STORIE E RACCONTI: “LE MIE TRE SETTIMANE AL MAS.TR.O. CENTRO E A VILLA ANEMOS (AN)”. Giovanna narra la sua esperienza.
FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS
Registro Persone giuridiche n. 429
Prefettura di Foggia
LE MIE TRE SETTIMANE
AL M.A.S.T.R.O.
&
A VILLA “ANEMOS”.
Avevamo deciso da tempo, io e Gianmatteo, di restare distinti per un certo periodo e nell’ultima intensiva internazionale avevo dunque concordato con Silvio Boldrini di passare un periodo di trattamento presso “Villa Anemos“.
Il giorno prima di partire, 13 ottobre, io e Gianmatteo abbiamo avuto un forte litigio. Sono salita su quel treno che mi portava via da lui, con una valigia ed un cuore più pesante della valigia. Avevo gli occhi gonfi per tutte le lacrime piante durante tutta la notte.
Nel vagone ero sola. Desideravo non entrasse nessuno. Volevo stare così, in raccoglimento a continuare a rimuginare su quelle parole che ci eravamo detti con rabbia, con cattiveria.
Proprio mentre cominciavo a pensare che ormai non arrivasse più nessuno nello scompartimento entra una donna:
“Le dispiace se mi metto qui con lei? Non è questo il posto a me assegnato però preferirei viaggiare in compagnia”.
“Certo, si accomodi pure”.
Dico questo perché solo in seguito ho compreso che quel mio soggiorno ad Ancona avrebbe mantenute inalterate quella peculiarità. Sarei stata vogliosa di restare sola ma, gioco forza, avrei dovuto essere attiva e reattiva con gli altri.
La donna sul treno ha cominciato a parlare. Pur essendo all’inizio riluttante, la mia natura compassionevole ha prevalso sulla mia inclinazione alla chiusura. Mi è bastato ascoltare e comprendere la sua sofferenza. E così, in circa due ore di viaggio insieme è avvenuto uno scambio profondo al punto che abbracciandomi la donna, Nunzia, mi ha detto:
“Non mi è mai dispiaciuto tanto arrivare a destinazione. Non so chi ti ha mandato sulla mia strada, ma so che per me sei un angelo”.
Arrivata in Ancona ho aspettato un po’ prima che Teresa mi “raccattasse”. Ero indifferente a tutto. Io che non sono paziente, neanche riuscivo ad inquietarmi per quel ritardo. Una volta in macchina non avevo nessuna voglia di parlare. Volevo piangere e piangere, ignara del fatto che quel mio atteggiamento rafforzava il concetto che Teresa si era fatta di me.
Solo qualche giorno dopo infatti lei confessò che nutriva per me una sorta di antipatia. Le dava fastidio quel mio modo così forbito di presentare le pubblicazioni di Mariano, pensava che lei mai sarebbe arrivata a parlare con la mia stessa competenza e disinvoltura in pubblico. Solo durante la convivenza riusciva poi a cogliere in me un lato che non sospettava mi appartenesse, rivoluzionando completamente il suo concetto. Nelle amabili ore trascorse insieme abbiamo scoperto di avere tanto in comune.
Ad ogni buon conto, arrivate a Villa “Anemos” ho cominciato a chiedermi il senso di quel mio stare lì, in quella casa non mia, insieme a persone quasi sconosciute.
Il mattino seguente, quel senso ancora mi sfuggiva. Stavo male, veramente male. Ho preso il telefono ed ho contattato la mia amica Lucia (Tamburi).
“Lucia, mi spieghi che ci sto a fare qua? Perché devo stare qui in questa casa con queste persone? Non potevo concedermi un periodo di distacco stando con le mie amiche”?
“Devi stare là. Lo so che con le tue amiche ci stai meglio però è là che devi stare. In quel caos, in quella condizione scomoda. Lasciati andare. Affidati”.
