Aula didattica globale “Gianna Stellabotte” (FG), mercoledì 18 febbraio 2015. II^ SETTIMANA DEL CORSO DI EPISTEMOLOGIA GLOBALE. PRIMO GIORNO.

FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS
Registro Persone giuridiche n. 429

Prefettura di Foggia





CORSO DI EPISTEMOLOGIA GLOBALE


E DINAMICHE DI VITA.


II^ SETTIMANA.


Primo giorno. 






La giornata si apre con la lettura del post di Moise. È stato bello ascoltarlo mentre leggeva emozionato quanto scritto durante la notte… certo che la storia di Pepes ha lavorato parecchio, non solo in Moise ma in tanti di noi. Anche Mariano riprende l’articolo di Padre Dario che manca – a suo avviso – di un punto di vista tale da comprendere che i tanti Pepes sparsi nelle numerose nostre discariche sono “imaghi” di Gesù. E non vedere, osservare, contemplare questo significa stare fuori dal viaggio che ci porta verso una nuova idea di stare nel mondo.
 
Pepes capisce che il negativo sta dilagando e si offre in sacrificio a dimostrazione dei limiti che lo sguardo su di lui presenta. Riprendere l’articolo su Pepes, pertanto, significa dare una lettura globale ad una visione assai parziale e vecchia che porta a definire ‘presepe vero’ una situazione che esula dalla rappresentazione di una ricorrenza storica slegata dal Fenomeno vivo. Mariangela interviene per cercare di capire il punto di vista di Padre Dario… Pepes è come se lo riportasse alle proprie discariche. Il problema – aggiunge Mariano – non è di giudicare il punto di vista del missionario o se la discarica sia di fatto proiettiva dei vissuti del religioso, ma è importante rilevare come, quel punto di vista, non sia più utile a rappresentare uno status che parla un linguaggio diverso dagli schemi propri dell’Epistemologia religiosa. Il suo punto di vista, cioè,  non è più idoneo a reinterpretare i fenomeni vivi perché astorico. Fenomeni che sono stati letti e vengono interpretati oramai con le lenti dell’Epistemologia scientifica che di fatto ha fagocitato quella filosofica e mitico-religiosa… bisogna acquisire un punto di vista che parta dalla vita per ritornare alla vita.
 
È Samuel che s’incarica di convertire l’articolo di Padre Dario in altro. Da un’idea parziale si può andare verso una prospettiva globale o comunque più vicina alla vita dei tanti Papes che siamo.
La “conversione” o il cambio di opinione è possibile anche dentro una Chiesa abituata a replicare i propri dogmi senza sporcarli di vissuti di contesto.
 
A questo punto Mariano ci introduce alla Quaresima attraverso il canto “Purificami o Signore”, assai appropriato a questo primo giorno in attesa dell’attraversamento verso la Pasqua. Per la Chiesa e ed anche per altre culture medio/orientali le ceneri ci preparano allo stare più con noi e meno fuori di noi. Il digiuno o l’astenersi dal fare l’amore o le stesse feste erano ed in parte sono modalità che ci portano a staccare la spina dall’esterno che ci alimenta, per trovare invece nutrimento interiore in modo da riconoscerci ascoltandoci.
Mariano leggendo dei passi biblici sulla creazione si sofferma alla reprimenda di Dio ad Adamo:
“Ricordati uomo che polvere eri e polvere ritornerai”.
Queste sono parole che ci portano alla nostra natura, al nostro In.Di.Co. È per questo che Mariano ha voluto regalarci una sua interpretazione poietica, proprio perché essendo noi stessi delle scintille dell’In.Di.Co., siamo polvere di stelle e non solo suolo o polvere di terra.
 
Il nostro transitare parte dall’In.Di.Co. e vi ritorna… dalle stelle alle stelle. Per dare maggiore valore alle letture e al canto è stato proposto un rito che per definizione è aperto al passaggio, al cambiamento, alla vita. Barbara nel bene-dire recita la formula personalizzata:
“Polvere di stelle sei stata e polvere di stelle ritornerai”. 
Siamo stati in tanti a parteciparvi, ciò ci ha aiutati ad alzarci di nuovo e riprendere il cammino verso di noi.
 
