23.02.2020: Crossingover e intrecci salvifici.
Mauro: Stando in giornate di vita latente e frequentando il Centro psicosociale di Treviglio – BG-, mi ha incuriosito la richiesta di aiuto e partecipazione di Debora per creare un evento a Cavriago, vicino a Reggio Emilia. Pur sentendomi lontano dalla metodologia di Mariano, ho sentito dal mio profondo una chiamata alla riscossa che mi ha indotto a chiedere maggiori informazioni a Debora.
Dal giorno dopo la chiamata, ho iniziato a percepire la paura e il desiderio di affrontare l’Unità didattica del Crossingover che lei aveva scelto.
Mi sono così buttato in piccoli intrecci con conoscenti del mio paese, aprendo un po’ il nucleo di sofferenza entro il quale stavo racchiuso poiché sentivo che lì abitava la possibilità di emergere.
Nel weekend antecedente il nostro donarci, Debora mi è venuta a trovare con una grande energia e disponibilità. Lei ha dimostrato proprio cosa significhi non soltanto studiare assieme la teoria e nel contempo, preparare una scenetta teatrale, ma altresì empatizzare e sentire a livello profondo il disagio anche compiendo atti di devozione (come esercizi di respiro e riti bioenergetici al parco).
Anch’io mi sono dato da fare, compiendo atti naturali, come andare a far spesa assieme e cucinare cibi molto naturali e colorati.
Giorno 23 Febbraio – Domenica
Avevo deciso di scendere il giorno prima per poter approfondire il legame coi famigliari di Debora e approfittare del compleanno di Angelica, la figlia di 7 anni. Desideravo altresì animare la teoria che con fervore, avevo tanto preparato e scambiare con Debora in modo più lento.
Ero sufficientemente emozionato ma centrato; sebbene ancora sotto terapia farmacologica, quel giorno mi sentivo radioso ed avevo voglia di trasmettere energia agli altri.
Erano presenti Camillo, un amico di Debora, Moreno e Daniele – papà e fratello -, Camillo un altro amico, Cristian, un utente in carrozzina, Daniela e il suo fidanzato.
Abbiamo scelto di iniziare con una scenetta che avevamo preparato che riproduceva la nostra conoscenza all’interno del Progetto Fenice; non abbiamo avuto nessuna difficoltà a svolgerla, io ho sentito dentro di me un’azione vera e autentica.
Debora: la regia della scenetta era mia, in quanto per me il mezzo teatrale risulta assai favorevole per poter esplicitare gli stati d’animo ed era anche ottima per far entrare le persone nella teoria del crossingover successiva.
Subito dopo, ho affrontato la teoria senza fronzoli, parlando solo di mitosi, meiosi e fasi del crossingover, per risultare chiara a chi non conosceva nulla di questo.
Insieme a Mauro, ho parlato anche di alcuni esempi importanti alfine di comprendere meglio: ovvero, il padre che riaccoglie il figlio “frantumato “a casa non perde la sua identità ma soltanto al 50% e per il restante si affida all’Inedito.
Mauro: Ho parlato poi della mia esperienza nel Metodo alla Salute, del risveglio dei miei codici profondi e della volontà di restituire alla mia vita dignità e vigore scalando anche gli psicofarmaci. Entrambi abbiamo sottolineato l’importanza dello accompagnamento dei genitori nel caso di una dipendenza o psicosi.
Notando l’estrema attenzione dei presenti e sentendo anche una corrispondenza, Daniele è colui che si è lanciato per primo nel raccontare ciò che stava attraversando, transitando dalla fase dei Pensieri alla fase delle Comunicazioni.
Abbiamo poi ascoltato, lo stato quiete di tutti i presenti, facendo attenzione a gestire eventuali scivolamenti in fasi profonde. Daniele ci ha tenuto a dedicare la canzone “Almeno tu nell’universo” a me e suo padre, esprimendo il suo desiderio con il codice analogico. In particolare, ha espresso anche il suo desiderio di rivedere presto tante persone vicine al metodo a Troia o a casa nostra ed era per tutta la durata del gruppo, molto acceso, desiderante, avvolto però da una calma piena.
C’è stato spazio per una contrapposizione anche buona e positiva per il gruppo, ovvero Cristian verso Camillo1, il quale sosteneva l’inutilità del suo simbolico e di quanto il lavoro lo avesse portato fuori strada nell’impedirgli di sviscerare le sue emozioni (effetto Maschera).
Debora: Essendo un gruppo nuovo non abbiamo sentito il bisogno di scendere in profondità con alcuni dei presenti, ma io, nel ringraziare il fecondo e vivido percorso di Nuova Specie fin allora perseguito, nonché gli antenati e i numerosi viaggi, mi sono lasciata andare ad un pianto che denunciava la fatica percorsa e la mia fragilità, rinunciando dunque alla Debora forte.
Mauro Teoria: da parte di tutti, è stato riscontrato che abbiamo spesso bisogno dell’Altro, anche se si trattasse di discutere, perché risulta molto più salutare dire il negativo anche rischiando brutte reazioni piuttosto che farlo passare sottobanco. Il fondo comune raccolto è che, il crossingover è sempre meglio tentarlo che rimanere isolati, anche perché, come effetto secondario, si può vedere luce nella ricerca delle proprie radici.