Devo dire che quelle semplici parole hanno immediatamente avuto una risonanza forte dentro di me. E come se d’un tratto mi fossero tornate alla mente tutte le parole dette da Mariano, sull’importanza di distaccarsi, di fare vuoto dentro di sé per far entrare qualcosa di nuovo nelle nostre vite. In quel preciso momento ho deciso di affidarmi e di fare ogni cosa in contro tendenza. Mi sono lasciata andare. Ed è cambiato tutto.
Ho cominciato a provare una sensazione di leggerezza e ho immediatamente raggiunto Teresa, referente in casa insieme a Guido, chiedendole cosa potessi fare per rendermi utile. Abbiamo cominciato a preparare insieme qualcosa da mangiare per pranzo e in quella condizione mi sono sentita a mio completo agio. Ho cominciato a scambiare parole con i miei compagni e così senza ulteriori indugi sono entrata nell’essenza di quel viaggio.
La cosa che ho notato subito era una forte presenza di uomini. Come donne c’eravamo solo io e Cristina per cui siamo state assegnate nella stessa stanza. Devo dire che ho accettato sin da subito con molto piacere condividere la stanza con lei. Ho avuto modo di conoscerla a Foggia e mi è stata subito molto simpatica. Con Cristina ho condiviso pressocchè tutto.
La bellezza che si può vivere in un contesto come “Villa Anemos”, se incontri le persone giuste per te è che puoi parlare senza veli di ogni cosa. E così io mi sono fatta una cultura su certi argomenti conosciuti solo attraverso racconti, e mai dai protagonisti reali.
Con Cristina ho vissuto momenti di gioiosa leggerezza, di grande complicità ma anche e soprattutto di comunanza di intenti. Dove finiva lei, cominciavo io ma in sostanza eravamo animate dalle stesse intenzioni. Non so se il praticare la stessa fede religiosa ci abbia unite ancora di più, quello di cui ho certezza è che io sono una persona molto fortunata. L’avere incontrato Cristina non è stata una casualità. Per quanto possa sembrare così diversa da me, in questo periodo trascorso insieme ho potuto constatare quante cose possano avere in comune due persone con stili di vita così diversi. Ci ho messo un po di tempo. Non ho riconosciuto subito le nostre affinità. Solo l’ultimo giovedì l’ho capito.
Nella nostra stanza c’era un via vai di gente. Ognuno veniva per chiedere un consiglio, per scambiare una parola, per una sigaretta. Ed una osservazione di Cristina:
“Gli uomini, tutti, si avvicinano a me solo per avere in cambio qualcosa”.
In quel preciso momento io ho sentito una forte stretta al cuore. Mi sono avvicinata a lei e l’ho abbracciata con tutto il mio cuore:
“Mai e poi mai, devi pensarlo, Cristina. Certo sei una bella donna e può capitare che un uomo ti corteggi, ma io, non ti ho mai visto come una puttana, anzi fin dal primo giorno ho visto la bellezza della tua anima. Tu sei una persona speciale, di grande valore. Hai un animo nobile ed una capacità non comune di comunicare con gli altri. Non dimenticarlo mai. Se qualche scemo non lo capisce è un suo problema”.
Il giorno seguente raccontando l’episodio ho avuto chiara la percezione di quanto quelle cose dette a Cristina io in realtà le dicevo a me stessa. Michela lo confermava. Ecco, questo è quello che avviene durante il trattamento. Se si è attenti, se si colgono i segnali, si scoprono delle cose di noi inedite, sconosciute anche a noi stessi.
Tante sono le cose che in questi pochi giorni io ho scoperto di me. Non ho dovuto faticare molto. Ho solo dovuto abbassare la guardia, lasciarmi andare alle mie sensazioni, osservare me ed anche gli altri. Questo in sostanza ho fatto durante tutto il periodo e posso ora raccontare di avere vissuto un viaggio emozionale senza precedenti.
