Da Tufo rinasco… in un Eterno Ritorno…
Si può fare un progetto “home” senza una casa, fors’anche senza un luogo?… sembra una cosa improbabile, eppure è quello che io, insieme a Fausto, Mariano, Giovanna, Barbara, Francesca e Raniero abbiamo fatto.
Il luogo avrebbe dovuto essere Tufo, un paese che è stato distrutto dal terremoto dell’agosto 2016 e successivi, le cui case non esistono più, tranne qualche eccezione, e di cui restano soltanto i segni di qualche pavimento.
In una calda mattina di agosto siamo arrivati dopo un passaggio attraverso altri paesi distrutti che davano un senso di desolazione.
Non è certo la prima volta che torno al mio paese dopo il terremoto, ho visto tutte le fasi della distruzione, dalle macerie dei primi crolli alla rimozione delle macerie stesse che è un passaggio ugualmente forte e desolante.
Come ci sono tornata questa volta però è stata una modalità diversa, stavolta quelle da togliere erano le macerie interiori, quelle causate da una vita vissuta senza partire mai da se stessi, ma facendo riferimento a quello che gli altri si aspettavano da noi, in primis la nostra famiglia.
Con l’aiuto di Mariano, che mi ha proposto di entrare in una casa immaginaria secondo i ricordi che ne avevo, ho ripercorso alcuni momenti della mia vita in cui proprio la casa, la proprietà, il possesso erano un imperativo, derivante da una cultura contadina in cui la propria identità era determinata da quello che possedevi.
Mio malgrado questo modo di vedere la casa si è insinuato in me, anche in modo subdolo, io ho sempre pensato di essere libera da tutto questo, ma in verità nella mia vita da adulta ho clonato questa visione un po’ ossessionante per il possesso di una casa, fino alla scelta, che poi si è rivelata distruttiva per l’economia della mia famiglia, di costruire una casa con annesso un terreno, facendo dei debiti che poi non abbiamo più potuto sostenere.
Ora mi rendo conto di quanto questo desiderio di avere una casa singola tutta nostra non fosse per niente un desiderio mio profondo, ma un’eredità della mentalità di mio padre e in seguito di mio fratello che sono state le figure forti della mia vita fino ai vent’anni ed oltre, cioè fino a quando me ne sono andata via da casa, ma con un legame talmente forte che anche dopo che avevo una mia famiglia, con una casa di nostra proprietà, nel mio immaginario la “mia casa” era quella casa di Tufo, ora distrutta dal terremoto, e ci tornavo appena potevo.
Mariano mi ha chiesto di raccontare qualche episodio e con dolore ho ripercorso alcuni momenti in cui proprio in relazione a decisioni riguardanti la casa mi sono sentita completamente esclusa, a differenza di mio fratello che per mio padre era il depositario delle sue scelte.
Infine, Barbara e Francesca hanno proposto un piccolo rito in cui io dovevo benedire quella casa che non c’era più, il Senex, riconoscendo le cose positive che mi aveva dato, così da lasciarla andare, rivolgendomi ai boschi che avevo davanti e che, nonostante la furia del terremoto, continuavano a crescere rigogliosi, lo Juvenis, la vita che continua nonostante tutto e a dispetto della distruzione dell’opera dell’uomo.
In effetti le cose positive c’erano, in quella casa ci sono nata, ci sono cresciuta e ci ho vissuto anche qualche momento bello, ci ho sviluppato un maschile che nonostante tutto nella vita spesso mi è servito per andare avanti, poi negli ultimi anni ho potuto ospitarci anche persone e amici cari.
Giovanna mi ha poi proposto di prendere un impegno rispetto alla mia vita e mi è sorta in quel momento spontanea la volontà di non occuparmi più di case, ma di lasciare la totale gestione e le scelte a Roberto, mio marito.
Dopo aver fatto un breve giro per il paese, che è diventato quasi una distesa arida, abbiamo però potuto godere dell’acqua fresca di una fontana che era una delle caratteristiche principali per le persone che erano di passaggio in quei luoghi prima del terremoto, come se anche questo fosse un segno della vita che scorre e ristora, come quell’acqua che abbiamo bevuto.
Prima di andare, Mariano mi ha fatto scegliere delle pietre di tufo (che come si intuisce dal nome è originaria del luogo) dai pochi resti della mia casa, da portare nel Villaggio Globale e inserire nella Fontana dell’Eterno Ritorno in segno di continuità.
Con l’aiuto di queste persone devote alla mia vita credo di aver fatto un passaggio importante per il mio procedere e voglio ringraziarli perché è stata veramente una cosa desiderata da me, nonostante le difficoltà (per entrare ho dovuto presentare un sacco di documenti per me e per le persone che erano con me perché il mio paese si trova ancora in zona rossa), ma anche da loro, in primis da Mariano, che hanno sacrificato del tempo prezioso delle loro vacanze.
Mirella “Cenerentola”