“Marocco bis, dieci anni dopo!”: un viaggio di andata… che sa di ritorno…
Che giornata strana, piove ma c’è anche il sole. Finalmente è terminata la prima settimana di lavoro dopo il rientro dal Marocco e quindi forse è arrivato il momento favorevole per lasciare qualche traccia di questo viaggio.
Abbiamo deciso di partire a fine luglio, una sorta di last minute… sentivo il bisogno di lasciare il mio angolo alfa legato al territorio inteso come casa, lavoro, relazioni, insomma un po’ tutto quello che mi vivo nel mio ordinario… perché sono arrivata troppo stanca e piena… anche di vissuti che ancora faccio fatica a rielaborare al momento, magari facendo teoria seduta stante o comunque nell’immediato.
Abbiamo avuto mesi intensi: cambio di casa, tentativi di inseminazione artificiale (andati male), la morte di Alberto… insomma tanti livelli… tanti eventi… anche importanti, legati allo scambio con persone ma a fine luglio abbiamo selezionato che volevamo andare… lasciare questa terra per andare verso…
Ho proposto a Cristiano il Marocco, meta da me già battuta nel passato… Cristiano è stato d’accordo e abbiamo prenotato.
Il Marocco è stata la mia prima volta in un paese islamico… mi aveva tanto colpito il modo in cui vivevano, la spiritualità, l’architettura, il cibo… e le relazioni… tanto che quando lasciai il Marocco la prima volta, in aereo, avevo pianto tanto perché dovevo abbandonare questo territorio che avevo sentito così familiare.
Insomma era fatta! Il Marocco ci attendeva… dovevo rifare il passaporto… ed è stato guardando il passaporto che ho scoperto che in Marocco c’ero stata esattamente dieci anni prima, ad agosto, che quando ero tornata a casa avevo trovato Gaetano che aveva lasciato la Thailandia che stava male e che aveva deciso di condividere questo suo malessere anche con i miei genitori e con me.
Insomma, dopo meno di un mese siamo arrivati a Foggia grazie a Rossana che conosceva per fama il CMS e Mariano… il resto della storia la conoscete… e se volete potete farmi un applauso sonoro dato che, grazie a Gaetano che non ha mai creduto ai metodi di cura tradizionali, sono dieci anni che il progetto Nuova Specie fa parte della mia vita!
Insomma, tornavo in Marocco per riassaporare le sensazioni vissute dieci anni prima ma con una consapevolezza diversa, ci tornavo per condividerlo con Cristiano e per vedere se quella sensazione di ancestrale appartenenza l’avrei ancora avvertita così forte…
E siamo partiti, la notte tra il 18 e 19 agosto… ah non vi ho detto che esattamente dieci anni fa, il 18 agosto, lasciavo il Marocco… coincidenza tornare a riprendermelo proprio dieci anni dopo, nella stessa data? Secondo me no… piuttosto un segno che non sarebbe stato un viaggio normale bensì qualcosa di metastorico…
Arrivati a Roma, in aeroporto abbiamo conosciuto parte del gruppo con cui partivamo alla volta di Casablanca. Il viaggio in aereo è stato tranquillo, io non ho dormito neanche un secondo per via dell’eccitamento… e quindi tra lettura di un libro, della guida del Marocco opportunamente acquistata da Cristiano, consumazione del pasto e la conoscenza di Suade, una donna marocchina che da 40 anni vive a Roma, che in poche ore mi ha raccontato tutta la sua vita e che ho cercato di accompagnare a vedere il positivo del Marocco (era incazzata nera con sua madre che a dieci anni l’ha spedita senza riserve e ripensamenti a lavorare in Italia per mandare i soldi poi in Marocco), siamo arrivati a Casablanca.
Mi sentivo così eccitata che secondo me sembravo una pazza all’esterno!