Io non so se ho davvero fatto parecchio, se ancora tanto resta da fare. Quello che so è che ho provato a mettermi in gioco e l’ho fatto abbandonando ogni vecchio schema. Ho deciso di non organizzare assolutamente nulla, di lasciare decidere agli altri cosa fare, cosa mangiare, dove andare. Desideravo, e mi piaceva, abbandonarmi. L’ho fatto fino all’ultimo giorno provando un piacere nuovo, forse mai sperimentato neanche nell’infanzia.
Ora so che posso sopravvivere anche senza dovermi preoccupare di tenere tutto sotto controllo.
Che pacchia! Davvero la vita può essere più leggera.
Non sono indispensabile.
Può sembrare una banalità ma per me l’avere sperimentato e acquisito questa consapevolezza apre nella mia vita nuovi, meravigliosi scenari di leggerezza. Ho cominciato a liberare anche il mio corpo sperimentandomi in un contatto più fisico fatto di abbracci, di carezze, di baci.
Il mio più grande tester è stato Fabio Massimo. Devo premettere che la prima volta che ho visto Fabio Massimo a Foggia io ho avuto subito paura di lui, della sua aggressività. Ricordavo le sedie spostate con vigore, la colluttazione con Gioele. Controtendenza: avvicinare Fabio Massimo.
Ho cominciato a guardarlo, poi ad accarezzarlo, poi a toccarlo con sempre maggiore insistenza. Spesso il pomeriggio o la sera mi sdraiavo nel suo lettino e lo abbracciavo e lo baciavo con tutto l’amore possibile parlandogli con la certezza che comprendesse ogni mia parola. Ogni volta che andavamo in giro camminavo abbracciata e comunque vicino a lui.
È stato proprio durante una delle nostre passeggiate al Passetto di Ancona che lui ha raccolto un fiorellino e me lo ha regalato. Subito dopo, di fronte ad una nuova salita da affrontare io ho detto:
“Mado’! Mò ancor amma n’ghianà”! (Madonna! Di nuovo dobbiamo salire)!
In quel preciso istante Fabio Massimo mi ha guardato in maniera truce e strappandomi dalle mani il fiore che aveva colto per me mi dice:
“E che? Se fa? Na signora come te che parla er dialetto!”
In quel momento sono rimasta basita, confusa. Fabio Massimo aveva parlato ed agito con una coerenza ed una lucidità perfetta. Lui ha cominciato a camminare davanti a me mentre io gli chiedevo scusa. Il fiore, me lo ha ridato insieme ad una commozione che ancora provo.
Per chi non conosce Fabio Massimo sarà difficile comprendere la portata, il valore di quelle parole dette.
Per tutto il tempo a Villa “Anemos” ho osservato i suoi comportamenti. Mi divertivo vederlo mettere il cibo tagliuzzato nel bicchiere, suonare i campanelli dei citofoni in strada. Ravvisavo in lui il bisogno di farlo, forse l’educazione ricevuta non glielo aveva mai consentito, e quando Claudio non ci stava vicino io gli facevo fare tutto quello che voleva.
Che me ne fregava a me se disturbava qualcuno suonando il campanello!
Ho imparato a rispettare i suoi tempi. Se lui si fermava mi fermavo anch’io. Se lui camminava, camminavo anch’io. Piano o veloce, seguendo il suo passo.
Perché doveva essere lui ad adeguarsi a me, agli altri?
Era lui che conduceva.
Ecco, questa cosa ora mi è molto chiara. La COMUNICAZIONE è fondamentale. Trovare la chiave della comunicazione è tutto. Io non sono Anna dei miracoli, famosa protagonista di un vecchio film, però riuscivo a fargli fare con semplicità cose che a volte nemmeno Claudio, suo padre riusciva a fargli fare, tant’è che negli ultimi tempi lui si rivolgeva a me per fargli fare gesti semplici, come togliere una giacca o spostarsi, ma l’emozione più forte legata a Fabio Massimo l’ho vissuta quell’ultimo fatidico giovedi sera, il giorno prima della mia partenza.
