DALLA S.I.R. AL PEGLIO: Il prima, durante e dopo di Giada

                                                  

Sono stata a fare una settimana intensiva con Mia, in trattamento, dopo un paio d’anni che non ne facevo, l’ho voluta fare soprattutto per Mia, perché è in una fase delicata di adolescenza, la fase in cui io mi sono totalmente persa, non avevo un accompagnamento o una guida o qualcuno con cui esprimere le mie paure, i miei dubbi, le mie profondità. 

Io sento quanto valore ha il progetto nuova specie in questo, il fatto che delle persone ti ascoltino e ti vedano al di là della facciata che esprimi e ti aiutino ad andare a scovare le parti più nascoste o sepolte che hanno bisogno di emergere. Possiamo illuderci quanto vogliamo che non ci sia bisogno di tirare fuori ciò che ci ha fatto stare male, che ci ha deluso, che ci ha fatto arrabbiare, ma se non lo facciamo, questi sentimenti, queste emozioni, vengono sepolte in qualche luogo dentro di noi e rimangono lì come macigni che inconsapevolmente condizionano la nostra vita, il nostro modo di stare con noi stessi, con le persone vicino a noi, nei contesti sociali e nel nostro punto di vista sulla vita, sulle circostanze… questo è inevitabile, per quanto uno possa far finta di niente, andare avanti, non voler pensare al passato, è inevitabile che quel passato condizioni il nostro presente, a meno che non lo trasformiamo, guardandolo in faccia, esprimendo, contemplando, rielaborando, per poter dare spazio ad un nuovo modo di reagire ad alcune situazioni. Altrimenti continueremo tutta la vita a vivere di rappresentazioni, aspettative, delusioni, appesantite da quelle vecchie, rimaste in latenza dentro di noi. Potrei fare mille esempi miei su questo, perché tante dinamiche ho fatto che mi hanno dimostrato la veridicità di quello che sto dicendo e che ho appreso grazie al percorso nel progetto nuova specie, ma anche a percorsi fatti prima. Non è una magia, non ho la presunzione di credere di aver risolto tutto, ma la differenza da come ero prima sta nel fatto che adesso ho una consapevolezza maggiore, e una maggiore conoscenza dei meccanismi che rischiano di bloccarmi, delle parzialità e delle parti infantili che spesso emergono… adesso non è più la mia vecchia identità condizionata dal mio passato a comandare me, i miei pensieri, le mie azioni, le mie scelte. Adesso vedo da un punto di vista più ampio e sono io che scelgo se seguire la strada che sembra più logica o quella più saggia, più costruttiva, più sana. 

Sento che posso crescere e migliorare ogni giorno, e cercare di ricentrarmi laddove sento che sto uscendo fuori da me, che sto agendo non a partire dalla mia essenza, ma condizionata dalle paure e dai tagli o dai bisogni scoperti. Tanti di questi strumenti li ho incarnati grazie alle teorie di Mariano e ai progetti che ho fatto, per cui ho sentito che era importante anche per Mia avere uno spazio di cinque giorni per sentire ed esprimere se stessa e per stare solo con me, senza un esterno che inevitabilmente costantemente ci invade, e per cui abbiamo poco spazio per viverci in profondità.

In più volevo fare la settimana intensiva per chiarirmi un po’ sul come volevo stare nel progetto in questa fase della mia vita, visto che era tanto che non partecipavo a niente. Ma prima della settimana intensiva ho avuto una dinamica con me stessa molto bella per me.

Qualche anno fa Silvio e Michela mi hanno accompagnata a Castiglione a passare una giornata dedicata a sciogliere una parte del mio passato che mi ha fatto sentire ingabbiata per tutti gli anni della mia vita, fino a trentadue anni.  È stato un momento bellissimo di cui ho già scritto l’esperienza e che ricorderò per sempre come un passaggio fondamentale, e per cui sarò grata a Silvio e Michela per l’eternità. in questa giornata ci sono state anche alcune persone del gruppo Toscano, mio fratello, Mia e Viola

In quell’ occasione avevo sbloccato quella simbiosi forte che sentivo con mia madre e che mi portava ad essere convinta del fatto che anche io sarei morta a trentadue anni come lei. Ho espresso la rabbia verso delle mancanze che ha avuto nei miei confronti e che avendole sempre volute nascondere e proteggere mi tenevano incastrata in un rapporto con lei che non riuscivo a sciogliere, mi sono alleggerita tantissimo e anche le mie figlie, che erano lì presenti alla dinamica, hanno beneficiato della mia liberazione. Tutte e tre saltarellavamo allegre come farfalle, dopo aver vissuto una dinamica apparentemente pesante e forte a raccontarla, ma che in realtà è stata come avere un nodo strettissimo da sciogliere, così grosso e difficile che in tante persone ci siamo messe a strigarlo, e dopo la gioia e la soddisfazione di avercela fatta.