Abbiamo conosciuto gli altri compagni di viaggio e la coordinatrice…. una donna di 70 anni, abbastanza in carne e del nord. Ancora mi chiedo perché ha scelto di coordinare questo viaggio dato che praticamente ci stava solo per dare notizie logistiche e per richiamarci ai tempi…
Il resto del gruppo era abbastanza vario, non nutrivo grandi aspettative di scambio tanto comunque c’eravamo io, Cristiano e il Marocco…
Dopo esserci accomodati in albergo siamo andati a cena e dopo 10 anni ho mangiato un tajine di pollo al limone… con the alla menta bollente e zuccheratissimo…
Abbiamo iniziato a chiacchierare e conoscere alcuni componenti del gruppo, io e Cristiano abbiamo socializzato con un ragazzo di Roma, Francesco, nato a Formia, che ci ricordava tanto Raniero.
Insomma, a fine cena passeggiata per Casablanca e the alla menta presso il Rick’cafe a Casablanca, un bar ispirato al celebre film Casablanca.
Finalmente letto, con tanto di sacco letto perché il mio giaciglio non mi sembrava tanto pulito…
La mattina del 20 agosto, dopo una buona colazione a base di pane, burro e marmellata siamo andati a vedere la moschea di Hassan II sempre a Casablanca, una costruzione bellissima, vicina al mare, decorata con mosaici coloratissimi, con tante fontane, marmi pregiati… l’unica moschea che i non musulmani possono vedere.
Di fronte alla moschea c’era un mercato di montoni…. perché da lì a qualche giorno ci sarebbe stata la Festa del Sacrificio (dal 21 al 24 agosto) ovvero la festa che ricorda il sacrificio sostitutivo del montone da parte di Abramo. Insomma, una festa importante per il Marocco ma anche per tutto l’islam perché si celebra l’assoluta sottomissione a Dio da parte dei fedeli.
Dopo aver lasciato Casablanca, siamo partiti con il nostro pullmino da 16 posti alla volta di Rabat, capitale del Marocco, con alla guida Sulleyman, il nostro autista.
Io ovviamente non ho dormito ma mi sono goduta la strada.
A Rabat abbiamo fatto una passeggiata a piedi per la medina, ovvero il centro storico di ogni città islamica e ci siamo fermati a mangiare dei dolcetti tipici che ci sono costati una fortuna. Indovinate chi ha spinto il gruppo a fermarsi a mangiare queste prelibatezze? 😆
Siamo ripartiti alla volta di Meknes… ci siamo sistemati in un bellissimo riad, ovvero una casa tradizionale marocchina con giardino (“riad” infatti significa “giardino”).
Dato che io e Cristiano eravamo sistemati sul terrazzo, dopo la doccia, mi sono seduta sui gradini e mi sono messa a guardare il cielo e godermi il caldo secco… mi sentivo felice…
Abbiamo cenato con delle pietanze buonissime: tajine, melanzane, peperoni e zuppa di lenticchie. Tutto pieno di spezie… le mie papille erano in festa!
Diciamo che Meknes, rispetto a Casablanca e Rabat, è stata la prima immersione nel Marocco più tipico, con questa piazza centrale in cui la gente del posto la sera si incontra e sembra come una grande festa con bancarelle, incantatori di serpenti, cantastorie, scimmiette… ovviamente un caos assurdo… che per chi non è abituato ti viene voglia di fuggire, ma se ti abbandoni al caos, al fiume di gente, agli odori… entri proprio in contatto con la loro cultura che è tanto analogico, corpo, voce… io ovviamente non ho avuto nessun disagio… a parte i serpenti perché avevo paura che di spalle qualcuno mi mettesse il serpente al collo…
Il giorno dopo siamo andati con la guida in giro per Meknes, lei, Buchra, era molto brava nello spiegare tutto non solo dei siti che abbiamo visto ma anche dei me.me. della cultura marocchina e islamica… nei suoi occhi mi sono persa… mi piaceva ascoltarla e la mia stima ha raggiunto il massimo quando ho saputo che era la stessa persona che aveva cucinato la cena del giorno prima. Un idolo!
Comunque, nell’islam il senso della famiglia è ancora molto forte e nella gestione degli affari di famiglia tutti contribuiscono, facendo qualsiasi cosa come avviene nel circo, ma anche come facciamo al Villaggio Quadrimensionale.