Io e Cristina eravamo in stanza. Parlavamo ognuna nel suo letto prima di addormentarci quando all’improvviso si apre la porta. Era Fabio Massimo:
“Ce fumiamo na sigaretta?”
Cristina era molto stanca. Peraltro in questo periodo aveva insieme agli altri deciso di smettere o comunque diminuire le sigarette. In quel momento io ho intuito che era importante assecondarlo.
“Dai Cristina, andiamo tutti a fumare”! (Io in realtà non fumo…)
Siamo scesi nel box e subito dopo di noi, sebbene fosse parecchio tardi ci hanno raggiunti Mirko e Donatella Tondini (referente di Villa “Anemos”):
“Fabio Massimo – gli dico – ma tu non fai un po’ di sport?”
“Qui? In queste condizioni? No, prima facevo pallanuoto, ero bravo, m’o qua che devo fa’”.
Per tutto il restante tempo, non molto in verità data l’ora tarda e l’impellenza di Cristina di dormire essendo già impasticcata, Fabio Massimo è rimasto comodamente seduto sul divano in una posizione rilassata. Con la sigaretta in mano fumava e partecipava alla conversazione. Era assolutamente presente, annuiva, sorrideva. C’era.
Per tutta la notte non ho chiuso occhio. Ho pianto. Tanto. Di commozione. Ho vissuto un’emozione difficile da definire.
Ora so che lo possiamo riprendere. Ne ho l’assoluta certezza.
Ora so che tutto quel lavoro che ci costa “stare” non è vano se ne riusciamo a salvare anche solo uno dei nostri ragazzi.
Anche con Antonio ho vissuto un’esperienza forte. Appena arrivato a Villa “Anemos” tremava e a stento compiva piccoli gesti. Il padre, quel farabutto, aveva richiesto l’intervento del 118 per uno schiaffo subìto. Io non so cosa gli hanno fatto di preciso perché non conosco i farmaci ma so che è stato un cocktail micidiale, dagli effetti prolungati.
Pian piano anche Antonio con la terapia a me più congeniale, quella della tenerezza, ha cominciato a starmi sempre più accanto. Una delle prime notti ha voluto che mi addormentassi accanto a lui e così, per un’oretta gli sono stata accanto, nel suo letto, accarezzandolo e rassicurandolo.
La mattina seguente mi dice:
“Giovanna, puoi farmi un favore”?
“Mia madre si lamenta sempre, dice che lei non ce la fa più e che forse è meglio che moriamo tutti e due insieme. Io questa cosa qua non la voglio proprio sentire, perché questa cosa mi uccide più di ogni altra. E poi lei mi vuole fare sentire responsabile e non si rende conto che se non cambia il suo atteggiamento finisce che uccide anche mio fratello. Quello sembra che sta meglio ma in realtà sta peggio di me. Io almeno un po la mia vita l’ho vissuta, lui non ha mai avuto un amico, una ragazza. Sta sempre in casa e mo che non studia manco più perché si è diplomato al conservatorio, mangia, beve e s’ingrassa. Non fa più niente. Io non posso pensare a lui. Già devo pensare a me. Puoi parlare un poco tu con mia madre”?
Il mattino seguente l’ho fatto.
Tornando alla mia esperienza devo dire che una delle emozioni più forti che ho vissuto si è verificata durante il C. A. P. (progetto Case APerte). Il C. A. P. cominciava il venerdì pomeriggio.
Essendo arrivata il martedì non avevo tutta questa voglia di rifare un piccolo bagaglio e cambiare nuovamente ambiente.
Controtendenza: non lasciarti prendere, come al solito, dalla pigrizia.
Meta: Martinsicuro. Tutti smistati in case diverse. Io affidata a Mirella Luci. In quella graziosa mansarda in cui Mirella si è trasferita dopo la separazione da Roberto si è venuta subito a creare una bella RELAZIONE.