Quello che invece mi era rimasto dentro e che non ero riuscita a fare, era rivivere il momento del funerale e liberare quella mia frustrazione di aver trattenuto il pianto quel giorno di vent’anni prima. Con Silvio e Michela eravamo passati dalla chiesa e avevo raccontato loro e a tutti di quel giorno, del fatto che mia madre era appena morta ma io avevo una maschera spessissima sul viso, non volevo fare preoccupare la mia famiglia col mio dolore. Non sentivo nessuno pronto ad accoglierlo, a gestirlo, a potermi in qualche modo aiutare. L’ho tenuto tutto per me, stretto stretto ed è iniziato la scissione dentro di me. tra quelle che erano le mie sensazioni e quello che mostravo all’ esterno.

 Ad un certo punto mentre ero seduta in chiesa ed il prete parlava, mi è scattato qualcosa dentro che ha fatto calare la maschera, sciogliere il gelo messo sul mio cuore. Mi si sono gonfiate e arrossate le guance per quanto avrei voluto piangere, gli occhi si sono riempiti di lacrime, ma io le ho ingoiate, ho trattenuto, ho bloccato tutto. Avrei tanto voluto che qualcuno mi avesse visto, che mi avesse detto ” piangi amore non ti preoccupare ti fa bene, ne hai diritto”. Come spesso faccio con le mie figlie. Ma invece mi sentivo sola in un deserto.

Quel giorno di tre anni fa, nonostante raccontassi a loro di questa cosa, ero ancora anestetizzata da quel sentire, non riuscii a ricontattare quella bambina e liberarla. 

Ecco prima della settimana intensiva questo ho fatto a Castiglione, in quella chiesa, da sola.

Erano giorni che mi sentivo fredda, bloccata, mangiavo in eccesso e non sentivo le emozioni, sono andata a Castiglione per il fine settimana e la mattina di domenica ho deciso di fare una passeggiata al mare e poi nella parte alta di Castiglione, vicino al castello, dove ci sono sia la chiesa del funerale di mia mamma, che il cimitero. 

La chiesa era aperta e deserta. Sono entrata e mi sono seduta. Lì è iniziato il mio viaggio a ritroso, sono entrata dentro a quella bambina che ero, ho rivissuto i momenti, le persone che c’erano, il mio pianto soffocato, vedevo tutto. Poi sono uscita e mi sono seduta su quello stesso muretto dove stavo quel giorno, dove facevo finta di niente, sorridevo alle persone che cercavano di farmi ridere del più e del meno, ma dentro ero frantumata in mille pezzi, stavo recitando, ero completamente sconnessa da quello che sentivo dentro. Quel giorno invece ho accolto quello che sentivo, ho liberato quel dolore soppresso, ho messo una canzone e mi sono sdraiata su quel muretto ed ho pianto. Finalmente mi sono autorizzata a piangere, a fare quello che sentivo in quel momento. Mi sono seduta ed ho pianto ancora. Mi sentivo tornata indietro di vent’anni, alleggerita di non dover più fingere. L’ ambiente era in sintonia con me, io ero in sintonia con l’ambiente. La canzone parla di una farfalla, in quel momento è passata una farfalla bianca davanti a me, davanti alla chiesa, ed ho sorriso, di una gioia data dalla liberazione, da un’emozione, che seppur triste è bella in quanto vissuta. 

