“PAURA E CORAGGIO”.UNA TEORIA GLOBALE DI MARIANO LOIACONO.Fondo Comune – Limax dicembre 2012.

FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS

Registro Persone giuridiche n. 429 

Prefettura di Foggia

“PAURA E CORAGGIO”

“Paura e coraggio” li dobbiamo vedere in riferimento alla vita. 

“Coraggio e paura” sono due motori della vita, perché la vita, ci piaccia o no, deve andare avanti, però si può fermare o tornare indietro. 

I motori sono due: la retromarcia è la paura, il coraggio è andare avanti. Andare avanti nella vita, svegliarsi e dire: “io oggi mi voglio alzare”, quello è già il primo atto di coraggio. 

Procedere nella vita è il coraggio, fermarsi o sostare – che non è una cosa negativa – è la paura. 

Io non giudico il coraggio positivo e la paura negativa, perché sono due aspetti di questa locomotiva nostra. 

 
Vediamo di capire meglio qual è la sostanza di queste cose che noi chiamiamo “coraggio” e “paura”.

Immaginate questa vita che sta viaggiando: c’è la marcia per andare avanti e la marcia per andare indietro; tutte sono marce, non penso che la marcia indietro a voi non serva! 

Vediamo allora “coraggio” cosa può significare secondo questa metafora della vita, raccogliendo le cose che avete detto voi.
“Coraggio” significa che io decido che sto nella vita, il coraggio implica che io ci sto nella vita, ho già delle cose buone nella vita, ma le cose buone che ho non sono sufficienti, devo procedere. 

Il coraggio è una parte del viaggio, come la paura. In una macchina se voi togliete la retromarcia, di sicuro dopo non la potete più riutilizzare, basta un parcheggio o una strada sbagliata, non siete più in grado di utilizzare la macchina. 

La pauranon è una cosa negativa,è la parte del viaggio che deve tornare indietro o fermarsi. 

Il coraggio è la voglia di procedere, quello che ci dà il piacere, la spinta a procedere. Il coraggio va alla ricerca di legami, di intrecci. La paura va alla ricerca di cose da rottamare che non sono buone. 

Ambedue sono parti della vita, sono cose buone.

Quando non c’è né paura né coraggio, c’è la morte.

Io non vedrei gli atti di coraggio come quelli da eroe. Mi sembra una definizione un po’ parziale. Ci sono delle situazioni in cui la paura è da vigliacchi e il coraggio da eroi, ma molto spesso avere paura può essere un atto eroico. Non chiudiamo troppo questi motori in cose prefabbricate! 

Sono modalità che la vita ha di viaggiare. 

Se io ho fatto la strada sbagliata e voglio cambiare, devo fare arresto, retromarcia e inizio. A questo punto la paura non è una cosa sacrosanta, non è un atto eroico? Poi vedremo questi temi nelle storie, quindi non voliamo in astratto. In astratto tutto è vero, ma non ci serve.

Il coraggio di quali condizioni ha bisogno? Che io stia nella vita, che nella vita in cui già sto ho delle cose buone, ma non sono sufficienti. Un altro aspetto è che io non so dove andare, perché se so già dove andare, quello non è coraggio. Non so dove andare, né so se nella direzione in cui andrò perdo o guadagno. 

C’è un inedito verso cui vado, un inedito che forse mi fa perdere anche delle cose buone che ho, però è un inedito che può diventare una cosa magica, che mi può regalare delle cose che fino ad ora non avevo avuto, trovare cose che non avevo mai trovato. 

Questo non basta, perché per ambedue le cose, ma specie per il coraggio, non basta proporsi il coraggio, perché passare a realizzare il coraggio è molto difficile. 

Il coraggio è un percorso; mentre la paura è molto facile, il coraggio va conquistato millimetro per millimetro, va scelto. Quindi c’è continuamente il volersi fermare e il coraggio implica sempre il dover valutare, implica anche che ci sono dei momenti in cui la paura si fa presente in quella strada, ci sembra di nuovo una strada chiusa, e lì si vede chi ha il coraggio. 

“Coraggio” significa, a questo punto: sono cieco, non vedo niente, ma non voglio cambiare direzione. Credo in quella cosa, mi sembra che c’è una strada. A noi piace Colombo perché proprio nel momento in cui si era disperato, si era ammutinato, ha mantenuto e poi ha scoperto gli indiani. 

Il coraggio vero c’è quando il viaggio che devo fare si confronta in quel momento con la paura più reale. 

Io posso anche aver intrapreso la strada nuova, ma il coraggio si manifesta non quando ho iniziato, perché quando ho iniziato posso essere anche stato preso dalla curiosità, dalla voglia, dalla facilità. 

È quando, mentre sto per strada, si presentano le situazioni che io temevo si rendessero presenti. 

È la paura che fa il coraggio, perché in quel momento, col presentarsi al massimo della paura, lì si vede se quello che io sento che voglio fare veramente è più forte. 

 Il coraggio ha bisogno della paura. 

Il coraggio è una spinta verso l’avanti, però tenendo conto del passato, della strada percorsa. 

