Canicattini Bagni (SR), martedì 19 novembre 2013. UN PEZZO DELLA VITA DI EKA, RACCONTATA AI BIMBI DELLE TRE CLASSI DI SABRINA.




 

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L’EMOZIONANTE STORIA DI EKA,
ACCOLTA DAI BIMBI DI SABRINA.




“Cara Eka,
sono Michela una alunna della maestra Sabrina. Ho 10 anni e frequento la VE. Ti scrivo questa lettera con tutto il mio cuore. Quando la maestra Sabrina ha letto la favola che ti ha scritto mi sono molto emozionata, la tua storia è molto triste ma allo stesso tempo con un lieto fine. Leggendo la storia mi ha colpito la tua determinazione, non so se qualcun altro avrebbe fatto lo stesso. Dopo che abbiamo letto la tua lettera che ci hai inviato, sono rimasta stupita da quanto tu sia una brava filosofa. Io da grande vorrei appunto scrivere dei libri, infatti mi impegno ad essere brava e cercare di essere come te, soprattutto quando hai scritto la frase che dice “Ho lasciato che le mie calde lacrime bagnassero il mio viso.” In questi giorni mi sono accorta dell’importanza della famiglia. Ci annoiamo di essere sempre ripresi dai genitori ma grazie a Dio ci sono e mi dispiace che ci siano al mondo delle persone che non ne hanno una. Ma adesso non vorrei allungarmi troppo. Ti ringrazio di essere qui a darci questa grande lezione di vita, ti porgo i più sinceri auguri per il resto della tua vita.
Tanti saluti da Michela”.

E mi piace che inizio a raccontare di quel giorno… proprio da questo primo pensiero/lettera che un’alunna di Sabrina, Michela, mi ha voluto leggere e dedicare per darmi un benvenuto un po’ più speciale… per timbrare – col fuoco del desiderio di conoscerci – l’incontro che “finalmente” si è realizzato giorno 19 novembre. Incontro gemellato fra le Associazioni alla Salute “Foggia” e “Regno delle due Sicilie”. Incontro che come luogo ha avuto in primis il cuore di Sabrina che fin da subito si è ritrovato affine ai cuori della sua classe Quinta e poi anche delle altre insegnanti e dei bambini delle Quarte; cuori e luoghi questi di un sentire condiviso che in quella mattinata è vibrato fra la voce mia e dei bimbi… e del fiducioso seguirmi di Sabri… e poi delle altre insegnanti e della vicepreside. Uniti per quel tempo dall’unanime tema “Adozione e intercultura come crossingover.

E dico “finalmente” perché non è stato facile per Sabrina far passare il senso di questo incontro che i suoi alunni per primi avevano cercato con me, dopo che avevano sentito leggere dalla loro maestra qualche passaggio del mio diario scritto durante il mio ritornare in Russia – dopo 20 anni fitti fitti in Italia –  avvenuto nel giugno del 2013. Incontro che per prima loro avevano cercato, arrivando loro da me prima… prima ancora di vedermi… via mail… intrecciando giusto piccole, ma sentite lettere fra me e loro, attraverso Sabri… come sopra Michela accenna.

E poi e poi… è anche bello ricordare che il “finalmente” deriva pure da un’altra difficoltà che nel frattempo ci faceva sentire questo incontro sempre meno scontato… e per questo più prezioso: ed era lo stato di salute fisica di Sabrina che giusto in quei giorni… stava fra un mal di schiena bloccante e incalzanti rischi di peggioramenti da un momento all’altro.

Però sì, nonostante tutto, un qualcosa più forte spingeva verso la realizzazione… e sembrava essere proprio l’emotivo che muoveva questo desiderio dei bimbi di conoscermi, ma anche il mio di desiderio di assecondare le loro curiosità rispetto alla mia storia. Di abbandonarmi a loro e di vivermi questo inedito con la saggezza leggera e presente di Sabrina… e del suo aver preparato il terreno per farmi sentire ac-colta… in un “utero che per la prima volta in me, sentivo derivare proprio dai bambini.

Confesso che un giorno prima di arrivare in Puglia avevo chiamato in Russia, avvisando anche Ksenja, nonché quella donna conosciuta appena arrivata a Mosca, e che all’inizio non era altro che l’amica dell’amica dell’amica che nei giorni a seguire più di tutti mi è stata vicina. E mi son sentita di dirle di questo invito che mi aveva raggiunta da questa scuola pugliese, e con orgoglio renderla partecipe seppur a distanza, perché credo che non senza lei quei giorni russi avrebbero preso quel corso così particolare… intenso certo, doloroso pure, ma grazie al suo carattere, anche poetico.