Mirella parla tanto. Ne ho ricavato l’impressione che traesse giovamento da quel suo inarrestabile dire non tanto per uno scambio quanto per azzittire, col suo stesso parlare, il suo dolore. L’ho lasciata fare. Ho ascoltato con attenzione ogni parola. Ho compreso la sua sofferenza, ed ho al contempo anche apprezzato la sua viva intelligenza, la sua cultura.
Il giorno seguente c’era un sole meraviglioso. Ci siamo incontrati con gli altri nello stabilimento balneare. Io mi sono per qualche ora defilata. Avvertivo la necessità di rimanere sola con me stessa. Ho fatto una lunghissima passeggiata in riva al mare. Ho provato delle sensazioni forti che, per il timore di dimenticare, ho affidato ad una registrazione vocale nel mio cellulare.
Mi sentivo ispirata. Ho fatto delle riflessioni filosofiche, religiose e scientifiche insieme. Il sottofondo era lo sciabordio delle onde. Avrei voluto riprendere la limpidezza e l’immensità di quel cielo ma sarebbe stato difficile anche attraverso un filmato, riprodurre il senso e la portata che quella visione mi trasmetteva. Ho avuto netta la percezione di essermi collegata all’Infinito Dinamico Complesso. Alla mia anima.
Nel pomeriggio siamo andati tutti insieme a visitare Ascoli Piceno. Mi sono emozionata in quel Duomo di cui ignoravo l’esistenza.
Sono così profondamente grata a queste bellissime persone che dedicano tempo, amore e dedizione a noi “forestieri” permettendo ad ognuno di noi che decide di lasciarsi andare, di provare un’intensità di sentimenti difficilmente raggiungibile in contesti ordinari.
Durante il trattamento ogni sensazione è amplificata. Ho sperimentato che abbandonandosi ogni sensazione ne risulta ingigantita. Il dolore è straziante. La gioia è incontenibile. Il senso del piacere immenso. Tornando a me, la sera dopo cena Mirella mi chiede se ho voglia di uscire. Io e lei da sole. Sono già in pigiama.
Controtendenza: sì.
Visitiamo Porto d’Ascoli. Che meraviglia! Quell’ordine, quei giardini progettati da un architetto giapponese, quella pulizia, quelle luci soffuse, quella calma.
Mirella parlava e mi spiegava come solo lei sa fare. Con dovizia di particolari, con la competenza che scaturisce da una cultura profonda. Quando torniamo a casa è molto tardi, ed accade qualcosa di straordinario. Mirella apre la porta ed io vedo qualcosa che si muove. Mi sembra un animale. Temo sia un topo o un gecko.
La paura prende il sopravvento. Non riesco a controllarla. Tremo e piango come una bambina. Scappo nelle scale. Chiudo gli occhi. Ho troppa paura. Mirella mi invita ad entrare in casa. Io resto sulle scale. La mia paura, anche quella è, come ogni altra emozione, amplificata.
Con una pazienza ed una calma da manuale Mirella spalanca la porta di casa, accende la batteria del telefonino ed illumina i posti dove io le indico di aver visto “la bestia”. Guarda ovunque, dietro e sotto il divano, sotto il letto, dietro l’armadio, nel camino. Niente.
Viene a prendermi su quei gradini della scalinata. Mi afferra la mano mi porta in casa. Continuo a tenere gli occhi socchiusi. Ho paura di vedere qualcosa che striscia. Attraverso la casa abbracciata a lei. Mi spoglio, sempre con gli occhi socchiusi, indosso il pigiama e mi infilo, sempre tremante sotto le lenzuola. Anche Mirella fa lo stesso. Si distende nel letto e poi senza che io lo chiedo mi abbraccia. Lo fa proprio come fa una madre che accoglie la figlioletta impaurita che fa brutti sogni. Mi sono rannicchiata tra le sue braccia provando un senso di protezione totale. Ho immediatamente ricordato una sensazione antica, di quando da piccola mia madre mi accoglieva nel suo letto e mi proteggeva dalle ombre che mi impaurivano.
