Celle di San Vito (FG). Domenica 22 e lunedì 23 giugno 2014. V PROGETTO “RAINBOW” DELLA FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS.



FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS

Registro Persone giuridiche n. 429 
 
Prefettura di Foggia

V PROGETTO “RAINBOW”
DELLA FONDAZIONE
NUOVA SPECIE ONLUS.
OLTRE LE COLONNE D’ERCOLE. 
Accoglienza e prima giornata



Domenica 22 giugno


Progetto Rainbow 2014, V anno di sperimentazione di un progetto della Fondazione Nuova Specie, ideatore e fondatore Dr. Loiacono Mariano.
Per me è  il primo progetto a cui partecipo, dopo diversi anni di percorso, ritengo sia importante che il viaggio della vita non si debba fermare, come è successo a me, ma debba proseguire oltrepassando le colonne di ERCOLE.
Il viaggio per me parte da Ancona insieme ad altre “rainbownauti” marchigiani e romagnoli, poi si aggiunge anche l’Abruzzo. E’  un inizio in cui non sono sola, già mi sento un tutt’uno insieme al resto dell’ equipaggio.
Il viaggio è lungo  per  arrivare a CELLE DI SAN VITO (FOGGIA), e dopo aver passato il paese di Troia, ci troviamo su una strada tortuosa, scomoda, piena di buche , ecc , un pò come mi sento io adesso,  però è così eccitante e mi sento piena di mistero, e piena di meraviglia per questo paesino un pò sperduto in mezzo al verde delle colline della Daunia. Guardando  dietro di noi si scorgono le meraviglie naturalistiche della Puglia.

Gabry L.




  

Percorrendo le colline del subappenino dauno, passando per Troia per poi risalire verso Faeto, siamo arrivati a Celle di San Vito, un piccolo borgo con poche centinaia di abitanti, a circa 730 metri di altezza sul mare. Siamo stati i primi ad arrivare nel primo pomeriggio, ad attenderci c’erano i conduttori del V Rainbow, Raffaele, Benedetta, Daniela, Dina ed anche Grazia. La struttura che ci ospita è molto bella, appena ristrutturata, e soprattutto pulita e molto accogliente, un locale tutto per noi. Appena arrivati lo scambio di abbracci con i conduttori ha permesso di sciogliere un po’ i nostri corpi indolenziti  ed emozionati, e soprattutto ancora pieni dell’ordinario dei giorni precedenti che ciascuno di noi faceva fatica a lasciare.
Nell’attesa dell’arrivo degli altri rainbownauti, abbiamo visitato il borgo di Celle San Vito ed il corso principale, addobbato per la processione serale del Corpus Domini con drappi ai balconi ed icone religiose collocate lungo la strada, mentre nei piccoli viottoli, a terra, erano gettati dei petali di fiori colorati. Un paese molto piccolo che ci accoglie con i suoi colori, come il simbolo del progetto che e’ un arcobaleno con i suoi sette colori. Dall’alto della montagna scorgiamo altri paesini del subappenino dauno, che nella serata diventeranno luci di presepi dove lo sguardo si perde fino alla pianura di Foggia, la sensazione davvero è di essere in quei paesini medioevali dove il tempo scorre molto lentamente e cultura e tradizione  non si vogliono mescolare con la civiltà moderna.    
Nella passeggiata iniziamo a raccontarci, ad ascoltare le  nostre emozioni, soprattutto le paure che un po’ tutti abbiamo, con la sensazione che il viaggio che stiamo per iniziare sarà lungo, tortuoso, ma soprattutto molto profondo.