E percepire questo poetico dalla lettera di Michela mi ha fatto arrivare la chiave per aprire la porta di questo mio primo incontrare, e di far incontrare il coetaneo alla mia infanzia… attraverso i coetanei-bimbi… che meglio di me potevano aiutarmi a parlare di me e di quella terra che fu mia fino a 9 anni. Mia sì: di quella Catrin-Eka nata e vissuta in Russia giusto fino alla loro stessa età.

Un altro bambino Antonio, sempre come benvenuto… mi ha regalato un piccolo uccellino di carta e colorato. E man mano sentivo dentro me che… che non una piattaforma migliore la vita poteva offrirmi … per decollare… e riattraversare quei cieli di emozioni… che stavolta andavo a rivisitare non più sola come a giugno, ma con la sensibile essenzialità dei bimbi.

Sempre prima di iniziare a introdurmi io nell’incontro, un altro bimbo ancora, Davide, mi ha regalato un aereo disegnato fra le nuvole. 
E questo mi diede il La, per iniziare a parlare del mio viaggio cominciando non da parole che rincorrevano il mio emozionarmi di cui i bimbi – fin dall’inizio mi avevano in-vestita – ma proprio dalle foto che avevo scattato in Russia. Foto selezionate/preparate per loro… giusto per intercalare il mio parlare… col mio far vedere… e rivedere con loro… e a loro trasmettere la luce di quell’Est che nei miei occhi ancora con difficoltà riesce a passare in secondo piano.

Ed è così che… quell’aereo regalatomi ebbe subito il suo cielo… che giusto coincise col mio iniziare a raccontarmi così… a partire dalle prime foto… proprio scattate fra/nelle nuvole… di passaggio… nel volo Roma-Mosca

C’è da dire che l’incontro – proprio subito subito – a partire dalla mia russianità – aveva anche preso un orizzonte multiculturale coinvolgendo chi come me… era nato all’estero… o non era originario di Ordona. E quest’aspetto man mano che si delineava, chiariva in me – per la prima volta – un filo conduttore e svelatore fra ciò che sono come storia e ciò che sono diventata scegliendo una formazione decisamente multiculturale e molteplice, che sì… più che rispecchiare il mio sapere… è stato un modo per assecondare un mio intimo sentire e sentirmi. E mai come in quel giorno, sentirmi una Sociologa della Multiculturalità, ma anche Counselor giusto di approcci Pluralistici Integrati… dava corpo… al mio corpo… e ai miei occhi a mandorla… e soprattutto alla mia anima.

Fin dall’inizio ho sentito che i bimbi desideravano accogliermi… e ci riuscivano. E io, io davvero non me l’aspettavo. E man mano che però percepivo ciò, tutto ciò mi permetteva di lasciarmi andare… a loro… a me. 
Fin dall’inizio i bimbi erano particolarmente curiosi e io neanche questo mi aspettavo. E confesso che, con questa loro coinvolgente spontaneità… mi sorprendevano domanda dopo domanda. E io sentivo che… il mio cuore… questi segni di nuove emozioni, le registrava… come un delicato ago di un sismografo… ago che si trasformava in una piuma… di ali che… iniziavo a sentirsi rinascere.

Man mano i bimbi spingevano… volevano sapere più cose… e io, io però cercavo di andarci piano, piano piano… ed avanzavo nel mio raccontarmi molto lentamente… cercando di intiepidire man mano dentro me sfere di vetro bollente… che solo poche settimane prima mi sarebbero state echi di scheggianti e antiche sofferenze. E sentivo che sì… pro-seguire piano era un modo per proteggerli… anche col poetico, e proteggerli dal tristissimo, dal doloroso e dal pesante della mia storia… che ahimè… comunque c’è. Ed andare piano piano… mi permetteva di portare a misura loro ogni mia risposta che mi chiedevano di dare… e che lì per lì non volevo far arrivare ingombrante. E stavo attenta a questa ginnastica emotiva. E ci tenevo a non far male. Certo, a me per prima, emozionava sentirli… emozionati e presi, sempre più vicini al mio sentire. Ci tenevo però a percepirli emozionati, ma non addolorati… anche se il confine… il confine interiore fra queste due rive… a volte è solo che… una lacrima di un unico fiume che tuttavia sgorga… dalla medesima sorgente. 