                                               

     

Questa dinamica che ho avuto da sola a Castiglione per me è stata preziosa. I momenti in cui io sto veramente male sono quelli in cui non contatto le mie emozioni, quei momenti che sento un blocco, che non sento fluire linfa vitale dentro di me, non importa se sia gioia o tristezza, l’importante è sentire, perché per troppo tempo mi sono sentita vuota e distante da me stessa, dai miei bisogni, i miei desideri, le mie emozioni. E mi sono accorta che anche gli attacchi di panico spesso mi vengono quando trattengo il pianto o non mi lascio andare ad un’emozione, a ciò che sento in quel momento, sia bella che brutta. A Castiglione ieri avevo voglia di piangere, ma nel contesto in cui ero non mi sentivo libera di farlo, e dopo mi è venuto un mezzo attacco di panico. La cosa buona è che ne sono consapevole e non mi spavento più come prima!

Tornando alla settimana intensiva, è stato bello l’arrivo perché mi sono emozionata tanto a riabbracciare persone che non vedevo da tempo e Mariano, che grazie alle sue ricerche e all’ amore che ha messo per la crescita della vita, mi ha aiutata a cambiare e far crescere tanto la vita mia. Gli sarò infinitamente ed eternamente grata per questo!

Una delle cose più belle è stato vedere come cambiavano le espressioni delle persone nuove, dall’ inizio della settimana fino all’ ultimo giorno. Era come se piano piano si togliessero dei veli e si rilassavano delle contratture, proprio nel volto si notava. Sono stati molto bravi i conduttori sia nel condurre i gruppi che il rito (che è stato uno dei miei preferiti tra tutte le settimane intensive che ho fatto), e anche come è stata fatta l’unità didattica, mi è piaciuta molto.

 Ho ammirato Mariano come se lo ascoltassi per la prima volta, sono stata attenta a trattenere tutte le sue parole perché in ognuna per me c’erano delle perle e delle guide da riportarmi a casa, come si relazionava con le persone, le teorie, le pillole del mattino e anche l’intervento su Basaglia che mi ha fatto tanto immergere e piangere a lungo. Ho rivissuto tutte le esperienze di mio fratello in psichiatria, perché io c’ero SEMPRE. La prima volta che l’hanno legato al letto, le punture fatte con la forza tenuto fermo da quattro infermieri, l’essere trattato come un criminale, le confusioni che gli mettevano, le sue fughe, le bugie dette, le reclusioni, le paure, i pianti, l’incomprensione, le ingiustizie. Tanti ospedali diversi, ma stesse modalità.  

Tutto quello che Mariano diceva lo condividevo e mi faceva soffrire terribilmente. Pensavo a mio fratello, ma anche a tutti quei ragazzi precocemente psichiatrizzati che invece potrebbero stare molto meglio con molto meno, se solo aiutati prima della cronicizzazione dei sintomi.

La cosa più bella della settimana intensiva è stata vedere e sentire la crescita di Mia, il suo starci a partire da sé, il suo interesse, la sua curiosità, la sua voglia di immergersi, raccontarsi, piangere per poi liberarsi. Era anche più bella nel volto e nelle espressioni, era più naturale, più sé stessa e anche più affettuosa e meno rabbiosa. È stata uno spettacolo dal primo all’ ultimo giorno ed io sono fiera e felice di lei!

Io sono stata piuttosto anestetizzata dal cibo per tutta la settimana, mi sentivo tornata indietro di vent’anni quando il cibo era la mia soluzione più forte e mangiavo di continuo. Così ho fatto in quei giorni, era come se il passaggio di adultità che stavo facendo era troppo forte per vivermelo in sobrietà. Non so spiegarlo a parole, ma ho notato che dopo aver dato una botta a Mia quando l’ho vista fumare, il mio bisogno di mangiare è aumentato. È come se in quei giorni ho scosso la mia vecchia identità infantile e ho iniziato a far crescere quella adulta e avessi avuto bisogno di una stampella su cui appoggiarmi perché l’identità vecchia non c’era più, quella nuova doveva ancora manifestarsi e io ero confusa e senza equilibrio. Il cibo mi faceva da sostegno. Ecco questo è il modo migliore in cui riesco a spiegarlo. Ho sentito forte in quei giorni i miei limiti come madre, li ho sentiti fortissimi e lì per lì mi hanno spaventata. Ma il fatto di riconoscerli e accoglierli mi ha aiutata a fare delle cose per cambiarli, per andare oltre ai limiti dati dal fatto che non ho mai avuto un contenimento e una guida all’ età di Mia, andare oltre alla sfiducia di me stessa e osare in cose nuove. Anche essendo disarmonica all’ inizio, come è normale che sia, ma facendolo, con la fiducia e la consapevolezza che a forza di starci e di osare, poi diventerò più fluida e armonica. L’ importante è non fare il genitore “vedi tu”, liquido, come era mio padre e per il quale mi sono sentita liquida anch’io per anni. Avevo già iniziato prima della settimana intensiva a tirare fuori il mio maschile e la parte adulta, l’ho fatto durante, e l’ho continuato a fare dopo. 