Tramite il Graal Mariano ci accompagna a comprendere meglio il senso delle ceneri e della Quaresima. I codici storici dell’esistenza si espandono, cambiano, muoiono e risorgono come l’Araba Fenice, mentre il codice ontologico della metastoria rimane in tutta la sua pienezza. La Quaresima ci riporta alla traversata del deserto fatta da Gesù. Alla fine del suo cammino ed in pericolo di vita si ritrova a fronteggiare le tentazioni delle Sirene, di Satana. Le tentazioni reinterpretate tramite l’In.Di.Co. trovano una loro spiegazione teorica nell’Uno-Trino dove è semplice riconoscere i meccanismi psicotici padre/figlio risolti nelle strategie relazionali messi in atto dalla lucidità con la quale Gesù riesce a guardare oltre il deserto ed andare al di là dei deliri che l’attraversata aveva alimentato.

La mattinata si chiude con la lettura e interpretazione del “mito della caverna” di Platone. Sia Barbara che Mariano ci hanno – come dei bravi accompagnatori – masticato ed imboccato quanto c’era da leggere nei comportamenti umani dentro e fuori dalla caverna.
 
L’identità psicotica dei poveri cavernicoli si ha quando la conoscenza sensibile si confonde con quella intelligibile e quindi si perde il punto di vista reale in quanto fagocitato dalla parzialità di un’esperienza in catena e piena di ombre non svelate. Uscire fuori da dette identità, per chi ha vissuto la “caverna” è faticoso, perché si deve mettere in discussione tutto e risulta più semplice accovacciarsi ed accontentarsi delle povertà viste rispetto alle novità da incontrare. Ma, farsi baciare dalla luce del sole, può darci una nuova vita che val la pena fare entrare dentro dove ci si lascia cullare dalla morte. Nella caverna è evidente che l’Uno-Trino è presente nelle ombre o meccanismi psicotici; nella luce o meccanismi globalizzanti e nella realtà esterna o strategie relazionali dello spirito.
 
Quando si fa il viaggio dalle proprie “ombre” alla nuova realtà non si ritorna più indietro; si acquisisce un nuovo status dal quale ripartire diversi rispetto all’inizio del viaggio. Alla fine della mattinata si introducono le dinamiche di gruppo e ci si sofferma sul senso da dare all’etimo delle due parole. La dinamica ci riporta alla forza mentre il gruppo all’ammassare, al mettere insieme. La dinamica ha il compito in questo nostro metterci in viaggio di produrre cambiamenti. Se non è così non funziona… è altro… è tecnica. La dinamica è di per sé trasmutativi perché presente nella vita, negli elettroni… ed è caratterizzata dal movimento che si realizza nella storia è una forza espressa nei diversi codici e vi entra in quanto:
  1. forza covalente;
  2. forza elettromagnetica;
  3. forza debole;
  4. forza gravitazionale.
Chi ha una forza covalente (1° livello) nella Piramide riesce laddove gli altri si fermano. Questa forza dipende molto dai piani che riesco ad attivare. In tal senso diventa opportuna la lettura del Graal P. U. T. La dinamica infatti parte dal P. U. F. ed in maniera ascensionale attraversa gli altri livelli. Il P. U. K. ci porta a muoverci per noi o per gli altri ed è uno stato doloroso, dove si cercano soluzioni sino a che non si utilizza la dinamis  per andare oltre o verso gli altri livelli dell’esistenza. Fa piacere sentire come Marcello abbia fatto dei passi avanti insieme alla madre che, finalmente, s’è messa in viaggio a partire da sé e non dal figlio. Sinora Gabriella si è messa a servizio degli altri e non di sé. Ed è sul sé che si costruiscono i cambiamenti. Una dynamis globale tende a sviluppare tutti i livelli della Piramide. L’utero psichè è un approccio globale che mette insieme gli opposti e li fa danzare. È nel percorso di vita che l’Uno-trino mette in gioco i suoi automatismi senza bisogno di attività di gruppo o di tempi biblici per farci uscire fuori dai nostri P. U. K. Oggi il cambiamento antropologico ci chiede di passare ad una dynamis sempre più ricca, in cui diventa più semplice transitare verso un nuovo stato quiete.
 