E man mano che l’incontro ci faceva sempre più incontrare… mi sentivo trascinare dal fiume del loro domandare. E a quel punto sembrava che… non io, ma il loro chiedermi intrecciava non una storia nuova, ma un nuovo modo di rivivermi quella mia storia… che mai potevo immaginare… sentire trasformare… proprio dai loro modi e mondi… e dal loro domandare… e da un dire plasmante quanto curante… proprio dei bimbi. Di questi bimbi… che… così entrando nella mia storia… un po’ la riscrivevano anche.      
Tra le foto e il loro chiedermi e il mio raccontarmi… a un certo punto mi son sentita che passare a loro il cuore della mia storia… attraverso i colori e la luce fotografata e le ombre vissute in quell’esperienza… quasi non bastava… passarla solo così. Ed allora, spontaneamente mi era venuto di… di avvicinarli anche a un odore… a un odore proveniente dalla Russia, ma che giusto in quei giorni avevo con me. Odore che veramente… lì per lì… non avevo nemmeno collegato a questo incontro. Odore che… tuttavia in quei giorni era sempre con me: ed era l’odore della farina di segale con cui si fa il cosiddetto “pane nero”. Premetto che è questo un periodo in cui mi accompagno molto con questa farina che trasformo in un pane azzimo… farina che dentro me si trasforma in un profumo di casa. Profumo che ho bisogno di abitare… e che come un vento familiare mi aiuta ad asciugare… come con un morbido fazzoletto… le lacrime della nostalgia… quando la mancanza della mia Terra mi assale… col ricordo ancora molto presente… dei miei giorni trascorsi a giugno lì… dove non tornavo da 20 anni… e da dove sento… ancora non me ne sono andata del tutto. E chissà se mai me ne andrò. 

E così – man mano che l’incontro scendeva nei piani sempre più miei – da dentro… mi son sentita che volevo regalare anch’io qualcosa… seppur piccola… e regalarla a tutti. E questo coincideva col continuare a sfamare il loro sapere… le loro curiosità… sì raccontando ancora, sì facendo vedere altro, ma anche mettendo in comunione… anche concretamente… il sapere dei miei sapori più cari. E questo si collegava molto… col loro cuore che sembrava una bocca aperta in attesa di un pasto da continuare a condividere e chissà fino a quando. Ed allora consultando la parte bimba del mio cuore… mi era sembrato bello far vedere il pane nero che mi ero preparata per i giorni a venire. Ma nemmeno il tempo, nemmeno quel tempo di far sentire il profumo di quel pane, la loro curiosità mi chiedeva proprio di farlo assaggiare. È così che rispetto a quanti erano loro… ho dovuto spezzettarlo in piccolissime porzioni con me che sì… mi sentivo come darlo a uno stormo di pettirossi… che per un attimo mi era venuto a trovare.
 
Nutriti tutti di questo momento abbiamo poi continuato volgendo al termine l’incontro… e allo stesso tempo arrivando al clou del mio viaggio, ma anche del loro sentire… tanto più che… in molti si sono emozionati… e si sono lasciati andare a un piangere… che mi son sentita di accogliere, anche avvicinandomi a loro… abbracciando… cercando né spaventarli e né rimanerci spaventata io. 
Il tutto si è svolto con una naturalezza disarmante… come con naturalezza e molta pertinenza è stato bello raccoglierci attorno alla musica e alle parole di “My heart will go on” canzone questa che riletta… con la luce del primo amore… fra madre e figli… mi ha detto molto… di me… e di noi tutti. E mi è arrivata come un augurio… universale… e di un forte fondo comune… in cui:

“You have come to show you go on… near, far, wherever you are,
 I believe that the heart does go on”.

