UN VIAGGIO CHAOS: 7 agosto 2018, VISITA GUIDATA A MAMMA ATENE.
A colazione, da fare entro le 7.45 prima di partire in pullman, rivediamo con piacere le prime persone del gruppo Alpitur con le quali ieri sera abbiamo aperto un primo discorso, creando un clima positivo e di apertura. L’apripista inseminatrice è stata Giovanna con due donne single: una rumena quarantenne che vive a Torino, diretta, sbrigativa e pratica; l’altra, una anziana signora di Verona che, almeno in mia presenza, non fa capire bene cosa c’è dietro un sorriso muto. A tavola, a cena, si è seduta di fronte a noi – perché gli unici posti liberi – una timida coppia di quarantenni, proveniente da Torino. Trovatimeli davanti, ho rotto gli argini e, partendo da futilità, ho spiegato il senso di questo viaggio, che ci è stato donato da tante persone che ci vogliono bene, il tipo di lavoro che ho fatto per il disagio diffuso e l’evoluzione della nostra coppia come intesa e condivisione del Progetto. L., il compagno, si è mostrato interessato e ha parlato della sua specializzazione in ginecologia e oncologia ginecologica. Che culo! Proprio un medico, discendente di Ippocrate, a cui parlare liberamente dei tanti limiti della Medicina, specie nell’ambito psichiatrico. Anche C., la sua timida compagna, una impiegata curiosa di questo viaggio culturale, si mostrava interessata e progressivamente aperta a questo genere di argomenti. Ho parlato del disagio diffuso, del mutamento antropologico, del delirio genetico che la Psichiatra adotta alle spese dei cosiddetti psicotici, dei facili psicofarmaci, delle mie traversie al Centro chiuso da Vendola, della costituzione della Fondazione e della recente costruzione del Villaggio Quadrimensionale.
La sera, per una passeggiata dopo cena, si è aggiunta una mamma di Pavia con un figlio liceale diciassettenne, interessato a laurearsi in filosofia per risolvere il problema di Dio e su che cosa fondare la sua fede cattolica. Per me è stata una ghiotta occasione per parlare di Kant, di Hegel, di Nietzsche, di Marx, degli esistenzialisti. Essendo un bravo ragazzo di parrocchia, non mi son fatto mancare un po’ di S. Paolo e un po’ di critica per il taglio perpetrato alla Teologia della liberazione.
Prima di cominciare la visita e in attesa dell’autobus e della guida, mi son sentito di fare una precisazione e raccomandazione a mamma Atene, parlandole a cuore aperto.
«Cara madre Atene, oggi sette agosto, prima di partire per le tue strade e monumenti che testimoniano i tuoi antichi splendori, voglio rivelarti con quale stato d’animo parto. Le antiche glorie e i luoghi dei tuoi illustri figli oggi non parlano più, soprattutto ai giovani. La tua millenaria saggezza non arriva più alle coscienze di chi dovrebbe cercare maestri e crescere in adultità. Oggi, le persone sono attraversate e offuscate dal disagio diffuso e soffrono profondamente, senza trovare più nutrimento né dalla tua sperimentata saggezza né dalle antiche profezie ebraico-cristiane. Oggi, impera il tuo figlio prediletto, il pensiero scientifico-tecnologico-mercificato-finanziarizzato, l’ingrato mostro che ti ha messo in ginocchio e sta spegnendo il popolo che ti abita e che non può vivere solo di templi, accademia e Partenone o di spasmodici villeggianti delle tue più di 200 incantevoli isole. Devi riconoscere che, per questo travagliato e caotico terzo millennio, non basti più e che necessita un tuo collocarti in una prospettiva globale, accettando di condividere il tuo giaciglio e la tua mensa con le etno-culture che ingiustamente hai definito primitive, irrazionali, contraddittorie, mancanti dei tuoi razionali assoluti, deficitarie di vera aletheia, la verità razionale che solo tu possedevi per distinguere il bene dal male, il positivo dal negativo, il vero dal falso.