A proposito sono stati tanti gli esempi che Mariano ha proposto e fatto vedere sul senso da dare all’ascolto. Francesco e sua mamma hanno dimostrato come sia difficile andare avanti quando non si fa chiarezza sul proprio stato quiete. Lo stesso è successo a Lara che non riusciva a comprendere le ragioni della sua permanenza al corso, dal momento che le appariva difficoltoso tradurre la confusione in sconvolgimento indispensabile ad indicarle che proprio questo è il cammino. Certo la maestria di Mariano, nell’ascolto dello stato quiete è unica. La lettura proposta per rimettere in gioco chi s’è fermato si basa, dunque, sull’Uno-Trino. Non c’è un piano/livello che non può essere ricondotto al ciclo vitale a cui ci riferiamo. È una metodica che va oltre, al di là di ogni specializzazione intesa come parzialità. La settorializzazione non prevede che i padri possano viversi come figli e viceversa. In questo Mariano è stato un vulcano di idee, esempi e di inedito. Riesce ad entrare in ogni dinamica senza per questo averla preparata. L’Uno-Trino è una sua creatura che nutre da quarantenni i nostri P. U. F. attaccati dai P. U. K. che continuano a condizionarci costringendoci. Perché queste modalità abbiano successo è necessario che la lettura che diamo all’ascolto sia Lenta, Incerta, Dubbiosa, Inedita e Aperta (L. I. D. I. A.); se non abbiamo un ritorno dalla teoria alla prassi non c’è viaggio. Distinguersi è già un primo passo verso la metanoia (cambio di mentalità o punto di vista). In presenza del P. U. K. la circolazione della spinta vitale è difficoltosa, ma non significa che non sia da stimolo per rimettere in gioco l’intero che siamo stati.
Col primo pomeriggio Mariano prende spunto dalla fiaba “La mela Gimagiona” scritta da Giovanna e disegnata da Daniela per intercalare il proprio punto di vista in aggiunta alla spiegazione dello stato quiete fatto da Giovanna sull’incipit della fiaba. Ascoltare lo stato quiete significa entrare in relazione con chi viene ascoltato. L’ascolto è un immergersi nell’altro perché profondo e mai superficiale. È chiaro che lo stato quiete se ascoltato può metterci in crisi ed è per questo che le Istituzioni preferiscono sorvolare e dedicarsi alla settorializzazione. Anche la coppia se si ascoltasse eviterebbe di nutrirsi del “per sempre” per dedicarsi all’“ancora” in modo da essere più vicina alla vita di ciascuno. È lo stato quiete il sacrario di ogni persona. Ed è lì che sono contenute le sue distinzioni/differenze.
 
Oggi, più di prima, è drammatica la condizione soprattutto dei giovani che fanno difficoltà a viversi dei valori condivisi rispetto alle generazioni del villaggio-mondo in cui tutto era normato. I giovani più di prima hanno tanto bisogno di essere visitati. Il codice bio-organico cioè ha bisogno di una persona che lo veda nella sua identità più profonda. Quando ci si sente voluti bene si inizia a strutturarsi meglio; ma è il radicamento al nostro Albero Maestro che ci consente di vivere di luce propria anziché riflessa. Noi siamo più stelle che pianeti. E quando non ci si radica ed anzi si è sradicati dalla propria Metastoria si rischia che i livelli superiori della Piramide schiavizzino quelli inferiori, asservendo il nostro essere al simbolico che veste i panni della funzione-ruolo riconosciutaci dall’esterno.
 
È il codice ontologico che ci libera. Più la storia interviene, più si contorce il P. U. K. e per ritornare al P. U. M. bisogna che vengano azionate le corde del code storming che mettono in movimento tutti i livelli del Pira-Graal. Questo perché è nel bio/organico che si accumulano i debiti originari con la conseguenza che viene negato ciò che solo io sono per essere colonizzati dai genitori. Ed a proposito il corso si interroga sulla funzione specchio che l’esterno ci rimanda per avere una nostra visibilità… ma sappiamo bene che questa è parziale perché generata dalla debolezza dei codici storici. Il codice ontologico è quello invece che ci rimanda ad una immagine del nostro esserci più forte, autarchica e stellare. Non ha bisogno del riconoscimento per alimentarsi perché autoreferenziale in quanto figlio del nostro Jahvè. In tal caso non c’è bisogno di avere un ritorno esterno per darci valore anche se fa sempre piacere essere riconosciuti in ciò che siamo anche per gli altri. L’esterno è vero che ci aiuta a riconoscerci anche in presenza di un P. U. K. particolarmente complicato, ma è lo stesso che ci disconosce quando ci confina fuori dai contesti conformati dai meccanismi psicotici dell’angolo alfa.


Avere rotto l’i-phone con dentro il post ultimato non so se sia stata fortuna o sfortuna; di sicuro io mi sento bene e non mi sono ancora rotto… e questa lasciatemelo dire la chiamo fortuna!!!

Angelo Vita

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