Aula didattica globale “Gianna Stellabotte” (FG), martedì 25 e mercoledi 26 agosto 2015. II^ SETTIMANA INTENSIVA INTERNAZIONALE. Accoglienza e primo giorno.
Prefettura di Foggia
Persone arrivate da varie parti dell’Italia, ma cinque di noi vengono da “oltre le italiche soglie”, perché siamo qui per trasformare i confini che ci dividono in soglie da attraversare.
Un altro partecipante accompagnato dalla madre la quale ha iniziato questo percorso per superare una situazione di sofferenza dopo un’operazione importante e che, abituata a “far da sola”, solo ora comincia a fidarsi degli altri per distinguersi e affrontare il dolore di questo figlio che non si è sentito visto e amato:
Una donna è venuta in questa terra per lei straniera, in questa sala, a Foggia, dall’estero, per cercare un’alternativa più umana e non debilitante come gli psicofarmaci, per affrontare le problematiche della vita.
Una giovane donna, spinta dal disagio della figlia che le ha fatto “perdere il controllo”, spera di farsi invadere per rompere vecchi meccanismi che non le permettono di vivere in pienezza.
Un giovane fratello che non capisce ancora la sorella, con leggerezza si fa coinvolgere e verrà spesso invitato a interagire con tanti dei presenti.
Ma siamo tutti stanchi di questa giornata di viaggio non solo geografico e ci diamo appuntamento al mattino dopo, con l’impegno di resistere alle tentazioni di fuga, reale o virtuale che sia.
E così il mercoledì iniziamo puntuali, guidati da Marco, poliglotta alle prime armi, Enzo e Titta poliglotti veri. Ci accompagnano ad ascoltare il respiro, primo elemento “esterno” che ci attraversa e ci nutre: così faremo con le nostre reciproche vite ed emozioni.
Prima nota: ascolto dello stato quiete.
C’è chi ha dormito poco: chi esprime in modo simpaticamente forte il disappunto di essere conosciuto come “il fratello di…” e le note di “Bello e impossibile” ci fanno un po’ svegliare e poi accogliere anche il dolore di una figlia incazzata nera con la madre, stanca di essere il suo bidone della spazzatura: ma come può pretendere di essere vista da una madre che non sa più chi è, cosa sente, cosa vuole…?
E poi al simbolo del Metodo: la lumaca che attraversa la strada che fa (senza saltare gli ostacoli o i terreni scomodi), usando i suoi globcettori per captare ciò che va oltre il sensibile, oltre le parole… verso le emozioni e le aspirazioni dell’anima; il suo procedere lento verso l’inedito; il suo abitare l’essenziale, la casa interiore; il suo poter esprimere sia la parte femminile che quella maschile; il suo lasciare la scia come il nostro lasciare traccia, documentazione del percorso fatto…
Titta ci invita ad osservare bene la gigantografia alla parete: una lumaca con dei piedini da neonato al posto della coda e la testa di un adulto dallo sguardo tristissimo a causa delle sue specificità non cresciute, non viste, non alimentate, tagliate e cauterizzate… ma ancora molto sofferenti.
E ALLORA DAI! LE COSE GIUSTE TU LE SAI… canta Giorgio Gaber nel primo pensiero antenato di questo primo giorno. E già le sue parole ci smuovono le emozioni e ci fanno sentire il pianto o il grido che ci ha accompagnato nelle nostre infanzie e adolescenze, pianto che abbiamo in qualche modo tappato e che spesso non vogliamo più sentire, nemmeno quando sono i nostri figli a farlo per noi.
A volte proviamo un “marasma” interiore che ci assilla di emozioni e pensieri vorticosi che ci spaventano e non sappiamo come farli uscire: la paura di perdere la situazione in cui stiamo, anche se negativa ma conosciuta, ci fa muovere apparentemente…ma in profondità ci fa restare immobili.
Visioni chiuse del mondo e strumenti non adeguati per questo mondo villaggio in cui sono crollate le epistemologie parziali che tenevano in piedi le persone fino a qualche decennio fa… non bastano più per reggere la sfida della vita.
MARASMA significa CONSUMARSI.
Ognuno di noi nasce come scintilla di mistero e molteplicità che abbisogna di adulti cresciuti per essere accompagnata a crescere.
Ma qui, in questa sala dove abbiamo ascoltato con rispetto i racconti, le assonanze e i giochi di rispecchiamento… ci permettiamo il lusso di dare tempo -Kronos e Kairòs- per accogliere e andare oltre i meccanismi di immobilità: come il rimbeccarsi senza soluzione di una madre e di una figlia che chiedono entrambe di essere viste e non controllate; accogliamo e aiutiamo a sciogliere la paura di un padre che, risvegliato dal dolore-scoppio del figlio, umilmente si mette in gioco per contattare forse per la prima volta chi è lui aldilà dei ruoli sociali di bravo padre di famiglia-gran lavoratore che ancora sarebbe disponibile a ridursi e rinunciare a se stesso per salvare i familiari.
Accogliamo il coraggio di esprimere in terra straniera la timidezza che solo la musica riesce a vincere per esprimere le emozioni e solo qualche bicchiere di vino riesce a far muovere il corpo ancora dolorosamente immobilizzato.
Se c’è chi oggi è stato in conduzione ed in passato è stato: bloccato in soluzioni virtuali, positive e funzionali o distruttive e spaventose che siano, e ora invece mette generosamente a disposizione della vita la loro crescita… c’è da rimboccarsi le maniche con entusiasmo e solidarietà per imparare a navigare in questa rete non virtuale, ricca di contradditorie molteplicità da esplorare.
La Vita diventa un viaggio che ci farà trovare lo STRAORDINARIO nell’ORDINARIO!