“Mi rivolgo a te, Andrea”: appunti di viaggio dal diario di Mauro.
Quando sono stato in visita da Giuseppina e Tonino, due settimane fa, è accaduta una dinamica importante tra Tonino e Andrea, il suo primo figlio maschio. Eravamo a pranzo ed erano trascorsi 2 o 3 giorni di deliziosa accoglienza e convivenza, tra scambi di massaggi con Tonino, il dolcissimo accompagnamento di Giuseppina con il suo laboratorio di creta… diciamo pure metastorico…
Ma torniamo al pranzo. Padre e figlio erano seduti dalla stessa parte del tavolo mentre si mangiava. Per chi non li conoscesse, Andrea è un ragazzo che scoppia di vita, con dei tratti molto maschili nel carattere ma anche una sensibilità genuina e ruspante che lo fa essere spensierato, deciso e attento nello stesso momento. Tonino, dietro la sua accoglienza disarmante, è un uomo d’altri tempi. Ha studiato moltissimo per diventare un medico “massaggiatore” conosciuto nella zona. Per quello che ho intuito, per le mani non tiene solo i corpi delle persone che vengono a trovarlo, ma cerca di curarli anche nei loro dolori profondi o almeno ha imparato a farlo da quando ha conosciuto Mariano che lo ha aiutato a curarsi per primo della sua ‘anima’.
Mentre mangiavamo (tra di loro c’era la piccola Alice, la seconda figlia, che comprendeva, assorbiva e rispondeva a tutto quanto successe)… (tra l’altro Giuseppina ha visto dei tratti di delicatezza e ingenuità in comune tra chi vi scrive e la sua bambina… anche se il mio lato bestia non lo ha ancora visto!…)
Tornando a noi, mentre mangiavamo appunto è nata una piccola discussione riguardo un quaderno di storia che, iniziata la scuola da tre giorni, doveva essere portato nello zaino, mentre Andrea se l’era dimenticato a casa, raccontando che invece ce l’aveva portato. Era un fatto da poco, apparentemente, ma Andrea veniva già meno, dopo tre giorni, ai suoi impegni ma nel padre, che lo aveva accompagnato con amore nei giorni precedenti, accadde una cosa profondissima… sentiva venir meno la fiducia che aveva riposto nel figlio.
Antonio si è sentito preso in giro a tal punto che la rabbia lo ha fatto alzare dalla sedia, osservarla per capire se era una di quelle aggiustata e dondolante, e poi sbatterla con violenza a terra.
Perché gli aveva raccontato una bugia al terzo giorno di scuola? Alle parole infuocate che seguirono, Andrea seguitava a piangere con un misto di sentimenti: incredulità, il sentirsi incompreso e anche dolore per aver deluso il padre e forse se stesso.
Questi sono i fatti, improvvisi, inaspettati: una dinamica forte.
Io ho lasciato il piatto di pasta a metà. Di solito non perdo mai l’appetito!!!
La questione mi riguardava da vicino per le maschere che indosso ancora oggi e le bugie che mi hanno raccontato, soprattutto nella famiglia di origine. Raccontarle a mia volta divenne una modalità per schivare i problemi e sopravvivere. Ma andiamo con ordine.
Molto probabilmente mio padre e mia madre si misero insieme e poi si sposarono non per un amore profondo, e lo si può scoprire anche dalle foto di matrimonio. Niente di male, chi non si sente puro ed invincibile a 20 anni?
Comunque torniamo alle foto.
Mia madre vestita con un abito rosa, sguardo impaurito o forse più imbarazzato… che si vergognava insomma.
Veniva da una coppia di Napoli, trasferitasi a Milano (con l’incredibile arte dell’arrangiarsi, mio nonno era diventato sarto di abiti eleganti) e che, sopraggiunta un principio di sclerosi multipla di Luisa, la sorella maggiore, partirono tutti per il mare e si trasferirono vicino Imperia (i medici proposero l’aria di mare come soluzione oltre il cortisone). Mia madre rimase da una zia un po’ strega poco distante da Milano e conobbe mio padre Battista nel paese vicino, e pochi mesi prima del matrimonio, si trasferì a casa dei suoceri a Cassano d’Adda.
Posso dire che fu una emigrante inconsapevole?
Si sposarono in chiesa molto giovani anche per volontà della nonna Angela, madre di Battista… molto osservante. Si scelsero un grande prete, confinato in una piccola parrocchia del Cremasco… Fontanella.
Ne lessi anch’io, da grande, di Padre Maria Turoldo, religioso combattente, attento alle tensioni sociali e poeta. Un vero poeta scomodo e di ‘trincea’.
Mio padre e mia madre si sposarono giovani e belli con un carico di debiti di cui non erano consapevoli…
Il rapporto con mio padre Battista, dal mio punto di vista, fu fondamentale; veniva dal villaggio mondo e suo padre, che non conobbi, riparava scarpe. Il suo finto maschile svalutato lo conobbi e lo subii, (forse complice), presto.