È assolutamente giusto quello che dice Mariano:
“Con quanto denaro e dove si potrebbe acquistare questa emozione”?
Mirella me l’ha regalata, senza lesinare il suo amore per me, fino a qualche giorno prima, emerita sconosciuta. Mi sono addormentata piangendo. Ero commossa, felice. Che sballo!
Il giorno dopo ero perfettamente rilassata. Abbiamo raggiunto gli altri ed abbiamo passato una bellissima giornata a Tufo, paese natio di Mirella. Abbiamo raccolto le castagne e trascorso una piacevolissima giornata nel bosco. Tornati a Villa “Anemos” abbiamo ripreso le consuete attività.
Mi sono immersa, ho pianto, ho riso, ho vissuto intensamente ogni singola emozione ma soprattutto ho vissuto la piacevolezza del lasciarmi andare. Mi sentivo come una bambina e proprio come una bambina ho provato un enorme piacere quando Silvio ha raccomandato a tutti gli ospiti della Villa di trattarmi come tale. Cristina mi ha prestato il suo peluche, mi ha comprato l’ovetto Kinder.
A raccontare queste cose in giro si rischia di essere presi per matti. E chi se ne frega!
Sono partita da Foggia piena di teoria.
Le nostre vite, quella mia e quella di Gianmatteo devono prendere una piega diversa. Molto dipende da me.
Sapevo perché l’ha detto Mariano, che il cambiamento di una persona, anche se distante, può provocare un cambiamento in chi gli sta vicino. Nella mia ricerca personale ho scoperto inoltre leggendo un libro scientifico, che è stato effettuato un esperimento su di una cellula. Scindendola in due parti la modifica apportata in una è stata immediatamente registrata anche dall’altra metà non trattata e distante. Dovevo, volevo fare questo esperimento. Dovevo farlo stando distante da mio figlio.
Volevo inoltre guardare meglio le mie ferite a me già note a livello teorico. Volevo sentire, come ho fatto, quel dolore di cui si parla, quello che ti prende lo stomaco come se ricevessi dei cazzotti quando qualcosa ti tocca veramente dentro. Sì. L’ho provato. Più d’una volta.
Ringrazio i miei compagni di viaggio. Tutti, indistintamente. Tra qualche giorni li rivedrò all’Intensiva. Sarà per me un piacere continuare a condividere le nostre vite. Sento il desiderio di stare accanto a molti di loro che so già, avranno una settimana molto forte. Io ci sarò. Al loro fianco, per quello che serve. Ho capito che quando non lesiniamo il nostro affetto e la nostra disponibilità tutto ci ritorna. Amarci gli uni con gli altri ci rende forti, coraggiosi e consapevoli del fatto che non siamo soli.
Ringrazio infinitamente la dolcissima Teresa, big Luciano, Guido, Daniele, Donatella e Rosanna referenti in casa.
Abbiamo avuto una qualche difficoltà logistica specialmente con l’arrivo di Luigi. Ognuno di noi lo ha vissuto con un senso di fastidio misto ad una tenerezza senza fine. Naturalmente il senso di fastidio, almeno per me era in parte determinato dal fatto di volere e non potere, al ritorno degli incontri all’Aspio, vivere ed elaborare con maggiore calma il mio vissuto.
Ho notato che alcune accoppiate funzionano meglio di altre. Penso che ognuno debba essere maggiormente considerato per le sue precise caratteristiche e più che compiti generici sarebbe bene affidare ad ognuno un incarico proprio. Ad esempio Donatella potrebbe fare esclusivamente la guida escursionistica, o coordinare le attività sportive. I ragazzi hanno bisogno di fare sport. Non avendo rapporti sessuali ed altri tipi di sfogo conservano dentro di se un’energia pronta ad esplodere in maniera ed in contesti sbagliati. Invece che accapigliarsi tra loro potrebbero utilizzare tutti quegli attrezzi a disposizione in Villa che in verità è un vero peccato trascurare.
