“IL MUGGITO DEL BUE MUTO” – 7 marzo 2011, Racconto Globale della mia vita

                                                     

Questa nuova serie o seconda serie, come avete capito, l’ho intitolata “Racconto globale della mia vita”. Quindi è la mia vita, non però secondo quello che mi ricordo, perché poi nel ricordarci della nostra vita, specie del ’69, sono passati 40 anni, non penso che mi ricorderei molto, se non quello che piacerebbe a me ricordare da far passare a voi; ma è la verità? Qui c’è per me la fortuna di avere questi volumi. Questo è quello del 1969. Queste sono già delle trascrizioni, perché io le cose le ho scritte a mano, gli originali sono scritti a mano, molti sono anche foglietti, perché mi trovavo in giro, mi veniva una cosa e la appuntavo; è un materiale molto vario. Nel ’76, mentre avevo appena iniziato il servizio militare a Como, dopo 15 giorni mi venne una colica renale che, per fortuna, mi fece andare a casa per due mesi, poi cercavo di non bere per non far uscire il calcolo, perché alla visita dei due mesi avrei gradito averne altri due. Io ero già laureato, specializzando in Psichiatria, mi avevano mandato a fare il portalettere nel Genio Militare, dovevo fare il portalettere a Udine; grazie a Dio mi venne questo calcolo, che non è stato calcolato da me. Nel ’76 io mi ero appena sposato, perché pensavo di non fare il militare, perché mi avevano detto: “se ti sposi e dimostri che ti devono mantenere gli altri perché non lavori, non lo fai il militare”, invece mi trovai a fare il militare, però non avevamo né una casa, né niente, stavamo appoggiati alla casa di Giovanna e lì, con la macchina da scrivere del padre, che poi mi hanno pure fregato, scrissi questi fogli che poi feci rilegare, quindi questi fogli sono stati trascritti nel 1976, però gli originali sono scritti a mano, sono quaderni o fogli, etc.. 

Qual è il valore? Il valore è che io adesso sono una specie di studioso di questa persona che non riconosco più, perché, sì, sono sempre io, ma io non sono più questa persona, però la conosco dal di dentro, non sono uno studioso esterno ma uno studioso dall’interno, il che non è poco. Ci sono spunti di vario tipo che vanno dai diari a osservazioni personali su di me, problematiche con le famiglie di origine, elaborazione del sapere dominante religioso o di altro tipo, ecc., quindi è un bazar di cose, dipende cosa esce, però questo è quello che io scrissi realmente allora, non che me lo sto ricordando. Oggi è il momento di cambiare, cambiare proprio mentalità. 

Nel termine religioso greco che voi conoscete, un termine po’ altisonante, lo chiamavano “metanoia”: “nous” significa “mente”, “meta” significa “al di là”, quindi “con la mente andare al di là” di ciò che tu ritieni, di cui sei convinto; non è un fatto solo religioso la metanoia, ma è un ingrediente della vita ordinario. Cosa vi ha spinto a venire qua, cioè a fare metanoia? I guai delle vostre famiglie; e perché i guai delle vostre famiglie vi hanno spinto qua? Perché Il “nous”, cioè la mente, le organizzazioni simboliche, le credenze, il modo di rapportarvi dentro le vostre famiglie non andava più bene, questo è il discorso. Quando venite qua e volete risultati immediati, se voi non cambiate non cambiano neanche i figli; più piccoli sono, peggio è, perché più risentono delle minime variazioni nel rapporto tra i genitori; poi spesso qui arrivano i genitori che non sono neanche più coppia. Però perché qui, su proposta mia (io sono il primo che ci credo), non li consideriamo “malattia”, “male habitus”, “abito del male”, avere l’abito del male? Ci scomoda, ma scomoda una mentalità che già si è rivelata perdente. Il figlio è come la cartina al tornasole: ti indica quando c’è una sostanza che non puoi vedere, ma non è un problema in sé. 

Quindi man mano che le cose sono ferme, non si modificano o i nodi profondi di una persona non si modificano, purtroppo il sintomo permane. Dice: “però che abbiamo fatto?”. Innanzitutto non è che non abbiamo fatto niente, perché stare male con i farmaci e stare male senza farmaci è diverso: è meglio stare male senza farmaci, almeno per l’organismo è così; poi c’è tutto un lavoro di semina che si fa, di aratura sull’interessato, sui familiari che rimane, di rete che si fa; certo, non è che c’è la bacchetta magica, anche perché io speco che con la Fondazione riusciamo ad avere sufficientemente dei fondi per poter fare delle iniziative e delle sperimentazioni un po’ più intensive. Perché più la mente è profonda, è radicata, più fare solo una conferenza, fare un incontro non basta, ci vuole un momento intensivo, ma un momento intensivo in cui bisogna utilizzare tutti i codici e possibilmente, come già avviene nell’utero, in maniera continuativa. Questo è il valore delle realtà delle Domus.