Cara nobile decaduta, oggi devi avere il coraggio di umiliarti, strapparti le vesti razionali, vestirti di sacco e cospargerti il capo di cenere. Devi praticare e imparare la lentezza dei codici profondi per cogliere e sentire la profondità non razionale dell’esistenza, da dove sgorga il senso globale per interrogarsi sugli eterni dubbi: da dove veniamo, chi siamo, di che strumenti disponiamo per navigare la difficile arena esistenziale, verso quale sogno andiamo e a che cosa servono le nostre corte vite. Anche a me, figlio tuo occidentale, la tua antica saggezza non basta più, sento molto che non mi bastano più le tue parole e i tuoi strumenti logico-razionali, non mi nutrono più le tue certezze e non so più che farmene del Faraone Finanziario che, senza rendertene subito conto, hai ispirato e fatto crescere con la tua epistemologia logico-razionale-sperimentale.
Da oggi accetto di farti visita in alcuni dei tuoi luoghi più significativi. Ma approfitta anche tu dei germogli di novità che sono nati nell’Occidente ma che sono scaturiti da un approccio globale all’esistenza, da una epistemologia globale, ispirata al Quadrimensionalismo. In questi germogli, c’è posto per tutte le etno-culture che hai buttato via e, soprattutto, c’è un respiro ampio quanto l’universo, c’è l’avventura di una Gravidanza Universale Kosmica in cui siamo inediti co-creatori, scintille fusionali che operano in un sincronico, anche dopo la cosiddetta morte, che è una semplice via per ritornare là da dove siamo stati gettati nell’arena esistenziale.
Allora, cara madre, patti chiari amicizia lunga. Tra poco, alle otto, inizia il nostro visitarci, cominciando da piazza Sintagma dal monumento al Milite ignoto.
Lo sai che ti stimo e ti voglio bene ma non intendo farti sconti e voglio incalzarti sulle spinose emergenze di questo nostro mondo piccolo, caotico, conflittuale, disagiato, finanziarizzato in quasi tutte le espressioni di vita.»
Alle otto arriva il pullman, entriamo e comincia il giro panoramico di Atene con una guida greca che parla italiano, di nome Anastasio, che significa il risorto.
Giovanna, donna concreta e arpiona, occupa per prima i due posti davanti. Che scatto felino rispetto a me che son capace di farmi passare avanti tutti gli altri e, se per poco sapessero insistere, darei la precedenza anche a galline e piccioni.
La prima meta è piazza Sintagma o della Costituzione, un edificio neoclassico dove si trovano il Parlamento e il monumento del Milite ignoto, su cui sono elencati vari luoghi di battaglie per l’indipendenza, tra cui quella di Rimini. Ci troviamo, con molto culo, proprio al momento in cui si svolge un rito davvero bello ad opera dei due euzoni che ne stanno a guardia: sono giovani di leva, alti almeno 1 e 80, che appartengono al reggimento di montagna che ha combattuto durante la guerra di indipendenza del 1821. Caratteristico è il loro abbigliamento: un gonnellino di fustanella, con 400 pieghe (tanti quanti gli anni di oppressione turca), fez rosso in testa, scarpe a punta con pompon, per evitare il congelamento dei piedi in montagna. La cerimonia è suggestiva con la musica delle rumorose scarpe e con movimenti degli arti, ritmati come se fossero burattini, mossi da una regia esterna.
Il giro per la città di Atene è abbastanza eloquente con molti palazzi poco curati e senza manutenzione, costruiti all’epoca della dittatura dei colonnelli. Mi sono sembrati tante alte scatolette per contenere, secondo l’ultimo censimento, i quattro milioni e mezzo di abitanti, quasi un terzo di tutta la Grecia. La guida parlava di circa sei milioni. Gli unici palazzi particolari, di stile neoclassico, sono l’Accademia, l’Università e la Biblioteca nazionale. Particolari, per altri aspetti, sono intere strade occupate da immigrati mediorientali e nordafricani in abitazioni fatiscenti con vendita interna di merci varie di loro produzione.
Finalmente giungiamo al Museo archeologico nazionale, inaugurato alla fine del 1800, che custodisce una grandissima serie di reperti storici tra cui la maschera di Agamennone e l’efebo di Anticitera. È un po’ come la mini Italia: attraversando le numerose stanze, si fa un viaggio velocissimo dal neolitico (con gli interessanti reperti della dea madre) al periodo cretese, miceneo, classico. È così vasto e ricco che ci si può soffermare solo su alcune stanze e sui più noti reperti.