Mi svendevo come una bambina innamorata per una macchinina il giorno del mercato.
Crescendo, in alcuni momenti, l’ambivalenza a cui mi aveva portato la nostra relazione, mi ha fatto comportare come un diavoletto, tra masturbazione eccessiva e iperalimentazione. Purtroppo so per certo che per risolvere le crisi mio padre utilizzasse molto il sesso con mia madre, che assecondava. Una sera, ospiti i parenti di Elena, mio padre ebbe pretese con me a fianco che non dormivo, ma avevo troppa paura di mio padre e dei suoi discorsi strani sull’amore libero. Ancora oggi ho dei comportamenti equivoci quando è presente mia madre… Di giorno ovviamente pontifico come un prete riguardo una morale che non riesco a rispettare 😡
Politicamente mi sembra che incarnassero una protesta responsabile, non estremista che teneva conto di chi era venuto prima di loro. Dopo le riunioni si finiva spesso in trattoria… ed io mi addormentavo accompagnato dalle loro voci in sottofondo 😊
Ricordo che cantavano molto ed io purtroppo ho delegato un po’ alle musicassette e dischi questa essenziale forma di espressione ricordando le parole di poche canzoni! Ancora…
La loro separazione definitiva avvenne quando avevo 12 anni e io versai una sola lacrima.
Mi son fatto carico troppo spesso dei loro buchi e ho assorbito molta della tensione casalinga causata dal gran lavoro che si ‘produceva’. E di bugie, mezze verità e loro svalutazioni ne ho ereditate troppe, in un certo senso, come tanti di noi.
Cambiammo casa e io e Elena finimmo in una cooperativa ‘rossa’ alla quale Battista si era iscritto del tempo prima; alcuni giorni della settimana stavo da Battista che piano piano era andato a vivere da solo.
Che CAOS avevo dentro e che angolo alfa molle e spezzato si stava creando: non facevo più né quello che volevo né quello che desideravo… mi dedicai allo sport, a imprese difficilissime come il liceo scientifico e a non relazionarmi molto con i miei pari, tranne Matteo, il mio amico storico.
Faccio un passo indietro, quando vivevamo ancora tutti insieme…
Un giorno presi tutti i miei giocattoli, li misi in una specie di copriletto e dissi a mia mamma che andavo a vendere tutto. Tra i giochi c’era anche un grosso fucile con la canna nera che sparava gommini gialli-sole al quale ero molto legato. Non vendetti nulla ma rubai 16 mila lire dal portafoglio della mamma per far vedere che avevo guadagnato.
Mi vorrei soffermare sui proiettili e il loro colore: nel mio inconscio avrei voluto ucciderli mamma e papà per il super lavoro che volente o nolente svolgevo in casa… e il significato del giallo è che ero addolorato e nessuno lo vedeva, così io continuavo a passare su tutto e farmi magazzino del negativo altrui 😣😊
Una frase chiave di mia madre, ormai esperta di psicologia, fu che si viveva di “AMORE E MORTE”… appunto…
Io con quei soldi volevo partecipare a quell’imbroglio del lavoro per i soldi per l’autonomia che era sempre più sinonimo di tristezza. Ma nel profondo era il mio piccolo contributo per cambiare le cose. Ero stufo di fare da solo la parte metastorica di casa come una specie di angelo.
Mi viene questa teoria, anche economicamente si erano incastrati e io, probabilmente in colpa e confuso con le loro immaturità emotive e sentimentali, decisi di fare soldi anch’io. Mentendo. Rubando. E poi facendomi beffa della buona fede di mia madre che alla fine credette a tutta la messinscena.
E poi c’è un altro periodo ancora più antico, quando ancora bambino mi appassionai ai robot. Ne avevo diversi e ricordo che li misi in bella mostra, in camera mia, su quel mobile lungo, aperto, color rosso scuro.
Sulle tre mensole a vista… L’ultima era il piano del mobile, c’erano tutte le strane ‘creature’, per lo più umanoidi metallici magari con più plastica e robot ufficiali. Tre piani, tre livelli e tre giudizi diversi: belli, molto belli e bellissimi.
Di quanto venisse evitato o rimosso il negativo già da piccolo appare chiaro subito, ma procediamo.
Mi identificavo con un robot-navicella posto tra i bellissimi (…era il complimento più frequente che ricevevo, quello di essere bello…).
Era un giocattolo grande, massiccio per le mie proporzioni: una navicella bianca e ben tornita, nel senso di lunga e piena con una postazione di comando piccola posta sulla parte anteriore, come una cabina di pilotaggio a cui si accedeva sollevando una protezione di plastica che poteva essere di plastica azzurra.
La navicella, schiacciando due pulsanti posti a metà del giocattolo, si apriva in due e come steso a dormire e riposare (per ricaricarsi dico ora), c’ero un robot pesante, credo di ferro, molto accattivante e aerodinamico.