Questa giornata dovrebbe essere settimanale, a meno che non ho impegni. Proprio l’altra volta si fermammo al 7 novembre e oggi dobbiamo partire dal 7 novembre ’69, però oggi 7 marzo è un’altra data importante per me, perché tanti anni fa, qualche secolo fa, oggi si festeggiava un santo. Tanti secoli fa oggi si festeggiava il massimo dottore della chiesa, san Tommaso d’Aquino, perché tutta la religione cristiana è fondata sul suo pensiero, cioè ha ripensato la teologia alla luce della filosofia di Aristotele, quindi ha scritto l’enciclopedia di allora, una mente molto raffinata, mostrando che la religione anche per la ragione era accettabile; ha fatto una grossa operazione in epoca medievale. Ebbene, questo è morto il 7 marzo. 

                                                   

In genere i santi si festeggiano il giorno della morte, perché, almeno a chiacchiere, si dice che il giorno della morte è il giorno in cui uno entra nella vita vera, quindi i santi si festeggiano il giorno della morte. San Tommaso era morto oggi. Perché hanno spostato la data? Perché adesso san Tommaso si festeggia il 28 gennaio. Perché il 7 marzo quasi sempre, tranne quest’anno, cadeva nella Quaresima e nella Quaresima i santi quaresimali non si potevano festeggiare; allora un papa, mi pare Giovanni XXII, spostò il giorno di festeggiamento di Tommaso non il giorno della morte ma il 28 gennaio. Che c’entra questo? Lo dico per chi non ha seguito tutte le altre puntate, abbiamo fatto 35 puntate. Un nomignolo di questo grande filosofo teologo, che ha un domenicano, quando andò a Colonia per formarsi alla scuola di un altro grande domenicano, sant’Alberto Magno, teologo filosofo, quando andò a Colonia Tommaso d’Aquino, che era un po’ cicciottello, i suoi compagni lo chiamarono “il bue muto”, perché aveva una bella stazza. Si racconta che dove si sedeva lui il tavolo aveva una specie di ritaglio per metterci la trippa. “Muto” perché era un tipo taciturno, rifletteva, elaborava, per cui i compagni per sfotterlo lo chiamarono “bue muto”. Cosa capitò? A un certo momento ci furono delle tesi da dimostrare e, davanti a questo Alberto Magno, lui riuscì a rispondere, a trovare delle soluzioni così raffinate che tutti rimasero meravigliati, perché aveva una bella cocozza; se leggere la “Summa teologica”, ancora oggi per la chiesa cattolica uno dei pilastri è san Tommaso dal punto di vista dottrinale; chi è tomista fa carriera anche come cardinale, perché il tomismo, cioè la dottrina con cui Tommaso d’Aquino ha messo le basi delle fede, è ancora oggi, a distanza di 8-9 secolo, quello fondamentale, quindi pensate questo che pensiero ha potuto produrre. Tutti rimasero sbalorditi e Alberto Magno disse: “questo è il bue muto? sarà pure, però quando questo bue muggirà lo sentirà tutto il mondo”, cioè intuì che era una persona di grande rilievo. 

Mi ricordo che o in prima o seconda liceo, ero a Carraia, in provincia di Lucca, dove ero andato a fare una esperienza dai Comboniani perché volevo diventare missionario, ci fu un sardo, un mio compagno della Sardegna, che è diventato anche padre generale, Teresino, il quale mi disse: “tu sei un bue muto”. Io che ero una persona timida, chiusa, questa cosa, siccome cominciavo già a fare delle ricerche, questa cosa sua che disse mi incoraggiò, perché quando uno deve fare delle operazioni difficili spesso nessuno ti aiuta, e allora queste cose occasionali possono aiutarti. A me mi aiutò, tant’è vero che me lo sono sempre ricordato, poi l’ho cercato io negli ultimi anni per ringraziarlo di quella cosa. Il bue muto. Io non l’ho scelto il giorno 7 per oggi, ma oggi iniziamo. Io vorrei iniziare il mio muggito, perché ritengo che in 45 anni di ricerca ho accumulato tanto tanto materiale, tanta esperienza, tanta teoria e prassi che gli altri secondo me se la sognano. Adesso con la Fondazione vorrei cominciare a muggire. Sapete che io ero peggio di san Tommaso; non ero un bue muto, ero una pecorella balbuziente, sono stato per tanti decenni balbuziente, quindi molte cose le ho capite perché sono stato obbligato a rientrare dentro di me, molte elaborazioni; per me è stato importantissimo, perché senno’ mi sarei perso in tante cose all’esterno, fuori di me. Quindi io, più che muto, sono stato balbuziente, che è peggio di muto, perché ho avuto la vergogna; mentre san Tommaso ha potuto stracciare i suoi avversari, io non ho stracciato proprio niente! Ci tenevo oggi a ricordare questo antenato che per me è stata sempre una persona che ho sentito vicina, anche se non sui contenuti che conosco anche poco, ma su questi fatti che vi ho raccontato.  

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