Nel pomeriggio siamo ripartiti verso Fez con sosta a Volubilis, sito archeologico in parte berbero e romano. Qua abbiamo iniziato ad incontrare una tipologia di guide turistiche marocchine… ovvero quelle che si improvvisano, che trovi agli angoli delle strade, con i loro abiti tipici…. dei personaggi assurdi… che hanno “imparato” la lingua italiana avendo a che fare con i turisti, che ti bombardano con i luoghi comuni sulla loro cultura (tipo quello sulla poligamia… del tipo, cito testualmente, “una moglie, un problema, due mogli, due problemi, tre mogli, tre problemi, quattro mogli, troppi problemiiiiiiiiii”. E qua i turisti dovrebbero ridere) e che mentre ascolti i loro racconti ti viene il dubbio se stiano fornendo informazioni storiche affidabili o loro rielaborazioni.
E si riparte ancora arrivando a Fez. Ci sistemiamo in un hotel lontano dalla medina ma la sera, nonostante la stanchezza, con dei taxi ai limiti della sicurezza, raggiungiamo il centro e ci facciamo un giro a piedi per la medina deserta. È quasi tutto chiuso dato che la gente si sta preparando al sacrificio del montone, quindi poco importa loro degli affari. Quando una festa è importante, il resto non conta. E comunque la medina con i negozi chiusi e con poca gente che gira è altrettanto suggestiva…
Il giorno dopo a Fez, sino alle 10 – orario del discorso del Re, a seguito del quale verranno uccisi in tutte le case i montoni – a parte i lamenti di questi poveri animali, tutto tace.
Approfitto per fare con calma, mentre Cristiano, temerario curioso, va insieme ad altri maschi del gruppo ad assistere all’uccisione del montone a casa del receptionist dell’albergo (poi vi dirà lui come è andata).
Sul tardi ci incontriamo tutti di nuovo per fare un giro nella medina, questa volta accompagnati da un altro personaggio curioso, Wafi, la guida (?) di Fez.
Giriamo la medina nelle ore più calde, passando da siti importanti della città a negozi di tappeti e souvenir dove Wafi ci porta senza preavvertirci (sono una macchina da guerra nel commercio). Il giro è accompagnato dall’odore dei montoni, dalle teste bruciate degli stessi agli angoli delle strade, dai bambini che spaccano le ossa dei montoni. Per loro è festa, per me si respira anche un senso strano di morte.
A quattro giorni dall’inizio del viaggio, il gruppo inizia a formarsi, la coordinatrice fa gruppo a parte, secondo me anche per via dell’età e del suo carattere spigoloso.
Io mi sento abbastanza a mio agio e anche Cristiano.
I due giorni dopo abbiamo trascorso parecchio tempo in autobus, salvo soste per dormire, perché dovevamo arrivare al deserto. Il gruppo dei viaggiatori, dopo la dinamica del Montone e grazie anche al tempo trascorso in pullman e a cena, è abbastanza affiatato. Io mi diverto abbastanza e insieme a Cristiano improvvisiamo nel pullman un DJ set che ha parecchio successo… il pullmino tutto balla, a parte la coordinatrice che mi sembra infastidita, ma ce ne freghiamo.
Sento che mi piace stare anche con persone che non conosco, ascoltare i racconti delle vite degli altri, parlare di me, di quello che faccio, condividere quella che sono e mi piace anche che, con persone che hai appena conosciuto, nessuno ha aspettative nei tuoi confronti, ognuno è là per fare il suo viaggio specifico ma le relazioni sono abbastanza equilibrate.
Dopo una notte nella Valle del Ziz, la mattina dopo percorriamo ancora un po’ di strada per arrivare al posto più vicino al deserto. Lasciamo le valige e prendiamo giusto il necessario per trascorrere una notte nel deserto, in una tenda berbera.
Per arrivare nel deserto saliamo in groppa a dei dromedari e già la prospettiva cambia perché sono altissimi e non si sta neanche comodi perché quando camminano si muove tutto il dorso.
A parte questo però in pochi minuti ci troviamo ad ammirare un paesaggio mozzafiato… il nulla, il niente, l’assenza dell’uomo e la maestosità della natura che si esprime attraverso le dune di sabbia.
Sabbia ovunque e dune altissime.
