Aula didattica globale “Gianna Stellabotte” (FG), sabato 12 luglio 2014. IV° SEMINARIO “L.A. M.U.S.I.C.A.” (1).
IV° CORSO “L.A. M.U.S.I.C.A.”.
Primo step della Tregiorni.
E’ stata una giornata ricca e densa che può essere divisa nel suo racconto in due parti.
Durante la giornata molta teoria, come sempre non ridotta alle arti comunemente dette, e alla sera il quarto Laboratorio G. A. G. (Gruppo Arte Globale).
Prima parte.
L’inizio della giornata avviene in modo singolare con Mariano che ci annuncia la scomparsa del Prof. Giuliano Piazzi, con cui aveva intrecciato in modo profondo e duraturo dagli anni in cui ha frequentato l’università di Urbino fino ai giorni nostri per più di 25 anni di fecondo “crossingover”. Per celebrare in modo appropriato l’evento Mariano fa una riflessione sul rapporto/senso vita–morte collegandolo al rapporto/senso storia–metastoria che ho trovato particolarmente interessante. La morte è un ritorno all’origine, alla metastoria. Perché ciò avvenga in modo efficace però, il tempo storico deve essere vissuto esprimendo pienamente le proprie potenzialità uniche: per farlo dobbiamo liberarci (tema centrale nella “Nuova Specie”) dai limiti/condizionamenti che le relazioni da noi vissute ci hanno impresso.
Una metafora che esprime in modo eccellente quest’obiettivo è “diventare vecchi (saggi) e morire prima del tempo”. Morire nel senso di far morire tutte quelle parti già morte dentro di noi che come dei pesi non ci permettono di viaggiare nella storia in modo creativo ed inedito.
Per dare valore quindi alla notizia della scomparsa di Piazzi Mariano ci fa dono di una pubblicazione della Fondazione Nuova Specie dal titolo: “Giuliano Piazzi. Il Copernico della sociologia”; pubblicazione realizzata nel 2013 per celebrare il 25° della loro collaborazione.
Visto che teoria-prassi ci accompagnano sempre Mariano ci mostra la sua coerenza innestando queste riflessioni sul suo anno sabbatico in corso in cui possiamo osservare il suo cammino di allontanamento progressivo dall’essere legato alla storia (o meglio, ponendosi in una posizione più elevata, meno immersa direttamene) accompagnato dalla crescita dell’indispensabile discendenza la dove lui si ritira.
La riflessione si concentra ora sulla vita storica, sul collegamento tra i nodi impressi dalle relazioni che abbiamo vissuto e ciò che la vita stessa ci chiede di essere. Cosa ci chiede la vita? Di esprimere pienamente tutti i codici che la costituiscono. Quello simbolico, legato alla razionalità. Quello analogico, legato al territorio, alle gerarchie, al rapporto tempo-spazio. Quello bio-organico, legato alle emozioni che vivo dentro di me. Ed infine quello metastorico, in cui ci avvicinandoci alla nostra origine possiamo beneficiare di un bacino In.Di.Co. (Infinito Dinamico Complesso) di risorse. Attraversando varie “unità didattiche”, ovvero rappresentazioni dei meccanismi della vita per poter meglio comprenderla, arriviamo a riflettere sul senso profondo della croce intesa non in senso confessionale ma come simbolo in cui avviene il crocevia, ovvero il simbolo di tutto ciò che ci può capitare nella vita. Collegando questo a quando detto sopra l’esistenza può essere intesa come crocevia tra storia e metastoria.
Partendo dall’assunto che la vita ha bisogno di rinnovarsi continuamente perché solo così può restare in viaggio Mariano contemplando il luogo in cui la vita si esprime nella modalità più sacra, la Gravidanza, ci espone le tre parti del viaggio della Vita:
- Cacciata, in cui si sprigionano tutti i mali dell’esistenza;
- Tunnel stretto, in cui viviamo l’angoscia, la mancanza di prospettive;
- Terra promessa, in cui arriviamo ad incarnare le novità che prima si sono generate.
Arrivano le tre di pomeriggio quando sospendiamo la prima parte, non abbiamo ancora pranzato e non abbiamo fatto pause. Normalmente sarebbe stato difficile restare così tanto ad ascoltare “una lezione”. Ma la modalità globale messa a punto da Mariano in cui vengono coinvolti tutti i codici della vita ci fa “vivere” il corso invece che ascoltarlo e la vita, riconoscendone il beneficio, ti dona risorse insperate.
Seconda parte.
Entriamo nella sala arredata dal coordinamento del Laboratorio. Ad ognuno viene consegnata una candela e non sappiamo quasi nulla di ciò che accadrà. L’inizio è sorprendente con G. che fa un monologo ma non lo vediamo direttamente, bensì registrato e proiettato in tempo reale. Mi piace molto e un po’ mi inquieta. Ad un certo punto G. “sfonda” il muro che separa il teatro dagli spettatori ed inizia a tessere la trama della serata, prevista solo in parte. Il senso del Laboratorio è di provare ad andare oltre all’idea di arte teatrale e provare a rappresentare la vita direttamente, esprimendo un prodotto inedito anche a chi lo rappresenta. Si alterneranno momenti più leggeri e divertenti, ad altri più profondi e dolorosi. Recitazione, danza, ballo, musica, uso del corpo, improvvisazione totale. Con il fuoco come legame invisibile ma potente G. accendendo la candela di ognuno crea quasi una sorta di parto in cui la persona ha la possibilità di ri-entrare nella storia con una modalità diversa avendo la possibilità di esprimere tutti i codici. Teatro che non rappresenta la vita ma che è esso stessa vita che si rinnova.
Alla fine della serata siamo euforici. E’ stata una “prima volta” con questa modalità che ha emozionato e coinvolto tutti. In bocca al lupo per il futuro G. A. G. so che ci sorprenderemo assieme!!!
Flavio