Aula didattica “Gianna Stellabotte” (FG), martedì 3 e mercoledì 4 dicembre 2013. ACCOGLIENZA E PRIMO GIORNO DELLA SETTIMANA INTENSIVA.

FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS



Registro Persone giuridiche n. 429 
Prefettura di Foggia

SETTIMANA INTENSIVA DELLA FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS.
Accoglienza e prima giornata.
Martedì 3 e mercoledì 4 dicembre 2013. 
L’inizio del viaggio…

03.12.13
Dopo una giornata trascorsa in treno, arriviamo alla stazione di Foggia; ci trasferiamo frastornati all’aula “Giovanna Stellabotte presso l’ospedale d’Avanzo.
Si tratta della prima volta e quindi le paure e le attese sono molte.
Entriamo e veniamo accolti da un gruppo di persone che sembrano amici di lunga data, questo ci mette inizialmente a disagio. Breve presentazione e il viaggio vero inizia.

04.12.13

Ci ritroviamo al mattino dopo una serata e una notte trascorsa in compagnia.
Accoglienza del mattino. Gruppo alla Salute.
Dopo una fase d’introduzione, con una breve spiegazione di quanto avverrà, passiamo subito ai suoi e rumori.
Chiudiamo gli occhi e lasciamo che il rumore provocato dai 2 prescelti fluisca dentro di noi.
Le immagini si focalizzano e le emozioni risalgono: due le testimonianze che trasmettono a tutti noi quanto provato. Immagini di spiagge e ciottoli con l’acqua che defluisce e pulisce e la noia della monotonia.
Per ritrovarci v’immergiamo in una canto corale che ci incoraggia e ci permette il contatto con i nostri vicini di viaggio.
Viene introdotta la fase dei pensieri antenati:
uno dei pensieri è una poesia di Nino Pedretti declamata da Ferruccio. Si tratta de “Lo Stonato”.
 

Da quando ero bambino,
sta’ zitto, non cantare, sei stonato.
E loro cantavano, cantavano
Felici come le calandre.
Adesso che sono vecchio
E che degli altri non m’importa
Canto anch’io a gran voce.
Ma cosa canta quel fesso
Che è stonato!
E non sanno
Che dentro di me
Sono un violino.

Dopo poco scatta qualche cosa che crea un piccolo momento di gioia, nasce tra tanti di noi l’esigenza di un abbraccio comune.

La musica ci permette di ritrovare un attimo di pace, segue poi il respiro che ci porta a rituffarci in noi stessi. 
Altro contributo è un aforisma; “Mio padre è come Dio, c’è ma non si vede. Per ben concludere questa fase ascoltiamo, cantiamo e interpretiamo il canto Nessun dorma.

Inizia la fase delle comunicazioni; cambiamenti positivi e ricadute (l’aver provato e rincominciare è comunque una fase positiva e di verità).
 
Diverse le testimonianze portate, come: iniziare dalle piccole cose a piccoli passi, ma aprirsi. Una mamma che dopo molto tempo ha deciso di riprendersi dello spazio partecipando alla settimana intensiva e in questo periodo di non interessarsi più al figlio alcolizzato. In una famiglia il figlio si isola e non vuole avere contatti ma lotta per non prendere i medicamenti. Non ha voluto seguire i genitori e la sorella nel viaggio. Si sentono comunque impotenti e frustrati e sono in cerca di speranza. La signora che da 20 anni ciclicamente passa da stati di depressione a iperattività, uso di sostante. Arriva l’aggressività scatenata da una violenza fisica subita. I medicamenti attualmente tengono la situazione sotto controllo, ma visto che in futuro dovrà eliminarli, cerca una via per trovare un nuovo sostegno sostitutivo.

L’importante è che il gruppo, la famiglia, o il nucleo cerchi di percorrere il viaggio in sintonia.
Fase dell’immersione: fase importante per focalizzare il blocco/nodo, si deve immergersi in un episodio e rivederlo rivivendolo.
 
Una donna rivede le violenze subite da piccola da parte del padre, la fuga da casa e la morte del padre a seguito di un incidente. I sensi di colpa per non aver potuto affrontare la situazione e risolverla. I rapporti complicati e contorti con la famiglia e l’episodio della sedazione del figlio al matrimonio della sorella. Esplosione improvvisa di violenza. Un figlio aggredisce violentemente il padre. Il pensiero focalizzante era il ricordo di un episodio legato a ad una bomboniera. Il desiderio disatteso di possederne una ha riportato alla mente il rapporto conflittuale tra padre e figlio. Il figlio vuole un padre forte e realmente presente; che soluzioni i suoi problemi e non li trasponga sulla famiglia che non si giustifichi nascondendosi dietro soluzioni fumose e autogiustificanti. Una ragazza interviene con violenza nei confronti del padre del ragazzo. La tensione creata dalla situazione ha fatto riaffiorare improvvisamente i rapporti interrotti con la famiglia d’origine e i conflitti con la famiglia d’adozione.
  