Poi un gruppo di bambine mi ha voluto proprio cantare una canzone di Anna Tatangelo… sulla mamma… e io per un attimo mi son sentita circondata dalla voce biancadegli angeli che sì… festeggiavano l’arrivo della parte bimba di me… che grazie anche a questa esperienza vissuta con loro… sento sempre meno straniera al mondo… e isolata da me.
Ed io, a conclusione voglio ammettere che mai potevo immaginare che certe mie parti bimbe… ferite dalla mancanza di una madre… toccava ai bimbilenirle… loro che ci sono riusciti … meglio di una idealizzata madre. E mai avrei creduto… che lenirle coincideva col sentirmi approdare a un disarmante riappacificarmi con me… con quella me… bimba. 
Io non so che magia sia questa: mai potevo pensare di arrivare a dire ciò… però sì… da quel giorno… dentro me… è questo che continuo a sentire… e tutt’ora. E sento che sì… nessuna cosa negativa – che in me ritornerà come sfiducia o smarrimento – merita di sminuire questa sacra potenza che dai bimbi mi è arrivata. Arrivata a me… che – come ho scritto nel precedente post – odiavo la loro età… perché odiavo la mia infanzia… e amavo più l’odio per i bimbi… che il desiderio… infinito… e protettore di sentirmi amata. 
Ovviamente per questa illuminazione che le mie emozioni si son sentite di ricevere… ringraziare il lavoro che Sabrina ha svolto con i suoi bimbi è poco; ringraziare il calore di quei giorni nella “culla felice di una storia senza tempo” (come Sabrina nomina il suo affetto e di Francesco per me… nella favola scrittami per il mio compleanno del 2010) è anche poco. Però sì, ringraziare chi di più ci ha tenuto a stare vicino o a me, e/o a Sabrina come Salvina e Titta e Cindy e Sandra V. e Sandra R. e Lina S. e Nicoletta… mi permette di respirare ancora la magia di quell’incontro… che ancora è rimasta un’àncora forte dentro il mio continuare a elaborare gli strascichi del viaggio nella parte più russa di me.
Ed anche i disegni che i bimbi hanno fatto dopo l’incontro… e sull’incontro, dedicandomeli e dedicandoceli come traccia di una memoria tutta nostra… anche i loro disegni mi arrivano come fotografie scattate dalla luce di quel nostro reciprocamente visitarci…  nella nostra infanzia che sì… non ho più paura di guardare negli occhi.   
Di certo esser grata per il tutto, non mi basta rispetto a ciò che ho ricevuto, ma provare a ringraziare tutti i bimbi delle tre classi nutrendo con meritevole continuità il loro augurio affinchè io veramente creda “che il mio cuore vada avanti” è già tanto per me. Per me che permettendomi di partire dal mio incontrarli… ho bisogno ora di credere che il mio cuore possa andare avanti davvero, fidandosi di un volermi bene, come me ne vuole la vita e come me lo fa capire ogni volta attraverso la natura degli incontri, come questo che ho sentito di ricevere in dono. E voler bene me e la mia storia credo sia ora un altro viaggio da iniziare, la cui determinazione – come mi riconosce Michela –  vale la pena di non mettere più in dubbio. Un viaggio da iniziare per voler bene la mia storia… e lasciarla in pace… per volermi bene… e voler per me… finalmente non solo del bene, ma anche una onesta pace. 

. ..è,kA

 

3 Commenti

  1. Angelo

    …ci sei riuscita e ancora una volta, mi hai catapultato nel tuo viaggiare dentro, nel tuo rimanere ancorata ad emozioni così lancinanti, vive e trascendenti che 'costringono' chi legge a seguirti… ti seguo nella tua sintassi, nelle tue pause, nel tuo emozionarti emozionante… nel tuo lasciarti andare bambina per riprenderti ciò che ti è sempre appartenuto e che hai seminato anche in Russia dove sei ritornata per rac-coglierti e visitarti come figlia-bambina, come investigatrice dell’inedito così carico di novità… condividere il tuo stare con te coi bambini lo leggo come un ulteriore regalo che la metastoria ti ha confezionato per dirti che non è finita, che la tua russianità è una realtà, una condizione, un modo d’essere che ti fa speciale e che ti regala ciò che la vita ti riserva ogni giorno ri-scoprendoti ricca di te e dei tantissimi che ri-vivono dal tuo raccontarti questo forte senso d’appartenenza alla vita che abiti-amo!!! Sei stata grande… ed i miei alunni sono in attesa del tuo raccontarti ancora una volta, aspettano solo il tuo ‘la’!!!

  2. Sandrasa V.

    … meraviglioso! è questo il sentire suscitato dal tuo post
    immerso e trasudante… vita!
    un grande applauso di incoraggiamento
    SandraV.

  3. Unknown

    Era da troppo tempo che non leggevo uno dei tuoi chilometrici post…che figata, avevo sete e mi hai dissetato: grazie Para!
    Marta Maria

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