Grottaglie (TA), 26 e 27 settembre 2015.PROGETTO “H.O.M.E.” – HOME OPEN (per) METASTORICI EVENTI.
FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS
Registro Persone giuridiche n. 429
Prefettura di Foggia
PROGETTO “H.O.M.E.”
-Home Open
(per)
Metastorici Eventi.
Di sole e d’azzurro passando da “almeno un po’” ad “abbi cura di te”.
Avete presente quando si dice che due giorni sono sembrati una vita?
O quando si usa l’espressione “tempo dilatato”? Bene, questo è ciò che ho sentito non solo io, ma anche chi in questi due giorni mi ha voluta accompagnare devotamente con amore e calore proprio nella mia home…
Che da “tidy and clean home” è diventata una “dirty home”… Eh già, perché io non osavo sporcare… E non parlo solo della casa…
Lo sporco, come facilmente si può intuire, è metafora di molto altro e tocca molti aspetti della nostra vita, che ci portiamo dietro come macigni e che bloccano ciò che siamo, solo per amore di uno pseudo riconoscimento esterno che poi si rivela in realtà essere totale disconoscimento per le nostri parti più vere!
Prima di ogni cosa, sento di voler ringraziare chi mi ha accompagnata in questo viaggio, in cui il tempo è stato scandito dal Kairòs –tempo favorevole, un tempo senza tempo in uno spazio che ha saputo accogliere ciò che da un po’ iniziavo a sentire e che si preparava a nascere.
E quindi ringrazio le due sdreghe regine (no, non volevo dire streghe ma proprio sdreghe con la “d”!) che sono Francesca e Giusi, che sento mie sorelle di sangue, poi le altre sdreghette che si sono aggregate ovvero Serena, Rosanna C. e la piccola Arianna ed infine, ma non per questo meno importante, Mariano, che silenziosamente sento, e che la domenica mattina ha voluto esserci con un messaggio che mi ha commossa e sorpresa piacevolmente.
Premetto che mi aspettavo una visita “amichevole” da parte di due amiche che non vedevo da un po’, ma che invece poi a sorpresa mi sono ritrovata come embrione di un nuovo progetto appena nato.
La metastoria –aldilà della storia, mi ha voluto accompagnare nei giorni precedenti a questo incontro e questo credo abbia facilitato il mio stare e affidarmi, come da un po’ sto facendo. Da un po’ lavoro sulla rabbia e la mattina prima dell’arrivo delle mie accompagnatrici, un’immersione profonda e dolorosa mi ha permesso di arrivare a capire, nel profondo, che i miei genitori, seppure non sono stati ciò che io volevo che fossero, hanno fatto ciò che potevano, con i loro limiti e con i tagli che si portano dietro. Sono stata molto male quella mattina ma allo stesso tempo ho sentito finalmente un grande calore nel ricordare ciò che hanno fatto per me. Quando le ragazze sono arrivate ero riuscita un po’ a risalire, provando anche a teorizzare quanto mi era accaduto.
Ho poi condiviso con loro questo mio vissuto, riconoscendo il grande valore che la rabbia ha avuto nella mia vita, arrivando a riconoscerla come la parte più vera di me, che ha spinto per non farmi affondare nei momenti in cui mi sono svenduta e maltrattata. Quel pomeriggio ho benedetto la rabbia e il dolore, per lasciarle andare, almeno nella modalità in cui le avevo vissute, perché fanno parte della vita e per questo vanno vissute come parti di un intero.
Ognuna delle presenti ha voluto riconoscere delle parti da lasciar andare che, seppur buone, dopo essere state attraversate, vanno trasformate. Sono stati momenti di grande intensità, di immersione in pezzetti di vita vissuta, in cui si sentiva anche il dolore e la fatica del dover e voler lasciare andare, ma anche l’importanza che quelle parti avevano avuto fino a quel momento.
La sera ci siamo concesse una serata in pizzeria, alleggerendoci e godendoci anche il centro storico che, essendo la parte più antica della città, conserva più memoria storica anche nell’architettura delle case stesse.