Nella serata arrivano i restanti membri dell’equipaggio, manca un rainbownauta, Tonino C., che arriverà lunedì mattina. Tutti insieme, aspettando la cena, iniziamo a ballare in piedi ed in cerchio nella sala a piano terra, permettendo al codice analogico di continuare a rompere le resistenze con le quali siamo arrivati iniziando nella discesa verso le profondità del Sacro Graal della Vita.
Al termine di questa fase, i conduttori a sorpresa ci hanno comunicato che l’assegnazione dei letti sarebbe avvenuta in maniera casuale, ossia ciascuno di noi avrebbe estratto a sorte un biglietto con su scritto un pensiero da leggere in pubblico con associato un numero di letto. Così è stato, ed anche questo ha contribuito a rompere ancora di più gli schemi dentro i quali cerchiamo di racchiudere la vita, prevedendone i risvolti e le conseguenze. Qui si viaggia nella nebbia, senza rotta predefinita, ciò che è importante è il viaggio e siamo tutti marinai col desiderio di osare.




Poco prima della fine della cena i coordinatori si sono presentati facendo un ballo, mettendo in mostra la loro capacità  di abili conduttori, coordinatori e membri dell’ equipaggio a cui affidarci, quindi ognuno ha preso la propria strada, chi ha deciso di fare una passeggiata all’aria fresca, direi fredda, del vento di montagna, chi ha deciso di suonare e cantare, chi andare a letto. 

Nelle campagne intorno, passeggiando al buio, io (Gianni) e Nicoletta facciamo una bella scoperta, ossia vediamo alcune lucciole che volando lasciano una scia eterea per poi posarsi sull’erba fresca. Era da tempo immemore che non ne vedevamo più, e questo ci fa tornare ai ricordi di quando eravamo bambini, quasi un segno per il viaggio che sta per iniziare. 

Prima di andare a dormire, alcuni di noi (anche noi due) ascoltano una favola letta da Martino sul suo letto matrimoniale  e mentre lo ascoltiamo ci si coccola un po’ proprio come dei bambini. La favola è presa da un libro che il solo guardarlo mette emozione, si capisce subito che ha una storia importante e difatti è il libro ritrovato da Martino nella soffitta di casa sua, quello delle favole che gli leggevano da bambino. E’ un libro morbido, colorato, sembra parlare da se, è la favola scelta del mito di Teseo e del Minotauro ci conduce, con la delicatezza di una favola ma con l’impeto del suo significato metastorico, al porto dove è attraccata la nostra nave, che lasceremo domani mattina. Martino, con tanta leggerezza ma anche tanta partecipazione, sollecitato da alcuni di noi, ci racconta anche una favola inventata da lui, segno del lavoro fatto nei vari ambiti nei quali riesce ad esprimersi sempre con maggiore serenità.



Tutti ritorniamo quindi nelle nostre stanze, ed allietati (qualcuno un po’ meno per la verità) dalla voce di Francesca M. e Vincenzo M., che si accompagnano con una chitarra fino all’una di notte, sprofondiamo nel sonno profondo nella prima fresca notte, ancora tra le nostre Celle.

Lunedi 23 giugno
Il risveglio dell’equipaggio dei rainbownauti inizia alle ore 8:00, al ritmo ancora di una musica, come la sera prima quando ci siamo addormentati, questa volta quella di una radio sistemata davanti alle porte delle stanze al primo piano, perché tutti, anche quelli che fanno più fatica, potessero sentirla ed alzarsi. Inizia così il primo giorno. Appena svegli, la sensazione che colgo (GIANNI) è che le difese del giorno prima siano ancora tutte lì a fare la guardia, e ciascuno a modo proprio cerca di relazionarsi agli altri per esprimere le proprie emozioni e verificare lo stato quiete dell’altro. La nottata è servita a tutti a far sedimentare la stanchezza, ed ora inizia una giornata da trascorrere tutti insieme, all’interno dei locali dove soggiorniamo, per ascoltare il punto di partenza dal quale proveniamo e trasformare la nostra casa in una home life.

Si fa colazione e Vincenzo M. è andato a raccogliere un mazzo di fiori alla mattina presto  e l’ha messo al centro del tavolo, segno del suo tenerci a noi;  all‘ apparenza Vincenzo sembra un uomo burbero, rude, aggressivo, ma questo gesto ha dimostrato quanta sensibilità ci sia in lui. Dopo la colazione, alle 9:30 iniziamo con la prima fase, quella dei pensieri e qualcuno ne approfitta per fare anche comunicazioni personali relativamente alla notte trascorsa. Acquisiamo la consapevolezza che i conduttori sono stati molto generosi nel concederci le stanze migliori, riservandosi loro una stanza umida a piano terra, e per questo gli vogliamo ancora più bene. 