Un’altra cosa che ho vissuto forte alla sir è stata la mia scarsa fiducia negli uomini. Quando ho scelto la delusione come porta di ingresso per entrare nella grotta, mi è riaffiorato alla mente il sogno che ho fatto su mio padre; dopo essere stata una vita a sognare la sua morte, e lui in versione vittima e il poverino da salvare, pochi giorni prima dell’intensiva l’ho sognato come il carnefice. Era lui la minaccia per me, rapiva il mio piccolo fratellino e voleva fare del male a me. È stato un sogno molto forte che mi ha fatto ricordare tutte le svariate situazioni in cui mi ha messo in pericolo. Gli anni in cui vivevamo in continuo nascondimento, con l’ansia di essere arrestati, che alla porta suonasse la polizia, o altre cose che potevano succedere…Insomma ho ricordato tanti momenti, anni, in cui la nostra condizione era precaria, continui traslochi, instabilità, mai il senso di protezione e sicurezza che si dovrebbe vivere nella propria casa, con il proprio padre. Questo credo siano le cause per cui non riesco a fidarmi degli uomini. 

Anche nella bella relazione che sto vivendo adesso, spesso ho paura della fregatura, del tradimento, spesso non sento possibile una stabilità, una realtà. Spesso mi faccio rappresentazioni legate alla mia storia e non legate alla realtà che vivo. La mia tendenza è spesso quella di vedermela da sola come ho sempre fatto e di scappare davanti a cose che possono mandarmi in crisi. Ma credo che l’unica possibilità di cambiare sia quella di stare e attraversare, condividere e mostrare le mie insicurezze senza maschere o finzioni. Cerco di restare nelle emozioni che sento e dare meno valore alla mente, che spesso mente.

Un po’ di giorni dopo la settimana intensiva il mio bisogno di smangiucchiare spesso, si è un po’ placato, anche se ancora non mi sento del tutto libera, so che non mi devo concentrare sul sintomo-l ’effetto, ma lavorare su tutto il resto-la causa. Semplicemente non scappando dalle situazioni di fastidio, che scomodano e mettono in crisi, ma affrontandole un giorno alla volta con adultità… so che via via che consolido le mie nuove parti, avrò meno bisogno di una stampella a cui appoggiarmi.

Come la crisi che mi mette il fatto di affrontare la vita senza mio padre, sia a livello economico, perché mi aiutava molto, e sia perché tutte le cose che mi vengono in mente, che gli vorrei dire, o che vorrei fare con lui, non posso più farle, e sia per come mi aiutava come nonno per Viola e Mia.

Rispetto a come voglio starci nel progetto, ho selezionato il fatto di voler lasciare il coordinamento del progetto home, il prossimo fine settimana farò il progetto di Patrizia e poi non ne farò altri come coordinamento.

Questo perché ho sentito e sento da un po’, una profonda insoddisfazione rispetto alla mia vita ordinaria, per il lavoro che faccio, per il posto in cui vivo, per il poco spazio che mi prendo per esprimere la mia parte creativa. Quella parte di me che quando non la esprimo mi sento come se mi mancasse una parte importante del mio corpo, del mio essere. Voglio dedicarmi alla crescita dei miei sogni, voglio prendermi il tempo per scrivere il mio libro, voglio decidere se prendere il diploma per il quale mi manca solo un anno, o se voglio fare un altro tipo di corso che mi permetta di cambiare lavoro. Per fare questo ho bisogno anche di spazi di vuoto altrimenti non riesco a selezionare la direzione giusta da prendere. Per cui non voglio impegni fissi. Certamente per me il progetto nuova specie ha un valore immenso in cui io credo, infatti ne parlo con le persone (alla settimana intensiva ho portato anche una mia amica e sua madre), quando qualcuno mi racconta dei suoi disagi io riporto la mia esperienza, mi sento un seme che ovunque va si pianta e può far nascere nuovi frutti grazie al fatto che alcune cose le ho incarnate e le trasmetto nell’ ambiente in cui sono. Sicuramente voglio scendere presto al villaggio per vedere come è diventato, viverlo e godere della bellezza che si sta creando. Vedere il video alla settimana intensiva mi ha molto emozionata.