È quasi ora del tramonto. Arriviamo al nostro accampamento e per goderci il tramonto il gruppo si scioglie e naturalmente ognuno va su una duna a godere il tramontare del sole…
Che pace, che silenzio, che sballo. Io, la sabbia e il silenzio. È inutile dire che gli antenati ti aiutano proprio a rimanere in contatto con te stesso e in quel momento, anche se sudata, con la sabbia ovunque, con poca acqua, senza cellulare… ti senti che non ti manca assolutamente niente.
Mi stendo, guardo il cielo, mi emoziono perché sono nel nulla e mi sento che ho tutto quello di cui ho bisogno.
Sento che non sono a disagio, ma anzi sono felice per quello che sto vivendo.
Dalla mia duna guardo lontano e c’è Cristiano anche lui immerso in questa distesa di sabbia.
Rientriamo all’accampamento e ci buttiamo su dei materassi che poi saranno anche i nostri letti per la notte.
Le nostre guide del deserto (che poi sono anche coloro i quali cucineranno per noi, suoneranno e baderanno ai dromedari) ci invitano a sederci attorno ad un tavolo bassissimo e qui ci servono una cena tipica marocchina (tajine immancabile e riso allo zafferano – scotto -).
Ormai è notte, è tutto buio anche perché nel deserto non c’è l’elettricità e quindi mangiamo quasi al buio, se non fosse per piccole lanterne che ci hanno messo a disposizione. Dopo cena i nostri amici marocchini improvvisano una jam session con i tamburi e noi, un po’ di balli in stile afro.
Dopo la festa a ritmo di tamburi berberi ci tocca andare a letto, in questa tenda che rimane praticamente aperta e la notte riesco a sentire tutti i rumori del deserto… la sabbia che si muove e che ormai fa parte di me, il vento, qualche sibilo di qualche animaletto (che diciamo in parte mi fa perdere il sonno)…
La mattina veniamo svegliati all’alba e senza lavarci (l’acqua ovviamente non c’è nel deserto) e senza fare colazione (per me impensabile), saliamo sui dromedari, ancora addormentati, per tornare verso Merzouga dove ci attende la nostra colazione e ripartiremo per altre avventure.
È ancora buio e mentre camminiamo sorge il sole… ci fermiamo, ci sediamo sulle dune e ci gustiamo il passaggio dalle tenebre alla luce… ognuno per sé, senza troppo chiacchierare…
E mi commuovo a pensare che veramente se non ci fosse il buio, il negativo, le tenebre… anche la luce non avrebbe senso, che è tutto un ciclo, un passaggio.
Siccome mi sento felice, seppur a digiuno, decido di proseguire un po’ a piedi sino al nostro appuntamento.
Raccogliamo in una busta io e Cristiano un po’ di sabbia del deserto e ho la conferma, guardandolo negli occhi, che anche per lui il deserto sia stata una dinamica importante, che se l’è goduta e ne ha apprezzato non solo il paesaggio ma anche le caratteristiche che ha.
Prendo un po’ da mangiare e decido di fare colazione fuori, seduta su un tavolino in ferro battuto.
C’è ancora un po’ di residuo di deserto attorno a noi. Mi seguono anche gli altri del gruppo.
Sento che il deserto ci ha fatto fare un passaggio anche di vicinanza tra di noi.
Decidiamo di fare un giro sulle dune anche con jeep, una cosa tipo giostre, i guidatori delle jeep sono degli spericolati.
C’è chi grida e chi brontola. Io me la spasso perché mi piace volare sulle dune.
Dopo una notte passata ai margini delle Gole del Todra, dove il giorno dopo passeremo la giornata, ci dirigiamo verso Ouarzazate – Ait Benhaddou.
Raggiunta Ourazazate facciamo un giro nella sua medina e poi ci fermiamo alla qasba Taourirt, famosa perché nel complesso sono state girate alcune sequenze di film hollywoodiani come ‘Il gladiatore’, ‘Il tè nel deserto’, ‘Prince of Persia’. Diciamo che Ourazazate è una sorta di Cinecittà del Marocco.