Non c’è nessun coraggio che fila liscio.
Se voi vedete anche nella vita dei santi, dei grandi eroi, c’è un momento in cui non hanno avuto più niente e hanno avuto paura di quello che gli capitava. Sapete perché S. Francesco ha avuto le stigmate? Secondo me perché se l’è fatta sotto, si è cagato sotto, perché a un certo momento, dopo che aveva fondato l’Ordine, è nato il disordine, una parte dei suoi adepti ha cominciato a ribellarsi al suo stile di vita, voleva un convento e lo ha contestato apertamente. 

Lui è stato malissimo perché gli hanno contestato proprio le pietre miliari del suo pensiero, della sua vita. 

In quel momento è stato male e secondo me ha avuto una malattia autoimmunitaria, non le stigmate! 

È stato molto profondo quello star male.

 Nella vita di ogni grande personaggio c’è il momento più coraggioso ed è il momento in cui ci sono il massimo delle paure. 

 
Il coraggio non è un fatto in positivo, il massimo del coraggio è quando ci si deve confrontare con il massimo delle paure reali. 

È facile dire: “io adesso scelgo un rapporto alternativo, un metodo alternativo con gli psicotici”, ecc. So io il dramma che ho vissuto dentro di me nel momento in cui per esempio M., un ragazzo ritenuto schizofrenico, nel quale solo io credevo, mi ha dato un pugno! Tutti quanti si sono fatti sotto e ognuno, compresa mia moglie, al viaggio di ritorno mi ha detto: “queste persone non si possono mai guarire!”.

 Mi ha di nuovo fatto ripiombare nel pieno delle mie paure, per cui coraggio significa: “mi confronto con le paure da solo”. Il vero coraggio non è avere la forza di fare le cose nuove; il coraggio è quando io mi vivo, mi faccio attraversare dalle paure da solo, ma non ho paura. Il vero coraggio è quando io mi faccio attraversare dalle paure, ma io sono un po’ più delle paure. Se le paure sono più di me o coincidono con me, io me la squaglio, affondo. 

La paura indica sempre che io sto nella vita, ma implica che le cose in cui sto, anche se non sono buone, per me sono certe. La paura è il coraggio di chi ha trovato secondo lui la soluzione, anche se negativa. 

C. sapete perché non cambia? Perché vive di paure, vive delle certezze che ha già raggiunto: ha 27 anni e non deve più studiare, non si deve più fidanzare, non deve fare più niente, deve fare l’ammalata. Vi sembra poco il vantaggio che ne ricava? È ovvio che lei non vuole avere coraggio, perché la paura è una soluzione. Quindi la paura vedetela ora in termini positivi. 

La paura è dire: “io devo rischiare? No. Mi hanno offerto dieci milioni, mi prendo dieci milioni piuttosto che rischiare e perdere tutto”. È’ chi vuole conservare le cose che ha, non ha molta fiducia in sé e di intraprendere cose nuove e si accontenta di quel poco che ha. Piuttosto che dire: “io non voglio viaggiare, mi accontento di quello che ho”, dice: “lì ci sono i mostri, se vado lì mi rompo le ossa”. 

Però, dentro, la paura implica delle certezze, implica le certezze di ciò che noi già abbiamo. Anche la certezza di uno, come ha detto M. G., che mi ha preso bambina e che mi tiene come un oggetto. Io penso che lei prima della depressione ha vissuto la paura, molta paura. La depressione è il danaro che ti dà la paura. La paura poi realmente ti fa stare da sola, realmente ti fa chiudere in un letto, realmente c’è tutto il quadro clinico, cioè le ovvie conseguenze di una persona che si è fermata.

Il pauroso difende già un bottino di vita, è uno che si accontenta, ha paura di avere coraggio. 

Avere coraggio significa dire: “io ho già delle cose buone, ma la vita è infinita, è ricca”. Lui pensa che la vita sia mediocre, sia piccola. È una persona molto razionale, non ha cuore, non sa la pulsazione della vita come è infinita, si ferma alle cose che vede, ai calcolini che fa, alle sue proiezioni, alle sue interpretazioni della realtà. Le persone razionali hanno molta paura; davanti a situazioni come quelle del mondo di oggi, le persone razionali se ne scappano, gli universitari se ne vanno. “Paura” significa: io ho paura del coraggio.
La paura, secondo me, non è un fatto in positivo, è l’assenza di coraggio. La paura è assenza di coraggio, non ha una sua identità in positivo, difende lo status quo. È la paura di avere coraggio, perché il coraggio implicherebbe mettere in discussione tutte le cose che si hanno e dire: “ma guarda quante cose ci sono ancora che io non ho! ma guarda quant’è bello!”. 

Invece le persone che hanno paura subito intervengono per bloccare, perché loro non hanno coraggio. Per esempio, P. è una che dice: “meh, mi basta già il bottino che ho avuto, ho trovato un mezzo marito e un mezzo papà, più di questo non posso avere”. Sta difendendo il bottino che ha. Sì, però guardate che qualsiasi conto in banca, se io ho paura di investirlo, prima o dopo il conto in banca va in rosso lo stesso. Il pauroso è destinato a chiudersi e a morire, non arriva da nessuna parte. Dice: “Sì, ma adesso è meglio che non investo perché ho i geni della malattia”- Sono motivazioni razionali perché non vuoi avere coraggio.