Quella sera ho avuto il grande privilegio di poter indossare la fascia e portare con me la piccola Arianna… Averla lì, così vicina, il suo viso di fronte al mio, la sua pelle profumata, i suoi occhi così pieni di vita semplice e vera, i suoi piccoli versi…
E’ stato molto emozionante potermela vivere così da vicino, come se avessi avuto la grande opportunità di vivermi la bambina che sento dentro di me e che tanto sta spingendo per uscire, che manda dei segnali forti che sto imparando ad accogliere e ad ascoltare, perché quella parte bambina, così come Arianna, è ancora così armonicamente collegata ai codici profondi che noi cosiddetti adulti tanto snobbiamo, per amore di un simbolico che tanto ci taglia e tanto ci toglie di ciò che di cui siamo realmente espressione.
La nottata è trascorsa serenamente, anche se io, come sempre, mi sveglio all’alba. Quella mattina, mentre tutte le altre dormivano, ho pensato di ringraziare ognuna ancora più concretamente… Come? Anche in questo caso la metastoria ha avuto più fantasia di me! Lei c’era, c’è sempre stata, ma io non ne coglievo i segnali… Ad ogni modo, quando mi sono laureata nel 2011, anno in cui ancora non conoscevo il Metodo alla Salute, le mie bomboniere furono delle lumachine.
Tra quelle distribuite, ne erano avanzate proprio quattro! Erano lì sulla mensola del soggiorno, insieme alla lumaca madre, più grande. E allora ho pensato che regalo più bello non potessi fare che condividere con le mie “madrine” proprio quelle lumache, simbolo non solo del M.a.s., ma di un traguardo che per me è stato molto sofferto, che ho raggiunto tra mille difficoltà… Tra l’altro, la tesi della mia laurea era l’analisi del linguaggio emozionale su un testo di un autore salentino, Michele Saponaro, intitolato “La casa senza sole”… Insomma, tante cose portavano dentro queste lumachine, tante parti mie che ho voluto donare a chi, con tanto amore, ha voluto condividere un pezzo della mia vita. Ad ognuna ho scritto un pensiero, che ho conservato in attesa che fossero sveglie.
Il risveglio è stato soft, con la piccola Arianna serena e riposata, che ci guardava con quegli occhioni profondi e che sembrava apprezzare la compagnia di queste donne sfraganate ma in viaggio! L’idea è di andare sul terrazzo. La giornata permette, gli antenati sono con noi… C’è il sole, il vento, il verde delle foglie che crescono ai lati del mio terrazzo, la pietra su cui poggiamo i piedi come radice che sostiene e accoglie… I nostri pensieri sono proprio per loro, per gli antenati!
Mi invitano a prendere il telo con cui ho coperto il divano per metterlo lì a terra, ci togliamo le magliette per sentire il sole e il vento che toccano i nostri corpi… Sento che anche in quest’occasione ci siamo immerse, grazie ai pensieri ma soprattutto grazie a quella natura che ci stava intorno e, non ricordo come, Giusi mi ha proposto di far entrare quel sole nella mia casa, una casa che adesso non doveva più essere senza sole, ma in cui il sole fossi io, in cui il calore arrivasse da me, un sole che c’è anche se fuori piove e dentro hai il temporale, un sole che non arriva lì per caso ma che tu scegli di partorire e decidi di scegliere ogni giorno… “Perché non lo dipingi sulla parete di casa?”… Ah, ho dimenticato di dire che in casa non avevo appeso quadri… Ne avevo qualcuno da mettere, un paio di specchi anche, ma… No, non mi ero mai spinta per paura di sbagliare, per paura di “sporcare”…
Quindi la sera prima avevo chiesto di accompagnarmi in questa cosa per me difficile, che al di là del gesto significa tante cose per me! Non vi dico la soddisfazione nel mettere i chiodi al muro! Lo avrei fatto per ore! Davanti a quella proposta di Giusi, io mi sono molto commossa… Io quel sole da dipingere lo avevo in testa da molto tempo… Quel desiderio di sporcare e riempire i muri pure… Era tutto lì, ma io non sapevo spingerlo… Mi sono quindi commossa perché Giusi aveva saputo cogliere, senza che io lo chiedessi, un mio grande desiderio. Siamo scese, ho consegnato ufficialmente le lumachine, leggendo anche ciò che avevo scritto, e poi ho abbozzato il sole che volevo dipingere… Era lì, è venuto fuori subito!
