Aula didattica “Gianna Stellabotte” (FG), venerdì 17 gennaio 2014. TERZO GIORNO – SETTIMANA INTENSIVA.

Prefettura di Foggia
Entriamo nel “grande corpo” di cui siamo cellule, a piedi nudi; ascoltando una musica ritmica, entriamo e ci disponiamo in cerchio. I conduttori-accompagnatori del viaggio, Graziana ed Ombretta, ci accompagnano a predisporci al viaggio, in un giorno significativo di un inizio: il primo giorno del Carnevale, che quest’anno cade il 17 gennaio, S. Antonio Abate.
I simboli si intrecciano agli antenati; il vento che questa mattina si è alzato, ci sfiora e ci accompagna al raccoglimento; S. Antonio Abate a Napoli viene celebrato col “focarone”, il fuoco e, mi ricorda il detto popolare:
“S. antuono, pigliete 0′ viecchie e daccie o’ nuov “.
Il Rito “Maschere e Suoni“ parte dalle maschere che ci caratterizzano dalla nascita e che sono attaccata dalla vita, incastri, tagli. Maschere a noi nascoste, occulte; ci vengono dipinte in volto, enfatizzate dai conduttori; maschere che possiamo vedere sul volto degli altri, non ancora sul nostro. Quelle maschere vengono a poco a poco conosciute da noi stessi, sfiorandoci il viso e, solo nell’incontro con l’altro, si sciolgono e scompaiono con il sudore, lo sporcarsi, concedendo all’altro di scoprirci, abbandonandoci ed affidandoci.
La II^ parte del Rito, con un crescendo di ritmi, suoni, corpo e consapevolezza dell’utilizzo del corpo nello spazio, ci porta dentro le storie; a sancire passaggi importanti da celebrare per alcuni di noi: per Giorgio, nel maschile; coccolato devotamente da uomini
che gli ungono il corpo.
Come nel pomeriggio verrà descritto l’uomo-donna, del quadro incompleto di Marcello, prigioniero di se stesso, di aspettative, Lea scoppia in un pianto antico, che le permette di iniziare a cercare una nuova voce, vicina alle sue emozioni di bambina.
La navicella, nel pomeriggio dell’Unità didattica “La piramide del Sarvas“, parte dando un nome ai meccanismi della vita che abbiamo vissuto in questi due giorni e mezzo, per aiutarci a riconoscerci ed a riconoscere quello che “solo io sono”, per iniziare il viaggio della vita in pienezza.