Poteva essere nero ma qui la memoria potrebbe distorcere la percezione. Con la navicella potevo volare, mentre il robot, una volta estratto era un modo per far muovere la mia immaginazione e anche la mia fantasia sul pavimento, nello spazio ed interagire con gli altri giochi. Non avevo 6 anni e già mi sentivo di ferro, chiuso alle emozioni perché ormai, come abbiamo detto, avevo fatto il pieno di negativo.
Un giorno misi le dita nella presa della corrente, pur sapendo che come quando tocchi il fuoco, era pericolosissimo. E ricevetti una corrente elettrica fortissima, come una pacca a tutto il tuo essere. Ero superficialmente convinto che con le scarpe non ci sarebbe stato problema, volevo provare e per fortuna e purtroppo ebbi la mia prima esperienza di morte… (il significato del nome Mauro, in tedesco, è fulmine).
Uscendo dalla metafora dei robot-giocattoli la teoria è che per l’ipocrisia dei sentimenti divenni resistentissimo alle emozioni, come mio padre del resto e oltre che razionali diventammo in misura diversa.
Monolitici e, prima lui poi io, sempre più identici a noi stessi (e la nostra finta amicizia procedeva e volava molto poco).
C’E’ UN PUNTO DI VISTA DIVERSO CHE FECI MIO SU TUTTI QUESTI MECCANISMI DI NOI TRE E CHE MI VENNE PROPOSTA NEI DIECI ANNI IN CUI FREQUENTAI L’ASSOCIAZIONE un punto macrobiotico…
… Attiravamo molte invidie essendo di bell’aspetto e questo credo abbia spinto me e mio padre a creare delle super filosofie sulla vita e a mia madre vedersi costretta a puntare tanto sulla bellezza, sulle parole per lavorare… in nome di una presunta conoscenza della giustizia e dei meccanismi che come fondo comune regolano la vita delle cose visibili e quelle invisibili.
(QUESTA E’ UNA TEORIA UN PO’ ASSOLUTISTICA MA MI SEMBRAVA INTERESSANTE e VITALE PER CAPIRE COSA MI STO LASCIANDO ALLE SPALLE con la grandiosa, giusta a prescindere, teoria che ha supportato la mia esperienza di alimentazione naturale e coltivazione biologica: fasi della mia vita che hanno espresso la potenza di come dovrebbe essere o come avrei dovuto essere per essere in gamba e rispettabile, ma anche per rientrare nei me.me. che ho individuato della ‘mia provincia bergamasca’… fede, lavoro contadino e accoglienza – a me rimaneva fuori Gesù Cristo ed ero in preda di un eccesso di sesso sballoso -).
Quella bianca navicella che si apriva è una forte metafora di come sentissi la gravidanza, il nascere e il rinascere. A parte la ripetitività del mio essere lasciato/lanciato libero da papà prua e mamma poppa capii presto che per ritrovare un minimo di serenità, Battista e Elena avrebbero dovuto lasciarsi, almeno dentro me e vederli come entità separate… piuttosto che prendersi e lasciarsi tante volte… perdendo io il valore di incamminarmi su una mia strada!!!!!!
Dopo aver collegato ciò che ha fatto risuonare in me quella sedia rotta facendomi esprimere e raccontare emozioni di una infanzia sotto pressione, mi rivolgo ancora a te, Andrea.
Forza, perché tuo padre Tonino ti ha fatto una specie di regalo con la sua reazione anche se ti ha addolorato e fatto piangere per qualche minuto.
Ti ha fatto sentire che tu vieni da lui e anche dalla sua cultura. Ma hai sentito di quanto poco fosse visto lui, rispetto a te, e te lo ha raccontato mentre era arrabbiato; lavoro e poche rigide parole era il rapporto con suo padre, che, se lo incontrava in macchina per strada, il padre neppure si girava. Immagina il gelo che poteva sentire dentro; puoi sentirlo ancora se ti metti in ascolto… in qualche angolo della sua anima…
La vita lo ha reso onesto e lui crescendo ha compreso che essere onesti era un valore e l’ha fatto suo… è andato avanti con il poco di attenzioni paterne che poteva avere…
Tu che sei suo figlio e lo avverti che è cambiata un epoca, hai comodità in più, ma la famiglia Cimetti e il rapporto che hai con tuo padre è ‘sempre’ lo stesso. È importante che conosca il viaggio che lo ha fatto diventare se stesso e con il procedere della vita… di aver fatto la sua parte perché tu sia qui in questo momento INfinito DInamico e COmplesso 😊
Con quella esplosione ha detto sì alla sua vita… affermando di aver trovato un senso anche con la tua presenza accanto a lui. Allora la bugia non è più così importante, importa che c’è stato accompagnandoti meglio che poteva.
Un padre, come il mio, tiene al figlio come la cosa più importante e quando saremo per strada a giocare, i nostri padri potranno fidarsi.
Un bacio felice,
Mauro