Tra balli, pensieri e racconti, Raffaele approfitta per comunicarci che a ciascun raibownauta verrà consegnato un diario di bordo, per potersi raccontare nel corso di questi quindici giorni, cosicchè questo si prefigura come un progetto nuovo, diverso dai precedenti, dove l’albero della conoscenza diventa significativo per il percorso che faremo e di volta in volta ci permetterà di fare teoria sulle esperienze convissute. E’ il V Rainbow, la fine di un ciclo e l’inizio di un nuovo.

Benedetta ci rende partecipe di un’immagine che le ha consegnato Ekaterina, significativa, con una sinfonia di sottofondo forte, impetuosa, avvolgente; l’immagine è quella di una nave che si inabissa nella tempesta furibonda, e in uno sfondo di colori di arcobaleno una scialuppa porta in salvo alcune decine di persone dell’equipaggio, anzi a contarle bene sono 29, proprio come noi. 



Nella sala, al muro, è appeso un bastone di legno, Raffaele ce lo presenta, è quello del vecchio Dr. Baughman, neurologo di fama internazionale americano, che ha conosciuto il Metodo alla Salute a Foggia pochi anni fa ed è stata una presenza significativa per Mariano e per tutti noi, riconoscendo il valore del lavoro fatto pur in un ambito ristretto come quello nel quale Mariano ha operato, sperimentando metodologie nel rispetto della profondità della vita e della sua complessità.
Di tutte le sperimentazioni fatte negli ultimi anni, questo Rainbow è la prima ad avere una locandina, ideata e disegnata da Barbara, ed il titolo di questa edizione “come trasformare le proprie celle interiori in una nuova estate” è significativo del traguardo che ci si attende: l’estate è fonte di calore, ed il calore una volta rotte le nostre celle, serve a mantenerci in rete, a riscaldarci attraverso gli abbracci degli altri ed il loro aiuto, essenziale affinchè la transizione arrivi fino in fondo e non abortisca. 
Il titolo ha anche altri sensi, collegati al significato della parola “celle”. Le celle sono anche quelle di isolamento, che ci impediscono di entrare in relazione con gli altri mantenendoci in uno spazio ristretto, angusto, ma le celle sono anche quelle degli alveari, costruite dalle api, laboriose ed organizzate nel proprio lavoro, senza rapporti di confronto differenza l’una nei confronti dell’altra, ma tutte insieme per un unico scopo che è quello di lavorare per la regina. In questo senso la regina di noi rainbownauti è la metastoria.
Celle sono anche quelle del mondo attuale dell’informatica, memorie di massa, per cui attraverso il progetto Rainbow vogliamo riaprire le nostra memoria, riappropriarci dei nostri vissuti e trasformarli in opportunità di crescita per noi e per gli altri. Celle sono anche quelle frigorifere, dove sono relegate le nostre parti congelate, quelle da sciogliere per riappropriarci dell’interezza della vita.