Nella qasba Taourirt la guida che ci accompagna ci delizia con un suo motivetto che mi è rimasto nella testa per giorni a seguire e che è diventato un po’ un must del viaggio; lo canta usando uno strumento musicale antico tutto di legno, con un bastone con cui picchia all’interno.
Queste guide marocchine, quelle diciamo non proprio ufficiali che incontriamo in questi siti un po’ dispersi, sono davvero bravissime a “vendere” il loro prodotto… così anche come tutti i commercianti che abbiamo incontrato durante il viaggio. Sanno darsi valore e sono davvero molto sciolti nell’analogico. Usano la voce in una maniera molto profonda, usano il corpo con disinvoltura e non hanno alcun problema ad invadere il tuo territorio.
A me fanno simpatia e per certi versi anche invidia ma a qualcuno possono anche dare fastidio. E comunque i marocchini sono simpatici e si sente che sono del sud.
Una volta lasciata Ourazazate ci dirigiamo verso Essaouira, una città marocchina affacciata sull’oceano Atlantico che, anche per la sua vicinanza al mare, è molto diversa da quelle che abbiamo visitato sino ad ora.
Si sente un clima diverso anche perché essendo vicina al mare è presa d’assalto dai turisti, per turisti intendo anche gli stessi marocchini che vanno in vacanza. È famosa perché pare che qui ci abbia anche abitato, nel periodo hippy, Jimi Hendrix, ed è anche importante perché ogni anno si celebra il festival della musica Gnaoua (una musica molto ipnotica e capace di indurre uno stato di trance, grazie a suoni bassi e ritmati del sintir o guembri, canti ad antifona, battito di mani e percussione di cembali chiamati krakeb. Musica e danza vengono impiegate per evocare forze spirituali che sono capaci di estirpare il male, curare malattie della psiche o guarire punture di scorpioni).
Diciamo che a parte mangiare il pesce, dopo tanti giorni di carne, l’atmosfera è molto diversa dai paesaggi che abbiamo attraversato sino ad ora ed è anche una città che forse ha più i segni europei, il che non è che proprio mi attiri, anche le donne sono vestite in maniera diversa, più occidentale e quindi in realtà il senso di perdersi in un altro territorio e di immergersi in qualcosa di diverso da dove provengo non ce l’ho.
Nonostante questo mi piace anche ritrovarmi vicino al mare, godere del fresco ristoratore dopo il deserto e del suo profumo di salsedine; camminiamo molto a piedi anche per comprare gli ultimi souvenir, le spezie e le mie amate ceramiche.
Mangiamo a pranzo in un “ristorante” improvvisato e io, noncurante degli avvertimenti in merito al non mangiare verdure crude, mi faccio una scorpacciata di pomodori e cetrioli che non mangio da dieci giorni.
La serata la passiamo passeggiando e bevendo un the alla menta in terrazza.
Ahimè il viaggio sta volgendo al termine e ci attende come ultima meta la perla del Marocco, la magica Marrakech.
Arriviamo a Marrakech e ci sistemiamo in un riad che è vicinissimo alla famosa piazza Jamaa el Fna. La piazza è per loro il centro della vita della città, si ritrovano spesso per passare il tempo, per commerciare, per mangiare ma questa piazza davvero, al calare del sole, si trasforma in un grande ristorante all’aperto.
Prima di andare a cena ho coinvolto qualcuno del gruppo per andare a farci un hammam. Ti pare che vado in Marocco e non riprovo la bellissima sensazione di essere lavata e curata, nuda come mamma mi ha fatto, dalle mani di una donna che non ho mai visto prima di quel momento? L’hammam in realtà non ha assolutamente niente a che fare con le nostre SPA. Sono dei complessi termali che hanno avuto prima di tutto la funzione di incontro sociale per i musulmani, dove passare del tempo piacevole e poi anche sono importanti le abluzioni prima della preghiera.
Stesa sul marmo, mi sono persa nel guardare con quanta calma le donne presenti nell’hammam si prendevano cura del proprio corpo, e che lo stesso rituale è anche fatto fare alle bambine che tranquillamente girano nude per l’hammam senza la minima vergogna.
