Andare oltre le Colonne d’Ercole con l’insieme vita – conoscenza

Al via una nuova edizione del Progetto Rainbow e, per voi rainbonauti, un estratto da un pomeriggio di teoria di una precedente edizione, a cura del “capitano” Raffaele.

Buon viaggio                                                                             

Il Progetto Rainbow rientra all’interno della sperimentazione della Fondazione Nuova Specie che è “Oltre le Colonne d’Ercole”. Che cosa sono le “Colonne D’Ercole”? Nella storia è il passaggio dal cosiddetto Mare Nostrum, che era il Mare Mediterraneo, il mare che si conosceva a questo ignoto che andava al di là. Chi andava al di là delle Colonne d’Ercole, che simbolicamente erano rappresentate dallo stretto di Gibilterra, si inoltrava in qualcosa di pericoloso. Noi lo abbiamo anche riportato a quelle che sono le nostre Colonne d’Ercole, che sono le nostre celle interiori perché, in realtà, le vere Colonne d’Ercole ce le abbiamo dentro di noi.

  Nella Divina Commedia, al Canto XVI, Dante riprende il viaggio che fa Ulisse con i suoi compagni. Mentre viaggiano incontrano tante peripezie e arrivano al punto massimo, arrivano alle Colonne d’Ercole, e proprio lì i compagni si scoraggiano. È come a simboleggiare, anche per noi, che non è scontato questo viaggio; è probabile che arriviamo a toccare la cella più profonda, però, poi, ci scoraggiamo e non la vogliamo aprire e ritorniamo indietro. 

  E’ proprio Ulisse, attraverso Dante (perché questa è una ricostruzione che fa Dante di questa esperienza), che dice: “O frati, che per cento milia perigli siete giunti a l’occidente, a questa tanto piccola vigilia d’i nostri sensi ch’è del rimanente non vogliate negar l’esperienza, di retro al sol, del mondo sanza gente. Considerate la vostra semenza: fatti non fosti a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”. 

  Questo è un po’ il senso anche di questa lettura che voglio fare oggi: solo il fenomeno vivo non basta. I marinai, nonostante avessero fatto un viaggio di fenomeno vivo, nonostante le peripezie, nonostante fossero arrivati al punto massimo e dovevano fare il trapasso, questa cosa li ha fatti sentire dei bruti. Vedremo che la parte della conoscenza è la vera bussola che ci fa transitare. E’ proprio in quel momento che tutti si scoraggiano, tutti si vogliono ritirare, che ci vuole uno, in questo caso Ulisse, che dice: “Fratelli miei abbiamo fatto tutta questa strada per arrivare fin qui, possiamo andare oltre le colonne della conoscenza di questa cella nostra, finalmente la possiamo aprire, la possiamo scongelare, possiamo dare un volto a questo pezzo pukkizzato. Che facciamo? Volete vivere come bruti? Questo per dire che la conoscenza è importante. Il senso di quello che faremo oggi è questo. E’ un inizio timido di dare valore alla parte della conoscenza all’interno del Rainbow perché il fenomeno vivo è una cosa importante, è il viaggio, però poi, se uno non ha le tracce del viaggio, se uno non ha una bussola da seguire, rischia che, come i marinai di Ulisse, arriva al punto più estremo, deve andare al di là e non ci va. 

  Dante ci fa capire, tramite le parole di Ulisse, l’importanza della conoscenza che non ha né età e né limiti. Infatti, gli affetti più grandi non sono riusciti a vincere nell’animo di Ulisse. Si arriva ad un certo punto e anche Ulisse si spaventa perché dice: “Se adesso faccio il trapasso, se vado oltre le Colonne d’Ercole, rischio di morire. E gli affetti?” Quando noi non vogliamo lasciare un pezzo nostro, non lo vogliamo far morire è perché pensiamo sempre che manchiamo a degli affetti. Però, qui è bello perché Dante fa dire ad Ulisse che lui, pur sapendo che andando al di là delle Colonne d’Ercole si poteva perdere, ci va.  Mariano ci insegna che il viaggio può avvenire attraverso la vita-conoscenza, non è solo vita! 

  Mariano è l’esempio. La vita è vita conoscenza, che è per tutti, senza distinzione di sesso, di età, di ceto e di scolarità. Oggi questa conoscenza, timida e decisa, che vorrei proporvi oggi è come un inizio, ma non è un discorso di formazione universitaria. Quella conoscenza non serve a niente, può avere un senso, ma la conoscenza è di tutti. 

