Sasso di Castalda (PZ), lunedì 1 febbraio 2016. VIII° PROGETTO “RAINBOW”. Nono giorno.

FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS

Registro Persone giuridiche n. 429 

Prefettura di Foggia

…”QUANDO IL BUIO ARRIVERA’

SARO’ PRONTO

A GUARDARMI IN FACCIA”…

Per mettere il vento in poppa alle scialuppe di oggi, Raffaele ci fa riflettere sul fatto che la nostra paura più grande sia mostrarci per ciò che davvero siamo, nei nostri bisogni profondi che, così a lungo negati, diventano mostri interiori, mostri che ci fanno “paura e vergogna di noi stessi”.

Raffaele accompagna ad aver fiducia coloro che, ripetutamente delusi, non si fidano più: in questo branco di lupacchiotti che si mettono in gioco fino in fondo vogliamo credere, come cantano i Linea 77:

… “A un sogno appena accennato.
Ora dimmi che non avrò paura,
Che quando il buio arriverà sarò pronto a guardarmi in faccia.
Ora dimmi che non sarò da solo,
Che tenderai la mano per salvarmi
Dal vuoto in cui mi trovo
“…

Ora et Labora” dicono gli antichi saggi…Ma spesso viene interpretato in modo rinunciatario…

Oggi siamo invitati ad orare-pregare-contemplare noi stessi, affrontando quelli che pensiamo siano mostri, ma anche a lavorare, nel senso di esprimere questi bisogni in modo “cre-attivo” e costruttivo.

Con la canzone dei 7 nani, che con fatica scavano nelle profondità della terra per trovare oro, ci avviamo pure noi a visitare e a dar voce alle nostre preziose profondità.

La scialuppa più numerosa è andata in uscita proprio in questa terra lucana, non in miniera – ehi, qui c’è anche il petrolio! – ma a far legna nel bosco, nella  natura selvaggia e povera, dove nonni e genitori hanno imparato lo spirito di arrangiarsi, il darsi da fare con una ritualità genuina, l’usare il corpo e non il virtuale, con i rischi e le ferite connessi, il piacere di mangiare nella natura intorno al fuoco

Qui si riconoscono le radici umili, il legame con la terra e l’orgoglio di essere ciò che siamo e ci riconciliamo con il corpo che non dimentica e nelle ferite mantiene il vissuto

Qui incontriamo anche una famiglia di umili origini: le difficoltà della vita hanno causato in una madre un dolore così grande che da anni si porta la morte dentro e sopravvive con psicofarmaci e sigarette. Pur in condizioni così estreme i figli, senza padre, vivono in modo molto dignitoso, fiero ed artistico, e di lei si prendono cura. Questo incontro commuove tutti e per questa scialuppa il viaggio si chiude con una benedizione di gruppo per questa casa/famiglia.

Chi è andato a visitare il luogo di origine dei propri genitori per ritrovare la propria identità profonda, ritorna in parte deluso e in parte arrabbiato, ma anche liberato: ciò che per una vita gli è pesato dentro – la mitizzazione di un mondo bucolico che provocava una inutile, dolorosa nostalgia di ciò che non esisteva nella realtà – non erano cose sue

Finalmente può lasciare una zavorra che lo appesantiva senza nutrirlo, con un “battesimo alla fontana” per permettersi di rinascere.

Todo cambia” canta Mercedes Sosa per la scialuppa che ha accompagnato un uomo a rivivere e sanare le parti-relazioni femminili ferite con sorelle e figlie, ma soprattutto con la madre, la cui rivoltante soluzione per sopportare i dolori è diventata poi anche la sua.

L’ultima numerosa scialuppa è rimasta nella casa diventata un’arena spagnola.

Scialli, rose rosse e la canzone di Torero Camomillo portano-raccolgono, sopra la sabbia tappetosa, le coppie che oggi si donano verità. 

Molti e molte si riconoscono nei dolori di un padre e della figlia che si dicono verità profonde: verità di un lupo affamato di affetto e che trova in modo parziale nella sessualità; di un lupo che, per proteggere da se stesso la figlia, si priva e la priva di un contatto sensibile affettivo e comunicativo

Accoglienza di abbracci e coccole “pulite” cercano di insegnare l’alfabeto usato dalla pelle al cuore e dal cuore alla pelle.     

Altre donne vengono messe di fronte allo specchio, faccia a faccia con la morte che si portano dentro: anime prigioniere in bambole di porcellana, così precocemente mortificate che sembrano vive, adeguate, efficienti, adattabili, poliedriche, ambivalenti, con molte soluzioni positive ed ammirevoli, ma immobili e affaticate in questo non sbilanciarsi mai che non è un equilibrio interiore, ma il risultato del “non so chi sono e non so contattare le emozioni”, emozioni così tenacemente protette e nascoste anche a loro stesse. 

“Maschera e Sangue” di Michela Garbati

C’è chi riesce a partorire urla di dolori che non sapeva di avere, chi fa ancora difficoltà, ma riesce a riconoscersi nel vissuto degli altri. 

La lunga e intensa giornata si chiude con la condivisione dei vissuti e la teoria che ci spinge a non farci fermare dalle vecchie maschere plastificate che non corrispondono al nostro volto… Teoria che ci spinge a desiderare di scoprirlo e conoscerlo, finalmente, il nostro volto!

Erminia e Patrizia

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