Mi piacerebbe in futuro partecipare ad un progetto artistico, come quello del muro o delle vetrate, o altri progetti che si faranno. Tutto questo non lo escludo e lo tengo presente nella mia vita.  Ma voglio farlo senza avercelo come impegno, ma quando lo sentirò e soprattutto potrò. Se avessi il tempo e i soldi per fare tutto quello che desidero fare, scenderei anche ora al villaggio per vedere come sono andati avanti i lavori. Ma sia il mio tempo che i miei soldi sono molto limitati e devo fare delle scelte. In questo momento sento che ho delle priorità diverse.

Da quando è morto mio padre sono in una situazione economica così critica nella quella non mi ero mai trovata prima. Anche le mie nonne non mi aiutano più perché provvedono al mantenimento di mio fratello e io non riesco mai ad arrivare a fine mese. È tutto un arrangiarsi, farsi prestare, rateizzare. Per cui anche il pensiero di pagarmi il viaggio fino a Troia, mi appesantisce. Sento che ora ho bisogno di fare le cose che mi fanno stare bene senza ansia. Anche piccole cose, semplici mi rendono felice. Come una passeggiata nel bosco o stare in silenzio a contemplare il tramonto. Adesso sento che è tempo di mettere in pratica gli strumenti e la crescita che ho fatto fino ad adesso. Anche sperimentandomi nelle relazioni forti dalle quali sono stata distante in tutti questi anni, e concretizzando dei desideri che avevo chiuso in un cassetto da tempo. È vero che il progetto home non necessita di molto tempo, ma con tutti gli impegni ordinari che ho mi resta veramente poco spazio per me. Spesso la sera torno a casa alle 20, dopo aver fatto tutta la giornata di lavoro, aver accompagnato viola allo sport ecc. Poi mi rimane da pulire, cucinare, stare con le mie figlie e con me stessa. Tutto è troppo compresso che anche fare una riunione via Skype mi appesantisce. Preferisco dedicare quel tempo a scrivere un pezzo del mio libro o altre cose. Come anche dedicarmi ad un’attività col mio corpo, per me è un livello importante che voglio rincominciare a fare.

C’ è anche la parte mia che vuole contribuire più attivamente al progetto per poter realizzare dei cambiamenti per mio fratello o per tanti ragazzi come lui, anche perché contribuendo alle vittorie di altri fratelli, aiuto anche me a sanare il dolore che ho vissuto per lui, e cresco su molte mie paure. Tuttavia in questa fase sento di volermi dedicare più al mio ordinario qui dove sono. 

Adesso il mio prossimo obiettivo è lavorare sulle mie competenze e la possibilità di fare un lavoro che mi faccia sentire realizzata, perché la settimana scorsa sono stata veramente in crisi su questo. Sentivo che non stavo vivendo, ma sopravvivendo e che se pensavo di passare tutta una vita così mi suicidavo. Non lo farei mai per le mie figlie, ma l’ho pensato. 

Per fare questo ho bisogno di impegnarmi a cercare, informarmi, valutare, i passi da poter fare, per poi prendere la decisione giusta. Come voglio muovermi? Sono tante le cose che vorrei fare, che selezionarne una non è facile.

Intanto mi sto anche vivendo tutto quello che la mancanza di mio padre mi sta facendo riaffiorare. Il fine settimana scorso sono stata in Umbria a trovare mio fratello, la compagna di mio padre e la figlia della compagna di mio padre, poi sono stata al cimitero dove sta Rossano. ho rivisto delle cose della nostra relazione, del modo in cui mi ha fatto vivere. E questo fine settimana invece sono stata a Castiglione, a trovare le mie nonne, mio nonno e al cimitero mia madre. vedere mia nonna piangere per suo figlio mi ha fatto male, sentire il suo dolore fa emergere più forte anche il mio. Ma sento il desiderio di passare del tempo anche con loro, che sono anziani e non avranno tanto da vivere, e dopo l’esperienza che ho fatto con mio padre, so che poi mi pentirei e starei male se non sfruttassi ora il tempo che rimane per godere della loro presenza.