In questo momento in cui io ho paura del coraggio, qual è il valore della paura? Significa che ci sono delle parti che ancora non ho, ho delle competenze però ancora non sono riuscito, vorrei crescere. La paura dovrebbe essere: “aspetta un po’, ci posso riprovare?”. Quando il maschio, negli animali, il leone maschio va lì e per paura se ne scappa, non è perché non ha avuto coraggio. Ha avuto coraggio, ma ha visto che non è attrezzato per vincere il maschio dominante. Ma poi cosa fa? Fa la retromarcia, però aspetta ancora qualche mese e, appena i suoi ormoni sono cresciuti, ci ritorna e sfida di nuovo. La paura in questo senso è saggezza per dire: “ancora non sono pronto, c’ho provato ma ho visto che mi manca questo”.

  

La paura è un chek-up che facciamo a noi, cioè dire: “cosa mi manca ancora? che cosa devo maturare?”. È una fase di sosta per trovare il coraggio di sapere aspettare, perché anche lì ci vuole coraggio. 

È ovvio che non ci vuole coraggio nel dire: “vado a fare sesso”, che ci vuole? Ma quando devo conquistare una donna o il potere con un maschio dominante, lì ci vuole il gioco tra paura e coraggio. Se io ho paura della mia paura o ho paura del mio coraggio, io non mi metto a fare queste cose, ma mi metto a fare cose semplici, automatiche che non implicano la mia presenza. Sono cose in cui non ci debbo stare. Conquistare una donna implica sempre avere coraggio, sbagliare e tornare indietro. Avete visto come stamattina A. non ha avuto né coraggio e né paura, è rimasto bloccato. 

Invece paura e coraggio devono giocare insieme per crescere: ci provo, ho avuto coraggio, le ho prese, ho avuto paura e sono scappato, mi preparo, cresco per fare un nuovo tentativo. Se nella vita non facciamo così, ci giustifichiamo, ma non c’è altra strada se non quella di provare, immettersi, provare, fare l’esperienza, modificare il tiro, trovare un’altra strategia. Questo ce lo insegnano gli animali che sono molto più saggi di noi. 

Quando le paure non sono collegate al coraggio, allora sono solo un nostro modo per nascondere il fatto che non vogliamo più vivere, ci vogliamo suicidare. Significa che noi siamo già morti dentro e, piuttosto che dire che siamo morti dentro, continuiamo. Abbiamo bisogno di dire: “non faccio quella parte di vita perché ho paura”. Quella è una paura funzionale alla morte. Noi parliamo oggi di  paura e coraggio come viaggio della vita, ma la paura può essere funzionale alla distruzione. 

Vi faccio un esempio. Proprio nella cosiddetta “sindrome maniaco-depressiva” o “bipolare”, in cui si alternano la depressione e la maniacalità, vedete come paura e coraggio sono due cose perfettamente inutili, perché non sono legate alla vita, ma sono un modo per distruggere e per distruggersi. La depressione implica una paura, vivere di paura e quindi chiudersi per distruggersi e indirettamente per distruggere. 

Sai come stai distruggendo tua madre, tuo padre e anche noi (rivolto a C.)? Distruggi anche gli altri, però apparentemente stai facendo male solo a te. Il maniacale vive di coraggio, ma è un coraggio che invade, distrugge sé, ma distrugge anche gli altri. Non è paura-coraggio funzionale alla vita, ma è funzionale a una strategia di distruzione, perché la persona ormai è morta, non ci crede più.

Voglio chiudere con questa frase dal vangelo di Matteo che è molto bella e a me piace moltissimo, che mi dà la chiave di lettura del come si fa a mettere insieme paura e coraggio. Quando i discepoli stanno nelle acque, c’è il vento e si sono cagati sotto, Gesù, che cammina sulle acque, gli dice da lontano: 

Coraggio, sono io. Non abbiate paura.” 

Vediamo di commentare queste parole e troviamo la soluzione.
Il coraggio sapete quando l’abbiamo? Quando io so chi sono. Se io non so chi sono, sono pieno di paure. Ma ammesso che io lo sono, “non abbiate paura” significa: “non aver paura delle tue paure!”. Se io non ho paura delle mie paure, io sono e se io sono ho coraggio.

Non è che non bisogna avere paura, la paura la senti, ma in quel momento hai fede che tu sei qualcosa in più rispetto alla paura. È quello che ti dà il coraggio di andare avanti. Noi le paure è giusto che ce le abbiamo, i desideri, le delusioni, è importante che io sono anche le paure, ma non sono tutto le paure. Le mie paure me le prendo perché sono io, ma io sono qualcosa in più rispetto alle paure ed è quello che mi dà coraggio. Jahvè significa “io sono quello che sono”. Se io parto da quello che già sono, di cui fanno parte importante le paure, lì acquisisco coraggio. 

Quindi, fratelli o sorelle, coraggio, io sono, voi siete, non abbiate paura!

Mariano Loiacono

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