Mi lavano dalla testa ai piedi e poi mi fanno uno scrub con il sapone nero…
Mi sciacquano buttandomi tanta acqua addosso e mi ricordo la sensazione di quando ero piccola e mia madre mi faceva il bagno…
Rilassata e ripulita esco insieme alle altre donne, perché gli uomini ovviamente sono andati nell’hammam maschile e ci dirigiamo verso la piazza. Questa andata all’hammam mi ha fatto guadagnare il titolo di Miss Hammam 2018.
La piazza è piena di tavoli e braci allestite come una vera sagra di paese ma con tanto di numero per indicare il ristorante. Non puoi fare un passo che vieni subito fermato dai camerieri che ti invitano a sederti promettendoti che, nonostante le condizioni igieniche precarie, non avrai la diarrea.
A me ovviamente non mi importa e convinco il gruppo, tranne un paio di persone, a mangiare in questo spettacolo di piazza che ti fa proprio gioire tanto è vitale, certo anche molto caotica, piena di odori, suoni, schiamazzi… ma il Marocco è anche questo, altrimenti sarei andata in Svizzera!
Alla fine, mangiamo tanti spiedini di carne (tutti rigorosamente speziati) e di tante varietà di carne, ovviamente, tranne il maiale.
L’altra cosa che mi piace del Marocco (e dell’islam in generale) è che si divertono anche senza bere alcoolici, cosa che è davvero difficile trovare in giro.
Inizio ad avere un po’ di magone perché so che il viaggio sta per finire ma dobbiamo ancora girare Marrakech. Ci aspetta una giornata con Mohammed, la nostra guida ufficiale del posto.
Mohammed, a differenza delle guide precedenti, è una guida ufficiale pertanto è molto preparata, distinta e ci fa immergere nelle vie della città, quelle dove vivono i marocchini e gli europei che hanno pensato bene di lasciare l’Italia per trasferirsi qua. Una celebre italiana, innamorata del Marocco, che ha vissuto qua per tanti anni, è Marta Marzotto. Ci racconta tante chicche rispetto a questa città e ci porta in dei vicoli bellissimi, tutti rossi (Marrakech è infatti detta anche la “città rossa”). All’improvviso, mentre siamo tutti assorti nell’ammirare una porta di legno blu bellissima, ci ha spaventato, in realtà a me ha divertito, un cosiddetto “matto del villaggio” che ci ha buttato addosso un secchio d’acqua. Tutti si sono arretrati, io ridevo divertita. Era un modo per definire il suo territorio.
È stato bello camminare e perdersi in questi vicoli e andare a visitare luoghi importanti come le tombe Saadiane, il palazzo Bahia, la moschea Koutoubia, dall’esterno perché vietato l’accesso ai non musulmani.
Il pomeriggio prima della partenza l’abbiamo trascorso nel souq, girando imbambolati tra ceramiche, lampade e spezie. Abbiamo comprato le ultime cose, io mi volevo portare tutto a casa perché sento che in me vive una parte di questa cultura, sento proprio, come avvertii già dieci anni fa, che ho dei me.me. mediorientali, che sento proprio una parte di me che vive bene qua, che si riconosce.
Penso sia legata, come diceva anche la guida Mohammed (a proposito Mohammed sta per Maometto, nome storpiato dagli europei che nel medioevo consideravano Mohammed un eretico), che noi meridionali del mondo abbiamo una buona attitudine allo scambio e all’adattamento, e quindi riusciamo a stare bene ovunque oppure, dico io, anche perché abbiamo costruito un buon punto mitotico che ci permette di viverci anche situazioni diverse da quelle a cui siamo abituati, mangiare cibo diverso, usi diversi e non stare male per questo. E poi il senso del viaggio è anche questo, farsi travolgere da altro che non conosco, lasciarsi andare ad un flusso di emozioni sconosciute, assaporare un qualcosa che ci può sembrare non familiare e che alla fine del viaggio invece fa parte di te…
Mi chiedo davvero cosa sarebbe la vita se tutto fosse chiuso nelle nostre quattro mura, vivendo solo attraverso quello in cui siamo capitati, per caso.