Una spirale e poi i raggi, e le mani, sì, volevo che ci fossero le mani di chi quel sole lo ha accolto. Subito ci mettiamo in macchina per andare a comprare i colori, sembrava una gita! Eravamo leggere come farfalle!
Dopo pranzo, iniziamo i lavori… Ognuna con un compito… Sentivo una grande partecipazione, una grande gioia per ciò che andavo a fare, un accompagnamento sincero e devoto… Dalla scelta della musica, al mescolare i colori, al compilare il diario di bordo, al fare le fotografie… E così inizio prima con la matita… Era lì sul muro… Lo avevo fatto per davvero! Che soddisfazione… Che emozione!
La prima pennellata è stata come un iniziare a far uscire la lava che tenevo dentro… E poi un’altra, e un’altra ancora… La spirale è fatta, e poi i raggi, e poi… Non uso il pennello! Io lo faccio con le mani! Sporco il muro di Me! Esisto, ci sono, sono viva e il sole che ho dentro lo metto fuori, per guardarlo e ricordarlo ogni giorno.
Quando ho finito, ho sentito una grande leggerezza, sentivo di essere un passettino più vicina a me… L’essere riuscita a riempire una parete non è solo un atto esteriore, ma per me, che ho sempre sentito di non valere niente e di non avere il diritto di invadere e farmi vedere, è stato davvero come gridare che esisto ed ho un valore…
Dopo il disegno, ho voluto rappresentare questo passaggio anche attraverso due canzoni. Ho voluto lasciar andare la Francesca misera e pezzente di “Almeno un po’”, la canzone di Renga che il mio ex fidanzato diceva rappresentarmi pienamente, ad “Avrò cura di te” di Arisa, in cui, davanti allo specchio, e davanti alla nostra antenata Arianna, ho promesso a me stessa di aver cura di me, prendendo dl’impegno di scrivere ogni giorno qualcosa di positivo.
I giorni sono passati ed ho potuto raccogliere già qualche frutticello, soprattutto nella relazione con la mia famiglia, verso cui sento maggiore distinzione. Oggi è un giorno di tempesta, in cui sento anche la fatica che si fa nel mantenere acceso quel sole, ma ci sto… Dopotutto è dalla luce che vengono le ombre…
Concludo con il pensiero che, dopo qualche giorno, ho scritto per celebrare la nascita del mio Sole. È un pensiero che è arrivato solo dopo che le tante emozioni vissute si erano un po’ sedimentate, e per comporlo ho preso le parole che ognuna delle mie accompagnatrici mi aveva scritto sul diario, perché se quel Sole adesso c’è è anche grazie a chi ha voluto e saputo starmi vicino.
“Insieme allo Spirito di questa Casa
Con le sue Mura di Pietra dura
Testimoni di Storie di Vita molteplici,
Io ti ho Partorito, Sole.
Mani devote ti hanno Accolto
Per far sì che la tua Energia
Fluisca col suo Calore Attraversandomi.
Giorno per Giorno
Io Ti Scelgo”.
Francesca Inter -nata Sun
2 Commenti
Gabriella Napolitano
Cara Francesca, non ti conosco ma ti ringrazio per aver condiviso questi tuoi passaggi così intimi e profondi, mi hanno permesso di comprendere meglio parti di me … e complimenti alle tue devote accompagnatrici che stanno osando e raccogliendo frutti. Ti auguro di continuare a splendere anche tra le nuvole!
Ti abbraccio,
Gabriella
filippo marroccoli
sono contento Francesca che persone a te devote ti hanno accompagnato in questo tuo ulteriore passaggio..ti abbraccio, Filippo