolto bene la proposta e ne approfitterà per rigenerarsi stando un po’ da sola.
Oltre ad ascoltarmi da dentro le dinamiche con i miei, che già non sarà scontato e semplice per niente, voglio sfruttare questo progetto per definirmi rispetto alla casa: non torneremo a vivere là. È una scelta che ho preso, che ogni tanto ho bisogno di andare a rinnovare e che desidero comunicare ai miei, insieme al fatto che questo non toglie che desidero una relazione con loro, desidero prendere ciò che mi spetta (sia il saper fare di mio padre, sia il poter sfruttare la casa che i miei hanno sempre detto essere mia).
Ripartirò da questo e dalla costruzione della casina sull’albero insieme a mio padre. Da qualche passeggiata fra i campi e dal rivivermi quel luogo in cui sono stato per 38 anni. Tante dinamiche che per chiudere, devo riaprire, ricordare.
L’accoglienza di un progetto è una giornata in cui occorre andar piano e fare festa. Appena arrivati, prima di pranzo, i bambini sono voluti andare subito a vedere il vecchio appartamento ed è stata un’emozione, soprattutto ascoltando i loro ricordi (si ricordavano un letto grandissimo in camera matrimoniale, mentre ora che ci siamo dentro in 3 ci stiamo appena) che mi hanno commosso, vedendoli tanto cresciuti.
C’è stato il passaggio dall’ordinario, non netto, con i compiti, i tiri a calcio, la raccolta delle erbe con giretto nei campi sempre con mio figlio e il cane.
Con mia figlia faccio sempre un po’ più fatica a giocare.
Poi c’è stato un po’ di lavoro con mio babbo alla casa sull’albero e usare la motosega mi ha gasato di brutto, nonostante ho dovuto insistere, perché mio babbo ancora, con la scusa che ha paura che mi faccio male, mi vuole sempre passare avanti. Mi gratifica molto il progetto che abbiamo fatto insieme (nelle indecisioni insisto e la spunto sempre io) che prevede una struttura “abbracciata all’albero”, senza viti che forano l’antenato.
Poi c’è stata la passeggiata di 2 ore nei campi, durante una Skype. È stato importante prendermi questo tempo per me e comunicare l’inizio di questo mio progetto, proprio per festeggiare. Anche ascoltare gli altri 5 maschi e le loro diverse profondità mi ha fatto godere e sentire la mia dilatazione (cosa non scontata).
Prima della Skype ho sentito anche un’altra cosa importante che vale il titolo della giornata: “cosa vuoi che sia… ma in realtà è paura”. Nel senso che sono partito per definirmi con i miei sul fatto che non torneremo più ad abitare qua, ma mi rendo conto che rimando ad un momento migliore, quando il momento migliore in realtà non è mai. Un po’ voglio anche dargli valore ed essere in forza al momento della comunicazione, per non svendermi, ma mi sono anche visto il mio meccanismo della paura di definirmi. Per paura di perdere rimando, così almeno finché rimando mi vivo il positivo. Ma così è un positivo a metà, perché poi il positivo che arriva dopo l’anello della notte, se arriva (non voglio dar niente per scontato) è molto più forte e vero.
Ora chiudo gli occhi, con le gambe indolenzite, il respiro dei bambini che mi accarezza le spalle e la curiosità di risvegliarmi in questa stanza domani, per una nuova giornata, che desidero sia quella della comunicazione.
Adal-Makuru