Aula didattica globale “Gianna Stellabotte” (FG), giovedì 6 marzo 2014. SECONDO GIORNO – SETTIMANA INTENSIVA .
FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS
Registro Persone giuridiche n. 429
Prefettura di Foggia
Prefettura di Foggia
SETTIMANA INTENSIVA
DI MARZO 2014.
SECONDO GIORNO.
Oggi, sul palcoscenico terapeutico del ‘‘Metodo alla Salute‘‘, si é iniziato con i testi malinconici e sognanti della musica di un ragazzo che é aveva giá partecipato alla settimana intensiva. Successivamente si é approfondito il dolore di una donna di Rimini. La frustrazione derivante dalle difficoltá di integrazione della figlia é stata ricondotta al rapporto controverso tra lei e la madre. I torti subiti da questo conflitto e il rancore assorbito hanno compromesso subliminalmente il relazionarsi con la figlia.
Una ragazza toscana ci ha poi spiegato, in uno sfogo profondo e disperato con la madre, come le cause del suo disagio siano attribuibili anche alle dinamiche familiari e non solamente alla sua responsabilitá individuale; proprio di quest’ultima lei ha accusato di essere stata troppo caricata, analogamente all’omonima protagonista del film ”Via col Vento”.
L’episodio che genera sofferenza, l’attaccamento al passato infelice, generano nello sfogo terapeutico un alter-ego intimamente connesso con chi soffre, attraverso il quale il dolore viene digerito, metabolizzato esorcizzato e infine rilasciato. Ed é proprio l’urlo lo strumento ultimo di espiazione, l’urlo straziante, lancinante, cosmico; l’urlo primitivo dell’uomo, l’urlo che risale la china di un disappunto ancestrale, che va dritto al cuore di una sofferenza tanto ingiusta quanto inevitabile; il pianto collettivo di un’umanitá che si chiede perché deve piangere. Forse oggi abbiamo la maturitá e gli strumenti cognitivi adeguati per affrontare ad armi pari la barriera mentale che ci separa da un mondo pacifico e sereno, e da una nuova specie che ridurrá all’indispensabile il dolore emozionale, le controversie e gli psicofarmaci.
Il canovaccio di questo teatro vivente e improvvisato continua a svilupparsi con la storia di una signora e delle sue vicissitudini familiari. Con un padre alcolista e con quattro fratelli più piccoli, lei vorrebbe dare un perché al suo fardello di sofferenza, vorrebbe ritrovare un’identitá che é stata cancellata da quel senso di morte di cui é stata sempre vittima e che ha tenuto prudentemente sottobanco per tutta la vita.
La mattinata termina con il racconto della difficilissima infanzia di un ragazzo rom di 28 anni la cui crescita é stata rovinata dall’alcolismo, da violenti litigi familiari, risse da bar e frequenti visite in carcere. Dopo molti tentativi di suicidio e frequenti spostamenti in vari centri di comunitá in tutta Italia, questo giovane oggi si chiede perché é dominato da una forte ansia, da un impulso rabbioso e distruttivo che gli impedisce di dare una svolta di valore al senso della sua vita. Si é intravista una causa nella mancanza d’affetto ricevuto nell’infanzia, conseguenza forse di essere stato uno dei tanti di una famiglia numerosa e allo sbando. Ha poi raccontato di un fatale incidente stradale in cui é stato coinvolto e dove hanno perso la vita alcuni dei suoi cari. Il pianto che ne é derivato é stato silente e sommesso, segno di un dolore gigantesco ben radicato, la punta di un iceberg di cui solo adesso si inizia ad intravederne la forma.
Dopo la pausa pranzo la catarsi si fa da parte per dare spazio alla musica. Viene chiesto al ragazzo con la chitarra di raccontarci di più sul suo immaginario con un altro brano originale. Sia nella musica che nelle parole libere, dai suoi pensieri traspare uno stato di rassegnazione, una sorta di arrendersi all’ineluttabilitá della vita, un lasciarsi andare senza timone al fiume impetuoso delle difficoltá. Poi il padre interviene a sorpresa e lascia fluire liberamente le sue emozioni, spiegando che nel bene e nel male, con l’educazione, le aspettative e gli sforzi, ha cresciuto suo figlio con grande amore. Un padre che vorrebbe conquistare la felicitá con la lotta, con uno sforzo di volontá, e si dispera finché non riesce ad afferrarla; riesce forse a toccarla ma essa è impalpabile e gli sfugge di mano. Il figlio assorbe questo disagio, ma la sua stasi e i silenzi riflessivi che lo avvolgono suggeriscono forse che la strada che li divide dalla serenitá é molto più breve di quanto si possa pensare.
Il titolo scelto per la sessione di teoria é:
”lo spessore della superficialità”
La giornata si conclude argomentando la teoria sulla base del titolo e applicandolo alle esperienze della giornata.
Ale