Poi a casa dell’altra nonna ho visto una foto di me e mio babbo che mi ha colpito molto profondamente e infatti me la sono portata a casa. 

                                                  

Questa foto per me è significativa, racchiude tutto, tutto l’amore del mondo, tutto ciò che desideravo, tutto quello che ho avuto per un tempo così breve da restare un taglio così grande e profondo, che la sua assenza, in vita, mi ha lasciato. La morte fisica è stata solo un consolidarsi di quello che da tanti anni vivevo in lui e con lui. Il taglio è stato prima, molto prima. Quando dopo la sua continua assenza da piccolissima, è tornato presente nella mia vita. Dopo che avevo passato anni a fare incubi sulla sua scomparsa o morte, sempre angosciata per la sua mancanza, era lontano da me e lo desideravo più di ogni altra cosa, lui, mio padre, le sue coccole, il suo amore, il suo sguardo, che mi vedesse. Mi mancava da morire, poi all’ improvviso è tornato, e mi guardava così come in questa foto. Questa foto rappresenta proprio quei pochissimi anni in cui l’ho sentito davvero vicino. Mi donava se stesso, il suo amore, le sue attenzioni, il suo tempo. Per poi di nuovo, all’inizio della mia adolescenza sparire di nuovo, nel momento in cui avrei avuto più bisogno, è scomparso mio padre, e questa complicità, affinità, unione tra di noi, si è persa chissà dove. Da un anno fa le cose stavano leggermente iniziando a cambiare, ma a quel punto la sua morte ha interrotto il flusso. E mi scopro ancora a cercare qualcosa di troppo … per poter esistere in una sola persona. Tuttavia oggi so distinguere e vivere le cose in maniera diversa, grazie a tutto il lavoro che ho fatto su di me in questi ultimi anni, soprattutto grazie al progetto nuova specie, a Mariano, a Silvio e Michela, e tutte le persone che mi hanno accompagnato e ostacolato lungo il cammino.

E poi stamani ho riletto un articolo che aveva scritto lui, in quegli anni che era tornato presente, che non fumava più neanche una canna, che credeva in un progetto e che incarnava il punto di vista in cui credeva, lottava per cambiare le cose e ci dava un bell’ esempio. 

                                               

Lavorava in una comunità e faceva tante cose belle… ho pianto tanto come se ancora io non accettassi che un uomo che scriveva queste cose si sia allontanato così tanto dalla sua parte integra, abbandonando prima se stesso e poi me. La sua vera essenza era il contrario di quello che poi è diventato, o ridiventato direi, quando io avevo 13 anni. Io il vero Rossano l’ho conosciuto, ma non ha avuto la forza, il coraggio e la fede, di andare avanti, secondo me il dolore e la paura l’ha fatto chiudere e tornare indietro in una ricaduta dalla quale non si è mai rialzato. Questo è quello che più mi fa male. Più della sua morte fisica. Ancora.

Oggi sono felice del mio nuovo modo di stare in una relazione, essendo sempre me stessa anche a rischio di perdere, sono felice di saper comunicare liberamente, sono felice di aver scelto un uomo che stimo molto. Certo ancora ci conosciamo da poco, ma sto vivendo una bella esperienza. Qui e ora.

Oggi sono felice del nuovo modo che sto sperimentando di essere mamma, più a partire dalla verità che sento, osando, anche a rischio di sbagliare, ma con la gioia di starci anche rispettando e fidandomi un po’ di più di me stessa.

Oggi sono felice della mia crescita, dei miei cambiamenti e del mio continuo spirito di ricerca, della mia voglia di viaggiare e mettermi sempre in discussione, di voler crescere ancora senza sentirmi mai arrivata.

Oggi sono contenta di come riesco a stare con la mia famiglia d’ origine senza più svendermi e con la capacità di distinguermi da loro e pensare per prima a me stessa.

Questa è la fase in cui mi sento adesso, non so cosa mi riserverà il futuro e cosa potrò fare, adesso mi sento ad un punto di svolta, che ancora devo scoprire dove mi porterà.

Con curiosità e fiducia.

Giada

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