Viaggiare mi piace anche perché mi aiuta a ridimensionare il mio ordinario, le mie certezze, mi fa comprendere di più quanto io sia solo una piccola parte e quanto mi gusta incontrare altre persone, altri luoghi, in apparenza molto diversi da me ma poi tutti accomunati da un fondo comune simile.
In questo andare sento che mi ha accompagnato, ormai da dieci anni, la teoria che mi ha cambiato tanto il modo di vedere le cose, le persone, che mi fa andare ancora più volentieri e con piacere verso chi mi sembra opposto a me.
Anche in questo Marocco bis ho sentito come mi vivo molto meglio le persone senza fare confronti differenza, come riesco a trovare il buono anche in situazioni negative e scomode, come sono diventata più essenziale nel vivermi il viaggio, che gusto di più, anche grazie all’esempio di mio fratello, il camminare, che inizio ad avere meno paura degli insetti e tante altre cose che mi fanno sentire il piacere di stare al mondo.
Ringrazio Mariano e la sua proposta di scrivere qualcosa di questo viaggio perché mi ha dato la possibilità di ripercorrere i luoghi e le sensazioni che ho vissuto.
Ringrazio Cristiano che ha accettato la proposta di ritornare in questa meta e che è stato un compagno di viaggio piacevole. Ci siamo tanto divertiti insieme e abbiamo scambiato molto le nostre impressioni sul viaggio, ritrovandoci sintonizzati che la cultura mediorientale e i me.me. che la caratterizzano ci incuriosiscono tanto.
Chissà… potremmo organizzare un viaggio in Marocco tutti insieme noi del Villaggio Quadrimensionale…
Giusi
5 Commenti
Unknown
WOW!!! Ammetto che ho aspettato troppo tempo per leggerlo e che me lo hai dovuto ricordare tu, "esigendolo"…ed hai fatto bene. Avevo bisogno di fermarmi un attimo oggi, tra tante piccole cose belle che ho fatto qui in casa, da solo e con Olivia e Veronica, è il momento è arrivato. Ho letto tutto di un fiato, forse dovrei pure rileggerlo. No, non credo neanche io che questo "anniversario" di 10 anni sia una coincidenza. Sento che una pagina si sta finalmente chiudendo, per me, per te, per noi…e in questo noi non ci siamo soltanto noi 2 e neanche noi 5, 7, 9 etc. Stiamo viaggiando bene, per tanti anni lo abbiamo fatto (soprattutto io) più nelle profondità e con salti indietro nelle rappresentazioni e nel virtuale. Questo anno per me sancisce anche il ritorno al viaggio fisico. dopo 10 anni!!! e scopro l'importanza di aver rinunciato ad una soluzione/abitudine/modalità di fuga per ritrovare a distanza di tutto questo tempo una maniera diversa di muovermi…con le emozioni, con la lentezza, da solo ed in compagnia. Sono contento, per me, per te, per noi.
E soprattutto mi è venuta una gran voglia di andare in Marocco, di camminare e muovermi lentamente in quelle terre che anche a me attraggono tanto e in una cultura che poco conosco, ma che molto mi affascina e con la quale in Spagna, Francia e Italia mi sono sempre trovato affine e vicino, fosse mangiando in un ristorante marocchino o in un hammam, bevendo the alla menta, fumando una shisha o altro (e non rinnego ma neanche rimpiango manco le fumate di marocchino), chiacchierando con marocchini a Bologna, a Parigi o a Jerez…
Meh lo faremo sto viaggio, Inshalla!
ti voglio bene e complimenti davvero per il racconto, ricco di particolari esterni ed interiori. Hai stoffa. Davvero!!!
Unknown
Grazie Massimiliano, sei tu vero che hai lasciato l'ultimo commento?
Un abbraccio
Unknown
Bellissimo Giusi! Viva miss hammam 2018 e il dj che ormai esporta i suoi dj set anche in campo internazionale.
Unknown
Grazie cara! Quando mi vieni a trovare ti preparo una cena con spezie marocchine
Unknown
Grazie Giusi per aver condiviso con noi il diario del vostro viaggio in Marocco…sei stata molto descrittiva sia dei luoghi che delle sensazioni tanto che mi sembra di aver visto un film.
Ancora grazie e spero di leggere altri tuoi post.
Grazia