Mattinata molto intensa carica forti emozioni.
 
Arriva la pausa pranzo che ci permette di ricaricarci e riprenderci da questo turbinio di fatti, pensieri ed emozioni.
 
Rientriamo e dopo un inizio musicale riprendiamo passando alla fase delle comunicazioni.
 
Inizio con la lettura di una poesia scritta al momento da un figlio con il padre:

Ognuno è responsabile di se stesso,

e se non devi dimenticare che qualsiasi luogo è atto per ascoltar,

e davvero vuoi continuare, 

allora annusa più merda e più diventerai.

Si apre una discussione tra padre e figlio incentrata sull’uso della violenza fine a se stessa che allontana al contrario della discussione che permette l’inizio della comprensione reciproca. Il confronto continua sull’effettiva volontà di cercare e volere un dialogo. Inizia tu e non aver fretta se l’altro non segue immediatamente, ognuno ha i suoi tempi; ricorda la chiocciola.
 
Esce anche un malessere dettato dalla solitudine che ha amplificato il disagio del figlio. 

Inizia un giro d’opinioni su coloro che vorrebbero andar via: stanchezza e disagio fisico dettati dalla profonda delusione per la situazione attuale; promessa al figlio di rientrare ma questo trasmetterebbe un messaggio errato chiamarlo per spiegare il motivo del non rientro sarebbe un approccio che permetterebbe di dimostrare la volontà di cambiamento. Il percorso necessita di costanza e presenza. Altro intervento è incentrato sull’incapacità di gestire la situazione e rinunciare ora significherebbe non scoprire e sapere e annullare una delle speranze. Infine parla un ragazzo che racconta di come sia infastidito dall’ambiente e dalle situazioni.
 
Passiamo alla fase di teoria (prima parte): trovare un filo conduttore per tutte le storie che abbiamo toccato oppure una storia che ci ha particolarmente colpito.
 
Lo spavento: il grido di aiuto chiaro del ragazzo che ha affrontato fisicamente il padre nel corso della mattinata, grido non accolto.
Rivivere: le situazioni iniziali della propria patologia riaffiorano in quanto accaduto. 
Contenere: la capacità di contenere la violenza senza intervento.
Dolore: quello che si sente rivedendo se stessi negli altri.
Paura: paura della violenza fisica. 
Gesti d’affetto: la presenza di un genitore dimostra la volontà di recuperare un rapporto. 
Apparenza: la difesa dell’apparire rispetto a discapito della sofferenza.
Rapporto padre-figlio: l’incapacità di comunicare gli affetti.
Difesa: gli atteggiamenti difensivi per non affrontare le situazioni.
Fase della teoria (seconda parte): rispetto alle dinamiche di oggi trovare un titolo per opposti.
 
Tante le proposte, ma il titolo scelto è: “Zuccherare le ferite”.
Salare le ferite significa colpire volontariamente con violenza le parte toccata oppure non vedere che la ferita esiste. Lo zucchero rappresenta le persone che ci aiutano pur facendoci del male.
 
Lo zucchero è simbolo della ricompensa divina, segno dell’iniziazione e del cambiamento. Ogni partecipante è chiamato a dare una sua interpretazione del titolo scelto.
 
Andare oltre le ferite causate involontariamente, lo zucchero addolcisce le ferite dello spirito, le ferite causano dolore prima della guarigione che segue un percorso la cui fine è lo zucchero inteso come ricompensa.
 
Un partecipante solleva la sua perplessità indicando come non riesce ad applicare questo titolo al rapporto padre-figlio. Non importa come vengano causate le ferite, con l’amore possiamo cicatrizzarle e lo zucchero è questo amore. Qualcuno ricorda di come lo zucchero (caramella) fosse la ricompensa data dopo la paura della visita dal dentista. Seguono ancora moltissime interpretazioni quali l’effetto palliativo, lo zucchero utilizzato per formare una protezione, le ferite cicatrizzate velocemente non guariscono bene e la necessità di riaprirle causa maggior dolore e implica maggior tempo per una buona guarigione. Padre e figlio feriti e ricuciti con un unico filo, i genitori erano figli non si tratta di ruoli.

Un lungo intervento applica il titolo alle situazioni della mattina. Zucchero utilizzato per mascherare e nascondere le proprie ferite mai rimarginate, ferite che trasmettiamo ai nostri figli. La violenza e la rabbia ora non servono più, la propria ferita è stata mostrata si deve andare oltre ora facciamo vedere all’altro le sue ferite. Eliminiamo lo zucchero (soluzioni virtuali) e iniziamo il percorso di guarigione.
 

Ultimo intervento: spesso le situazioni ci impediscono di vedere quanto di buono esiste ed abbiamo e quante ferite si nascondono dietro il buono.

La giornata in comune termina e rientrando a casa i pensieri e le sensazioni si affollano.
Buon viaggio a tutti noi!
 

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