  Quindi, oggi deve essere una giornata dove noi dobbiamo fare questo tentativo minimo di fare questo piccolo PUK per poter arrivare ad iniziare i lavori. La conoscenza è di tutti. Mariano ce lo dice in tante occasioni. Noi, purtroppo siamo abituati a vivere, ma non a conoscere. Conoscere è un’altra cosa. Però se non c’è la conoscenza, non c’è la bussola del viaggio. Il fenomeno vivo è importante, è fondamentale. Però, se non c’è la conoscenza, non riesci a vedere veramente qual è il bottino. Che viaggio ho fatto? Dove sono arrivato? È la conoscenza che veramente ci fa arrivare dentro le nostre celle. Lo vedremo, oggi, qual è la difficoltà a prenderci un pezzo. 

  Noi, purtroppo, siamo abituati alla conoscenza scolastica. Anche chi è riuscito a scuola, chi si è laureato, in fondo, si porta una esperienza di fallimento. Quella è una conoscenza simbolica. Invece, noi dovremmo fare una conoscenza di vita, una conoscenza legata ai codici. 

  Ognuno di noi può attraversare le Colonne D’Ercole e piantare la propria bandiera eroica nella metastoria. Cosa è il Rainbow? Un viaggio nel mare certo. La storia è certa. Che oggi mio figlio sta male, può essere certo. Che oggi, nella coppia, ho difficoltà è certo. Che oggi faccio ancora fatica, è certo. È storia. Quello è il “mare nostrum”, il mare della conoscenza limitato perché il primo a valicare le Colonne d’Ercole è stato Colombo che pensava di essere arrivato nelle Indie e arrivò nelle cosiddette Americhe. Cosa è il Rainbow? Il Rainbow è un viaggio nel “mare nostrum” o nel Graal, attraverso tutti i codici, attraversando le stratificazioni dei nostri codici più antichi: il codice bio-organico e analogico. Noi, in due settimane, non abbiamo la pretesa di toccare tutti i codici, però iniziamo a giocarci. La difficoltà che facciamo anche a toglierci la maglietta, la difficoltà che facciamo a sentirci è perché veniamo da specchi disconoscenti. È un tentativo di fare un gioco. 

  Quindi, vedete che il Rainbow, o le Conv.inte, in generale (La finestra di Babich, Evviva) è un tentativo di mettere in moto i codici che sono il codice analogico del corpo e il bio-organico, superando le Colonne d’Ercole, fino ad arrivare a gustare il codice metastorico, l’In.Di.Co. Noi siamo uno specifico dell’In.Di.Co. 

  Viviamo questo viaggio, anche la giornata di oggi, con gioia. Io, questa giornata, la dono a me; la dono a voi, però la voglio dedicare a due persone. La prima è Mariano perché, nell’accompagnamento di tutti questi anni, è come se fosse stato il materno-paterno che è riuscito a tirarmi fuori dal pozzo di Vermicino perché io ero proprio giù. Penso che oggi io non sarei qui, per come stavo per le tante cose che mi sentivo, pur non facendo uso di niente, di farmaci, pur non bevendo, ecc… Però ero disperato. Quando siamo arrivati al centro nel 2005, penso che mariano ci ha proprio acciuffato per i capelli.   Quindi oggi la giornata la dedico a Mariano, come massimo rappresentante della conoscenza. Ci disse in un incontro “se non avete conoscenza, non andate da nessuna parte.  Senza conoscenza non hai una bussola”, ma proprio nell’ordinario, perché noi abbiamo una mentalità infantile, una mentalità di consumo; anche le dinamiche le consumiamo, però non è detto che le conosciamo. 

  L’altra persona a cui voglio dedicare la giornata è Barbara. Anche lei, l’anno scorso, ha fatto l’esperienza del Rainbow qui. Anche lei ha un giacimento interiore di esperienza legato non solo alla conoscenza, ma soprattutto alla conoscenza perché è un suo specifico, ma non solo. Lei ha coordinato il Progetto l’anno scorso, questo no, perché, quando uno sta affrontando una sua metamorfosi, vedremo come è facile ricadere nei meccanismi più di chiusura. Sento che adesso la parte della conoscenza se la può vivere in una modalità diversa da come l’ha vissuta prima, anche attraverso questo inizio. Anche dare valore in questo Progetto all’albero della conoscenza è scaturito da lei perché è stata importante. Adesso, penso che possiamo fare tra di noi, un ulteriore crossing over perché io ero solo fenomeno vivo. Pur avendo fatto sette edizioni del Progetto, ero solo fenomeno vivo, però non avevo colto il valore profondo dell’importanza della parte della conoscenza. 