Al termine della presentazione della locandina e del nome, Raffaele, coordinatore ma soprattutto emozionato e partecipe rainbownauta, introduce la storia della nascita del progetto “Oltre le colonne d’Ercole”, ideato da Mariano. Il Progetto prevedeva inizialmente altri laboratori di sperimentazione oltre al Rainbow, ed era stato concepito originariamente per creare ambienti uterini per persone cosidette “psicotiche”, tuttavia nelle varie edizioni sono venuti fuori sempre con maggiore evidenza i bisogni di persone non dichiarate psicotiche, quelle asintomatiche, che tuttavia si riscoprono psicotiche in alcune loro parti. Il progetto “Oltre le colonne d’Ercole” è diventato quindi, progetto per meccanismi psicotici.
Il nome “Oltre le Colonne d’Ercole” è significativo del fatto che mediante questi percorsi ciascuno, immergendosi, prova ad andare al di là di quanto già conosce ed utilizza, il “Mare Nostrum” dell’antichità, superare il quale era per gli antichi fonte di rinnovata paura. Conoscere il mare che sta oltre le colonne d’Ercole oggi significa esplorare mondi sconosciuti, di cui solo assaporiamo la bellezza pur essendone spaventati, ma la paura non ci ferma, anzi ci stimola a provare, ad osare, a superare i limiti delle epistemologie classiche che costituiscono punti di vista parziali e ormai non più adatti alla vita.
Il Progetto Rainbow è la nave che ci conduce in questo viaggio, attraverso il quale vogliamo superare i limiti e le stratificazioni dei nostri codici antenati (bioorganico e analogico) per approdare alla terra promessa del codice metastorico, bellezza indescrivibile, meta profonda che ci costringe ad abbandonare le parzialità dei nostri meccanismi psicotici, le nostre membrane che hanno radici antiche e familiari, false funzioni specchio che ci hanno ingannato per una vita intera.
Ciascuno di noi è tenuto a compiere il viaggio per superare le colonne d’Ercole, ciascuno di noi può farlo attraverso la vita-conoscenza che è per tutti e di tutti, come insegna Mariano.

Introdotto il significato del progetto, ciascuno inizia finalmente a presentarsi, comunicando il proprio stato quiete di partenza, la prima stanza della home life che va tenuta debitamente in conto perché le dinamiche non abortiscano. Cominciano alcuni maschi adulti padri, uomini che riconosco nel dolore dei figli il loro stesso dolore, ed i loro stessi meccanismi psicotici maturati per non morire di fronte a tanta sofferenza. 
Dapprima si presenta Paride O. e quindi Guido P. e suo figlio Alessandro, due omoni, quest’ultimi, il cui corpo è così grande perché tanta sensibilità, diversamente, non avrebbe trovato posto. Alessandro legge e fa leggere alcune sue poesie scritte in tempi antecedenti al suo scoppio psicotico, e sono bellissime le parole con le quali parla del suo ambiente, del suo territorio, delle persone che conosce, ed emerge dai racconti la sua sofferenza di quell’età, che lo avrebbe poi segnato portandolo a manifestare il suo disagio. 
Questa coppia genitore-figlio contagia altri partecipanti, come Tonino C. e me (Gianni D.), ciascuno di noi due si racconta nel proprio rapporto con il primo figlio, nelle lacerazioni che hanno accompagnato i primi anni di questa relazione e nel dolore per aver visto nei figli i segni dei nostri stessi tagli. 
La nostra sofferenza è il segno del desiderio di cambiare, di crescere come genitori ma ancor prima come individui specifici, del bisogno di chiudere con parti morte legate ai nostri codici biorganici, del desiderio di venire fuori per tutto quello che sappiamo essere dentro di noi, parti molto belle ma offuscate, in ombra, che non siamo riusciti ad esprimere alle volte per niente rimanendo confinati nell’ambito stretto di meccanismi psicotici asfissianti.
La giornata si conclude con la consegna dei diari di bordo a tutti i rainbownauti e di una cordicella/fides legata che viene legata da un testimone al braccio come simbolo di fiducia tra tutti noi, e con l’impegno di  farne tesoro scrivendo almeno metà del diario entro la fine del corso (ce la faremo?).

Raffaele in questi due primi giorni è stato un caldo maestro, un uomo, un CAPITANO, alla guida di una nave senza spazio e senza tempo, emozionato come fosse alla sua prima esperienza; i movimenti del suo corpo hanno testimoniato la pienezza e la concretezza del percorso che sta facendo da anni, manifestando il piacere di immergersi nel gruppo, per se stesso prima di tutto, ma con la devozione e la partecipazione verso gli altri che lo rendono sempre più bello, armonico, metastorico. Ci affidiamo a te, capitano e compagno, insieme saremo marinai umili  per accompagnarci reciprocamente e devotamente in questo viaggio.


Ti vogliamo tutti un gran bene.


Gianni D.  e Gabriella L.

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