Ci rimettiamo in pullman e dopo poco scendiamo per vedere lo Stadio Panatenaico, costruito sui resti di quello antico, dove ebbero luogo i primi giochi olimpici del 1896. Quello antico misurava in lunghezza 192 metri, per cui i Greci misuravano le distanze in stadio. Pan-Atene-oicos, il nome dello stadio, significa casa-oicos, di tutti-pan gli ateniesi.
Nell’andare verso l’acropoli, una piccola delusione: la guida ci ha indicato un solito palazzo dell’epoca dei colonnelli dicendo che lì c’era la Stoà, il lungo porticato dove il grandissimo filosofo Aristotele usava tenere le sue lezioni, passeggiando con i suoi discepoli (cosiddetti peripatetici, cioè intorno-peri al porticato-pato). Con tutta l’immaginazione possibile, povera Stoà trasformata in una squallida scatoletta di appartamenti.
Finalmente, si arriva all’acropoli, la parte più alta-punta-acro di Atene-città-polis, dove ogni giorno passano circa ottomila turisti per vedere il Partenone (il tempio per Atena partenos-vergine realizzato da Fidia), i Propilei che precedono il tempio e il famoso Eretteo con le sei cariatidi. Che armonia e bellezza il rettangolo aureo del Partenone che domina il ring divino, dove Atena combatté contro Poseidone, lo vinse e diventò patrona di Atene.
È ora di pranzo e ci fermiamo a un ristorante Arcadia per consumare Moussaka (una specie di parmigiana) e greek salada, una insalatona tipica.
Alle quindici e trenta, partenza per capo Sounion, il punto più estremo dell’Attica, che divide il mar Egeo verso la Turchia e il mar Jonio verso l’Italia. Un punto strategico per osservare navi pericolose provenienti dalla Tracia e dall’Asia minore, e così allertare, attraverso specifici messaggi col fuoco, gli Ateniesi residenti nell’isola di Egina.
Sulla parte più alta di Capo Sounion si erge il bellissimo tempio di Poseidone, il dio padrone del mare e delle navigazioni. Fu da qui che si buttò in mare Egeo, il padre di Teseo quando vide la nave del figlio tornare con le vele nere dall’isola di Creta, dove Teseo era andato per uccidere il Minotauro. Vi era riuscito, con l’aiuto di Arianna, e stava tornando vittorioso; si era solo scordato di mettere le vele bianche, promesso segnale per il padre che stava tornando vivo. Quel mare che affogò quel padre, suicida per la creduta morte del figlio, si chiamò Mar Egeo. Un padre proprio simile a mio padre Ninarell!
Torniamo nuovamente ad Atene, al nostro albergo Oscar, abbastanza stanchi. Per fortuna, per mancanza del numero minimo di iscritti, non dobbiamo ripartire per una serata a un ristorante dove imparare i balli tipici della Grecia. Giovanna rimane un po’ delusa ma a me va molto bene, anche per scrivervi il mio resoconto di oggi martedì sette agosto.
Domani, si parte presto in crociera per tre meravigliose isole Saroniche.
Mariano
Riflessioni di Giovanna sulla giornata di oggi
Ieri sera per un po’ mi sono sentita persa perché non sapevo cosa fare e non potevo parlare con nessuno, o parli inglese o greco, la televisione non parla italiano, insomma una palla unica. Così Mariano mi ha chiesto di andare al negozio di fronte a comprare l’acqua per il giorno dopo: sono andata, ma prima di risalire mi sono fermata nell’ingresso dell’albergo per chiedere spiegazioni sulla televisione e, mentre facevo questo, è scesa una signora che stava sola e non sapeva cosa fare, così io subito ho attaccato discorso; dopo un po’ è scesa un’altra, anche questa sola, e non sapeva cosa fare… abbiamo subito fatto amicizia e poi abbiamo continuato a cena formando un bel gruppo di persone italiane. Dopo cena siamo uscite in giro un bel gruppo di sei persone, ma non c’erano né negozi, né altre cose interessanti.
Oggi abbiamo trascorso una giornata in pullman e mi è sembrato di stare con persone che conoscevo da tanto. Abbiamo visto i palazzi più importanti di Atene, abbiamo visitato un museo e visto un lungo mare bellissimo. Mariano ha spiegato ogni tanto l’etimologia delle parole.
La nostra guida Anastasio è stata molto brava.
Non voglio dire più niente perché sono due volte che lo scrivo e per vostra fortuna ho abbreviato molto. Adesso vi saluto e vado a dormire.
Buonanotte,
Giovanna