Esprimere il nostro potenziale con degli “specchi riconoscenti”

  

  Diciamo qual è il menu anche per cercare di procedere, perché non è semplice. Io propongo delle cose, però le dobbiamo fare insieme. Deve essere un servizio per me e un dono per ognuno, me compreso. Quindi, sentitevi di intervenire. Questo attinge linfa da quello che ha prodotto Mariano, la base è quella, però, è anche un sunto di cose che sento attraverso i diari, attraverso il mio percorso, attraverso le edizioni dei Rainbow passati, è come se, a modo mio, ho fatto un “Haggadah”, cioè l’ho sporcato di cose mie, però è bello se lo sporchiamo di cose nostre, di ognuno. Facciamo festa anche per questo perché è un inizio!

                                                     

 

Quando ho pensato a questo Rainbow mi sono detto, guardando il Graal Put, che noi, fondamentalmente siamo uno specifico dell’ontologico. Io, fino a poco tempo fa, questa cosa non la riuscivo a capire, non riuscivo a comprendere il valore fondamentale di questa cosa. Noi siamo una espressione specifica dell’ontologico. Vedete queste onde? Sono legate al codice ontologico, che è la parte più profonda nostra, è il nostro pozzo-se riuscissimo a perforare- potremmo costruire, dal quale tiriamo acqua per noi e acqua per gli altri. 

  Il problema è che questo potenziale, purtroppo, non lo riusciamo a vivere così com’è, altrimenti non avremmo bisogno di esperienze di convivenze, non avremmo bisogno di fare percorsi. Se fossimo in grado di esprimere il nostro potenziale, un po’ alla volta, nel nostro viaggio della vita, non ci sarebbero problemi. 

  Ma il problema qual è che per esprimere il nostro potenziale ci vogliono degli specchi. Questo potenziale, questo patrimonio non lo riusciamo a mettere a disposizione di tutti gli altri codici se non attraverso il fatto che noi abbiamo, da piccoli soprattutto, degli specchi riconoscenti che ci fanno sentire quello che solo noi siamo. Il più delle volte, anche se siamo una espressione di questo ontologico, di queste onde, del vento, dell’anemos che deve essere ascensionale, siamo espressione di specchi disconoscenti.

  Le nostre onde sono la cosa più preziosa, le onde che noi portiamo, noi veniamo dalla scintilla di un’onda. La vita all’origine (se riuscissimo ad andare indietro come un nastro) nasce da quello. Prima dei nostri genitori biologici c’è proprio la scintilla che è un’onda. Quella scintilla si incarna in noi perché ne siamo una espressione specifica. 

  Questa è una cosa bellissima, però purtroppo, che cosa avviene? Che non avendo “specchi riconoscenti”, ci sono “specchi disconoscenti”. Io ne ho individuati alcuni attraverso la fiaba di Biancaneve. Lì si dice “specchio delle mie brame”, cioè ci pone il problema che non riusciamo a riconoscere il volto che abbiamo, se non attraverso un altro. Il viaggio lo facciamo da soli, il viaggio è in solitudine, anche nelle dinamiche, però io se voglio sentire qualcosa di profondo rispetto a mio padre e non c’è nessuna che mi accarezza, come faccio? Quindi cosa avviene? Che, avendo fatto poca esperienza di “specchi riconoscenti”, questo potenziale si addormenta. La “Kundalini” (dal sanscrito: una cosa divina che si esprime attraverso di noi) viene kundalinizzata, viene pukkizzata e si addormenta. Se non riusciamo a vivere tutte le note, appena si presenta quella nota, ci vorremmo addormentare, anche l’aggressività se ci fa paura, è una reazione proprio di difesa: ci addormentiamo.  Che cosa sono le esperienze delle CONV.INTE. (Rainbow, La finestra di Babich, Evviva)? Sono un tentativo di creare un “utero a cielo aperto” in grado di risvegliare questi codici. Sono uno specchio riconoscente dei pezzi della Homelife che a noi mancano. 

  Che cosa avviene in questi codici? Non c’è un codice più importante di un altro, sono tutti importanti. Qual è il problema? E’ che quello ultimo nato, il simbolico, tiene a bada tutti gli altri. Ma perché avviene tutto questo? Perché si creano degli strati, si creano dei veli. In prossimità di ogni codice, se noi da piccoli non abbiamo avuto degli “specchi riconoscenti” che ci riconoscono per quello che solo noi siamo, è come se si creassero dei “punti K”, si mettono delle membrane, è come se li richiudiamo questi codici, ecco perché si addormentano. E’ come se li stratifichiamo.

