Domus Zamagni, Cesena (FC), mercoledì 26 luglio 2017. XI Edizione del Progetto “La Finestra di Babich”: quinto giorno.

Anche oggi il sole benedice il desiderio di proseguire il nostro viaggio al femminile e Pina ci invita a fare un cerchio, prendendoci per mano, ad occhi chiusi e in silenzio, per ascoltare il nostro stato quiete accompagnate da una musica rilassante per la mente.

Successivamente entriamo nel vivo della mattinata ricordando che oggi è Sant’Anna e San Gioacchino, (genitori di Maria, nonni di Gesù, suoceri di Giuseppe 😊) e che Sant’Anna, come protettrice delle partorienti, ci accompagnerà in questa fase di doglie per far nascere parti nuove di noi.

Allo stesso modo, il pensiero quotidiano del Pillolendario ci invita a riconoscere le paure come desideri inespressi e sepolti sotto strati di lapidi, per cui le conduttrici ci incoraggiano ad attraversarle come spinta verso il coraggio, come contrazioni per partorire ciò che ancora non conosciamo di noi.

E con questo augurio, una di noi confessa la difficoltà nel fare dei passaggi, perché nella fase della transizione si hanno difficoltà a procedere guardando il parabrezza con fiducia; spesso, affrontare cose nuove ci spaventa, la paura dell’inedito ci blocca e non ci permette di affidarci. 

Questo accade quando le famiglie d’origine ci abituano a delegare e a non essere, quindi, protagoniste e responsabili delle nostre vite. La cultura patriarcale da cui proveniamo e che ci condiziona tuttora ha fatto vivere le donne all’ombra degli uomini, padri o mariti che siano. 

Il senso di questo progetto è proprio quello di aprire una finestra di opportunità alle donne dando valore a vissuti e sensibilità affinché riconoscano la loro svalutazione per passare da gregarie a co-creatrici insieme agli uomini.

Come donne del terzo millennio, scavando il terreno delle nostre profondità, possiamo far sgorgare il prezioso oro nero sedimentato nei secoli.

A tal proposito, due giovani donne del gruppo, con un rito, sono state invitate ad accompagnarsi reciprocamente a sancire l’impegno di intrecciare per ritrovare l’armonia delle parti. 

Viene fuori che quando siamo immerse negli aspetti della storia ci dedichiamo completamente alle richieste dell’esterno e ciò ci riempie sotto tanti aspetti, dal cibo agli impegni, trascurando l’ascolto del proprio sé. Al contrario, quando viviamo immerse nella conoscenza e nel recupero di parti nostre profonde, ci dimentichiamo dell’esterno, dal cibo ai ruoli sociali. 

Entrambe sono parti che vanno integrate e messe in equilibrio.

Il resto della giornata viene dedicata all’ascolto delle immersioni relative alla relazione con il padre: continuando a pescare nei ricordi, emergono le varie caratteristiche dei padri a volte inesistenti, a volte soffocanti, ma comunque giudicanti, che hanno condizionato la manifestazione della specificità di ognuna di noi.

Come ogni parto viene accompagnato dal dolore delle doglie, una di noi ha voluto ricordare l’anniversario del suo travaglio tra la vita e la morte affrontando le difficoltà della malattia che ha fortemente provato il suo corpo non ascoltato in profondità, e che ha risposto alle delusioni e ai dolori con un sintomo per spingerla a far risorgere le sue parti più autentiche. 

Celebriamo questa rinascita danzando sulle note del brano di Branduardi “Sono io la morte”.

La sera abbiamo ospitato Daniela e Alessandro, il quale ci ha accompagnate in una esperienza di meditazione guidata con relativi esercizi di danza e relazione di gruppo.

Piene di emozioni ed energie abbiamo goduto di una ricca cena sotto le stelle in allegro spirito conviviale.

Maria Gabriella, Titta e Marialetizia

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