Rosanna è una perfetta massaia. Luciano è capace di ogni cosa. Siamo andati con lui anche a casa sua e spesso abbiamo consumato i buonissimi prodotti della sua terra. Teresa e Luciano sono dei campioni di disponibilità, dedizione, serietà e amore. Non li dimenticherò mai. Per ciò che attiene i conduttori non posso che lodarli con tutto il mio cuore.
Da ognuno ho preso qualcosa.
Ringrazio Nicoletta che il mio primo giorno mi ha accolta leggendo una lettera che aveva avuto cura di portare lì appositamente per me. Lei, in quanto madre, conosceva bene la mia condizione di distacco da Gianmatteo avendola anche lei stessa sperimentata con i suoi figli.
Ecco, per quanto possano sembrare semplici, anche queste attenzioni hanno il potere di sconvolgerci. Quando ho salutato Nicoletta l’ho abbracciata forte ed ho cominciato a piangere in maniera convulsa.
Ho avuto la netta sensazione che non occorreva alcuna parola. Che potevamo comunicare solo e meravigliosamente bene attraverso le nostre anime. Questa sensazione l’ho sperimentata più volte.
Sono convinta che soprattutto i ragazzi più sensibili vivano in una dimensione molto più spirituale della nostra, una dimensione nella quale noi, per nostra accertata grettezza, non potremo entrare. Si tratta di una dimensione nella quale la trasmissione avviene a livelli più elevati.
Ringrazio Silvio e Michela che sento a tratti miei figli ma anche miei genitori. Ho avuto il piacere di trascorrere una serata a casa loro con i ragazzi. Non mi sono sentita un’intrusa. È stato bello. Sento di amarli come la mia famiglia.
Ringrazio tutti, proprio tutti per la competenza e la dedizione non comune. Sento giusto dare valore a chi lo merita.
Ringrazio Raffaele, gentile e premuroso che mi ha invogliata, insieme a Silvio a fare questo meraviglioso viaggio. Lo ringrazio perché dall’inizio alla fine l’ho sentito, anche se fisicamente distante, vicino a me, autenticamente interessato alla mia vita.
Ogni volta che incontro Benedetta, Cindy, Sandra, Eleonora non posso che amarle. Così come profondamente amo Mariano senza il quale tutto questo non sarebbe mai esistito.
Ringrazio mio figlio. Perché esiste. Perché è straordinario. Al mio ritorno ho trovato una casa in perfetto ordine, la spesa fatta. Ci siamo abbracciati. Ha voluto che gli raccontassi la mia esperienza. Sento di riuscire a vederlo, così come ho imparato al mastro, in un ruolo diverso, più alla pari. Mi ha dato prova di poter sopravvivere anche senza di me.
Quello che ho capito in questo periodo di separazione è che devo amarlo così com’è. Non devo eccessivamente preoccuparmi dei suoi studi e di tutto il resto. So che devo e posso fidarmi di lui. So che deve essere libero di esprimersi nella maniera a lui più congeniale senza sentirsi limitato da ciò che io mi aspetto da lui.
Lui vincerà ogni battaglia. Perché è forte, intelligente, bello, speciale. Eccellerà in ogni cosa che sceglierà di fare. Ed io ora lo amo veramente, e lo dico piangendo, esattamente così com’è.
Giovanna
Foggia 1 novembre 2015
2 Commenti
Gabriella Napolitano
Incantata da questo racconto/immersione … quanta strada hai fatto e quanto sei cambiata .. Avanti Tutta Giovanna!
Gabriella Napolitano
Incantata da questo racconto/immersione … quanta strada hai fatto e quanto sei cambiata …Avanti Tutta Giovanna!