  Se noi prendiamo un pezzo di pellicola, la pellicola è una cosa, tutto sommato, fragile, ma è difficile da perforare, poi non ne parliamo se ad uno strato ne aggiungiamo un altro, o se la pellicola si attorciglia! Diventa un cappio, ti soffoca. Vedremo dopo quando sui nostri codici si mettono tanti strati di pellicole. La pellicola è trasparente e, quindi, non la riusciamo a vedere. Un’altra difficoltà è che i nostri codici non subito li riusciamo ad individuare. Ecco perché ci vuole uno specchio esterno, perché andare a dissolvere e digerire queste parti non è semplice.

  Noi siamo un potenziale, noi dovremmo vivere la vita in positivo, perché dentro di noi ci stanno le onde. La rappresentazione di quanto sono forti queste onde. La rappresentazione di quanto sono forti queste onde dentro di noi, la vediamo quando uno, a seguito di un trauma (che poi noi siamo abituati ai traumi esterni, ma noi siamo portatori di traumi interiori), vive un coma. Nel coma è come se le onde principali venissero schiavizzate. Immaginate come se da qui parte la linfa per strutturare tutto il nostro codice anche legato al sistema nervoso.

  Nel coma, a seguito di un trauma, le onde vengono massimante schiavizzate, e lì c’è una lotta continua, impari, tra la morte, che sembra più potente della vita, e la vita che si vuole riprendere l’andamento normale delle onde. Meno utilizzo i codici, più i codici sono pukkizzati, più quello influisce anche nel nostro organismo, perché c’è un legame tra ciò che sono i codici, ciò che sono i nostri organi e ciò che è l’insieme del funzionamento di tutto il corpo. 

 Anche nel coma, che è il massimo del rendere schiave queste onde, c’è questa forza vitale delle onde della vita che vogliono risalire la china. È bellissima questa cosa perché è il massimo di questa lotta impari della morte, che sembra più forte della vita. Se ascoltate uno che ha fatto esperienza del coma, che ha toccato l’apice più estremo del ritorno alla morte, vedete che gli cambia completamente la vita. Per dire che, anche se siamo fortemente pukkizzati, c’è sempre dentro di noi la forza di queste onde che vuole reagire. Anzi, forse la ricerca avviene proprio dal fatto che siamo fortemente somatizzati. Ecco perché il risveglio è una cosa lenta. 

  Mi sono detto: noi in realtà non abbiamo un peccato originale. Il peccato originale è un po’ infantile. Noi abbiamo uno svantaggio originale. Il peccato originale è il fatto che, avendo mangiato la mela, abbiamo peccato e, essendo peccatori, siamo portatori di queste parti pukkizzate e c’è solo una persona, che è il massimo esponente dell’ontologico che, è Gesù e che, attraverso la sua morte, salva tutti. Invece è più bello dire che noi non abbiamo un peccato originale, noi abbiamo uno svantaggio originale. 

  Innanzitutto è bello dire che, ognuno di noi è espressione dell’ontologico. Quindi, io sono Gesù, ognuno di noi può essere anche Gesù, però noi siamo una espressione specifica dell’ontologico. Anche la telecamera religiosa nasce perché infantilmente, vorremmo delegare ad una cosa esterna a noi. È come dire: “Deresponsabilizzo me perché c’è chi, al posto mio, riscatta questo peccato originale e, morendo lui in croce, riscatta tutti noi”. Invece noi croce non ne abbiamo di fondo! Noi abbiamo uno svantaggio originale che è legato al fatto che il nostro potenziale non lo riusciamo a vivere in modo automatico. Ci vogliono degli specchi riconoscenti, ci vogliono degli uteri devoti “a cielo aperto” in grado di farci da specchio riconoscente e ci fanno superare questo svantaggio originale. 

  Che cosa avviene man mano che i nostri codici vengono limitati perché non sono riconosciuti? Si formano dei punti “Karma”, dei punti “K”, sono dei tagli. Se io ho il codice bio-organico più maltrattato mi posso prodigare sempre per gli altri. 

2 Commenti

  1. topcollection978

    io ho dovuto svendere i miei codici intermedi che corrispondono in tutti all'età centrale della propria vita l'adolescenza ; il simbolico non è arrivato ad intaccare il livello più profondo ed essenziale la specificità di cio che solo io sono..! l'ontologico è stato in stand by per molti anni..essendo la spinta geneticamente molto buona è riuscito a farmi vivere la funzione dell'IDENTITà come conflitto non come dissociazione… spero di confrontarmi nelle teorie tra convinte e ciak a presto!!!!! dedico questa riflessione a m. mt. e ser.

  2. Unknown

    Bella teoria. Sabrina

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